"Un pensiero al giorno"
149 - "Antieroismi banali"
Ormai non credevo più che una canzone sarebbe riuscita ancora a farmi un effetto simile. Ne ho carpito due frasi alla tele, e mi ha subito detto qualcosa. L'ho ricercata sul web, si trattava di "Hero", un brano dei "Family of the year", del 2012. Illustri sconosciuti per me, fino a quel momento.
E se fosse per questo, nulla di particolare. Senonché, quando mi sono messo ad ascoltarla con le cuffiette, non sono riuscito a smettere di risentirla per tre ore di fila. Più o meno una sessantina di volte, forse più.
Com'è possibile, mi domando. Capisco io stesso che non sia nulla di eccezionale. La melodia rimanda a certe sonorità pop standard sentite in migliaia di altre canzoni.
Eppure il filo delle cuffiette mi sembrava, in quei momenti di ascolto e riascolto, un cordone ombelicale dal quale non volevo mai staccarmi. Ancora una e poi basta...ancora una e poi basta...ma non bastava mai.
La finestra era aperta sul buio luminoso della notte, una brezza salvifica mi spazzava via di dosso il peso di tutta l'afa estiva, e in quelle note mi sentivo completo. Un essere senza spazio e senza tempo. O meglio: con tutti gli spazi e tutti i tempi che sono stato, condensati in un unico momento non oltrepassabile.
Mi rendevo conto che non ho mai smesso di essere il bambino svagato di una volta, e nemmeno il frastornato ragazzino brufoloso che fui. Sono ancora tutti e due ben alloggiati dentro me. Si sono soltanto fatti da parte un po', ma rimangono lì, vivaci e lievi come un tempo.
Una sorta di commozione grandiosa mi ha colto e nel sapor lacrimale di ritorno per i sentieri nasali, ho sentito tutto il peso che svaporava delle centinaia di boccate di merda ingoiate a forza, insieme a tutte le delusioni, le frustrazioni, le disillusioni degli ultimi tempi. Come galleggiando in un liquido amniotico di note, mi tornavano alla mente e all'animo un'infinità di momenti. Belli, tristi, esaltanti, commoventi, deprimenti, gioiosi, di calma, di agitazione. C'era di tutto, e tutto in un soffio.
C'erano soprattutto le persone che mi sono state care e che magari non potrò più rivedere, ma so di portarle nel cuore per sempre. Uno struggimento di nostalgie gioiose. Quasi uno strazio dolcissimo.
E poi la notte nera mi è entrata tutta nei polmoni, umida e vasta come una foresta di fragilità umane. E quando alla fine ho deciso che sarebbe stato l'ultimo ascolto (forse il 63esimo o 64esimo), l'esperienza si è chiusa con un duplice pensiero, ad un tempo complicato e banale.
Mi sono infatti detto che erano stati momenti di vera e propria estasi, forse come pochi mai provati prima. Mentre un'altra vocina impertinente in sottofondo mi ricordava d'altra parte che si trattava solo di una semplice canzonetta.
Quando non si crede più che possa succedere qualcosa ecco che, all'improvviso, qualcosa ti "capita fra i piedi".
RispondiEliminaA prima vista sembrerebbe una "cosetta", ma non lo è. È qualcosa di più, qualcosa che va al di là della ragione e dell'umana comprensione.
Quando le corde vengono toccate inizia il suono.
Tu, Gilly Dreamer, hai iniziato a suonare.
Che meraviglia!
:)