Negli spazi di tempo che si annidano fra gli attimi, là dove i sospiri di un pioppeto riecheggiano le sinfonie della rugiada appoggiata sugli steli d’erba medica, la “casa dei pensieri” si presenta al viandante nella sua invisibile evidenza.
La “casa dei pensieri” non trattiene nulla e tutto accoglie.
Con le sue pareti d’aria, è un filtro in entrata e in uscita.
L’ampia capanna del tetto forma un bel coperchio che custodisce la maturazione di tutto il “materiale pensabile” insinuato fra le sue maglie.
Lì sotto si formano le idee, le riflessioni, le preoccupazioni, le gioie, le emozioni che poi andranno a spargersi per tutta la Bassa.
In modo simile, lì vengono raccolte e riassorbite le idee, le riflessioni e le emozioni usurate, già sfruttate, diventate vecchie a forza d'essere pensate e provate intimamente.
Di notte, dal fiume, una brezza che soffia costante a favore di corrente, porta giù le piccole squadre dei “folletti ahü”, instancabili lavoratori della fantasia, che sostando per ogni ora di buio sotto la cappa della “casa dei pensieri”, rammendano ragionamenti, aggiustano storie, inventano nuove battute comiche e circostanze buffe, impastano i bizzarri caratteri delle persone, forgiano piccoli fatti quotidiani, pronti per accadere all’indomani, o limano attimi di buon tempo da passare in compagnia degli amici più matti.
I nuovi pensieri fabbricati e quelli vecchi riparati, rimangono poi in deposito, a disposizione di chiunque nella terra lungo il fiume li vorrà vivere e pensare.
I piccoli “folletti ahü” entrano nella casa dei pensieri seguendo una loro carraia preferita. A destra e a sinistra, un campo chiaro e uno scuro.
Da quelle tonalità, i piccoli “folletti ahü” pescano la coloritura dei pensieri di cui si vanno ad occupare. Sono sempre idee molto nette, o tutte bianche o solo nere.
Infatti molto spesso i piccoli “folletti ahü”, per arrivare in fondo alla costruzione di un pensiero, si danno botte da orbi, perché ciascuno vorrebbe dare al suo prodotto immaginato, il colore dell’animo prediletto.
Il coperchio del tetto a capanna sobbalza allora come per la pressione di millanta fagioli in bollitura, le possenti colonne cigolano forte sotto quelle spinte polemiche sussultorie, e attraverso le pareti d’aria sbuffano fuori soffuse nebbie “culatellose” o sapide zaffate di calure “lambruschificanti”.
Ma alla fine un tinteggio buono per ogni idea si trova sempre.
Sul finire della nottata, i piccoli “folletti ahü”, con le spalle cariche di nuovi pensieri e possibili fatti sfiziosi, si disperdono di nuovo sulle fiatate umide che il fiume spiffera lungo la piana.
Spargono il loro carico qua e là, nelle zucche e in mezzo ai piedi della gente.
Poi risalgono fra le foglie dei pioppi, e vibrando verd’argentei saluti alle ore che passano, restano in attesa della brezza portata dall'imbrunire, per far rientro, sopra calessi di vapore trainati da zanzare mille-stagioni, nella “casa dei pensieri” dove si plasmano le chiare-oscure vibrazioni sparse tutt’intorno, nell'aria della Bassa.
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