Sciabolate a scarica, a infrangere a raffica, il gran collo di bottiglia dello champagne spaziotemporale, mentre l'immensità degli altri è solo uno scherzo da carezzare in superficie, che se ti sorprendi in ammirata contemplazione, ti risucchiano all’interno infiniti abissi d’irraggiungibili bellezze interiori altrui, e la vita è la più potente delle droghe, dà terribili assuefazioni, astinenze da crisi, smarrimenti ansiogeni sulla piazza dello spaccio emotivo, sino a non voler altro più che abitare in una canzone sola, soltanto in quella, intanto che una rullata di Michi Dei Rossi vale almeno tre secoli di letteratura, di sicuro il tre, quattro e cinquecento, e aver capito già tutto a nove anni, che esistere è troppo sconvolgente per essere vero, e solo in una canzone, certe volte, diventa sopportabile, perché gli anni 70 sono una malattia radiosa da cui è impossibile guarire, una nostalgia di “mai stato”, incontenibile dall’universo stesso…
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