sabato 28 luglio 2018

L'eclissi che t'eclissa


Io l’eclissi l’ho vista poco, perché la luna se ne stava ostinata sotto i palazzi e le case di fronte. Son dovuto scendere in giardino con la pila, attento a dove posavo i piedi per non crick-crockiare una lumaca, o tirare un pungente calcio di rigore a un porcospino.

Allora l’ho vista, se ne stava piccolina e bassa, un po' emaciata, fra il palazzo e un acero, con Marte grassottello a baciarle la coda più sotto. Ho pensato che la luna l’avevo vista molto più bella e spettacolare in tante altre occasioni.

Sono rientrato in casa e, sarà stato il sapere che un’eclissi era in corso; sarà stato che ne hanno parlato tanto; sarà stato un qualcosa di effettivamente sparso nell’aria…fatto sta che riaffacciandomi poi diverse volte, pur senza rivedere la luna, il buio mi sembrava un buio strano. Rarefatto.

A guardare quel buio era come fluttuare nel succo di un'arancia. Ma non spremuta. Un'arancia abnorme, intera, ai confini della quale stava la volta scura del cielo, nella cui polpa ci si sentiva immersi.

E un po' l’afa, e il sudore velato, e una brezza a far frusciare le foglie del noce, e che d’estate gli odori del corpo si dichiarano con tono stentoreo…tutte queste cose insieme…e per qualche attimo m'è sembrato di trovarmi sotto l'ascella dell’universo.

Ma questo al telegiornale, nei servizi sull’eclissi, non l'hanno mica detto.

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