Credo che ciascuno di noi ogni giorno, magari anche solo in modo inconscio, si raffiguri in mente un’immagine dello scorrere del tempo.
Lo facciamo per una sorta di autodifesa rispetto alla mancanza di senso, verso cui tutta la questione tenderebbe altrimenti.
Cosa sarà mai, infatti, questo misterioso ottovolante che chiamiamo (o che chiamano) “tempo”, sopra il quale ci siamo ritrovati a viaggiare, lo volessimo oppure no, e a cui ci teniamo aggrappati con tutte le nostre forze, nella sua corsa a tratti impazzita ma pur sempre affascinante?
Ecco, ho dovuto quasi per forza usare un'immagine io per primo (l'ottovolante), perché se non ce lo raffiguriamo con qualche suo “ritratto parallelo”, non sapremmo quasi nemmeno di cosa parliamo, quando parliamo di tempo.
L’uomo si ritrova dentro questa necessità irrinunciabile di assegnare significati alle cose, e il passare del tempo è una delle più sfuggenti e ritrose dal lasciarsi appiccicare sopra etichette di spiegazione.
Anzi, il tempo è quella cosa che contiene tutte le cose, quindi è come fosse “trasparente”, invisibile, è l'anonimato supremo, nella sua universalità avvolgente l’ovunque e “la qualsiasi”.
Sentiamo dunque come un bisogno innato di raffigurarcelo per immagini, perché la sua indefinitezza ci reca ansia e smarrimento.
Mentre, se lo incaselliamo in uno schema di senso, un po' ci rassicuriamo, raccontiamo a noi stessi di stare immersi in un “recipiente” non del tutto assurdo e incomprensibile, e ne traiamo qualche conforto.
Dato che il tempo è così inafferrabile, per prendere le sue misure dobbiamo farci aiutare da “suo cugino”, lo spazio.
Le immagini del tempo che ci raffiguriamo sono formate allora perlopiù di “materiale spaziale”: il tempo lo capiamo, almeno un po', solo se lo ingabbiamo in una cornice fatta di spazi.
Ci sono poi spazi e spazi. A seconda della geometria a cui lo paragoniamo, il tempo assume caratteri diversi.
A vederlo come una linea, non è molto rassicurante. Anzi, il tempo “lineare” crea piuttosto sensazioni di assillo e fretta, ci incalza lungo una progressione da rispettare, e alla fine lo stato d’animo ricavato non è dei più sereni e rilassanti.
Più amichevoli i paragoni con figure geometriche dispiegate su un piano.
Fra tutte, forse una un po' “meno ansiogena”, è quella dei cerchi concentrici, come per un sassolino lanciato in uno stagno. I cerchi trasmettono pur essi il senso di un avanzare, ma la ripetitività della sagoma offre un punto di riferimento saldo, una piccola certezza in cui rifugiarsi.
Ultimamente, mi viene spontaneo pensare al tempo come a un lungo colpo di frusta. Tutti i fatti successi, soprattutto quando mi hanno coinvolto in prima persona, li vedo allora come se cavalcassero le varie ondate della frustata, in equilibrio sul punto più alto di ogni “cima” del susseguirsi “a serpente” del flusso.
Mentre l’attimo presente, in questa immagine, equivale allo schiocco in punta della frusta, e a seconda che si tratti di una giornata più o meno riuscita bene, lo schioccare è secco e vigoroso, oppure fiacco e flebile.
In conclusione, sia come sia, mi sento di darvi un piccolo avviso: state attenti a come scegliete l’immagine del tempo, a farvi da guida nei vari momenti.
Potrebbe dipenderne tutto il vostro umore della giornata.
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