venerdì 9 novembre 2018

Come se


Ogni mattina rinasciamo al mondo partoriti ancora una volta dal ventre caldo e buio della notte, gli occhi appiccicati nello strascico amniotico di qualche sogno liquido, ci destreggiamo inconsapevoli fra incombenze primordiali, galleggiando nel neonato oblio pre-civilizzato, sgravandoci della scoria mal aulente di una coscienza tornata infante in corpo adulto, mentre cresce la luce nel cielo quasi ripercorrendo nuovi anni dell’asilo, e una fresca energia di ore ancora bambine accompagna gesti e pensieri mattutini, fino a quando il mezzogiorno ci coglie nel fulgore pieno degli appetiti giovanili, subito seguiti dai dubbiosi ripensamenti sul primo adolescenziale meriggio, così ci addentriamo in altri minuti-giorno, inoltrati sempre più nella matura conoscenza di sé, verso la pienezza preserale, giunta ad avvolgerci della soddisfazione di sguardi lanciati alle spalle dall’alto di un edificio del nostro tempo ormai ben costruito, con finiture cronologiche di pregio intimo, gronde generose di amicizie coltivate, balconi aggettanti sul buio dell’imbrunire incipiente a velare d’ombre buone un panorama di cose disseminate lungo il paesaggio trascorso, quando il velo di pece della notte ci riaccoglie rassicurante in quello scenario calmo dove di buon grado andiamo nuovamente a riporre fervidi sogni di rinascita nell'indomani ciclico, seduti sulla cui sella già riassaporiamo il gusto di pedalare verso rinnovati stupori ripetitivi nel loro cangiante meravigliarci del dono portentoso di una noia vivifica perché sempre uguale nel suo incessante diversificarsi, come semenza dormiente a macerarsi placida sotto la coltre di un sonno agricoltore, da cui germineremo ancora, nuovo brandello di futuro lungo altre ventiquattro ore.

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