Sul vetro la pioggia si infrange in mille semisfere ottiche, minuscoli mondi capovolti, spiattellati in trasparenza, si auto-plasmano in una spruzzata di cieli e terre sottosopra, i corti orizzonti liquidi, in quelle perle racchiusi, improvvisati livelli di clessidre immaginate, dove il minuscolo si riflette nell’immenso, mentre l’infinito fa da specchio al microscopico, su queste minimali lenti di rimpicciolimento, pluviale promemoria di come il generale e il particolare si contengano e contemplino a vicenda, ogni uomo lungo il cammino di sua vita, prima infante-preistoria, poi fanciullo-medioevo, ragazzo-rinascimento, con inusitati scarti all’indietro verso un’adulta giovinezza greco-romana, seguita dalla barocca maturità, in approdo sui lidi romantici d’un’ottocentesca epoca terza della vita…ma alla fine, le guardo meglio, e sono soltanto quattro gocce sul vetro…
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