giovedì 4 ottobre 2018

Incastri su inchiostro


Le nostre giornate sono la sommatoria di un continuo misurare. Dal momento in cui ci svegliamo, a quando ci riaddormentiamo la sera, e probabilmente anche oltre, noi prendiamo misure.

Non mi riferisco a tipi di misurazioni soltanto quantitative, bensì, e soprattutto, a quelle praticate in forma qualitativa.

Il nostro metro privilegiato per misurare qualitativamente la realtà ci è fornito dalle metafore.

In generale, i concetti sono pacchetti razionalmente “stringenti”, atti a raggruppare con un certo rigore fenomeni dello stesso tipo. Le metafore sono invece contenitori più labili, ma nel contempo più adattabili.

I concetti sono precisi, però rigidi. Le metafore approssimano di più, ma con maggiore capacità di includere.

Le metafore ci aiutano allora a trovare dei nessi di senso anche laddove talune cose del mondo altrimenti ci apparirebbero del tutto slegate, causandoci smarrimento.

Una delle metafore più efficaci, e inclusive, scaturente quasi da un inconscio modo spontaneo di porsi verso la realtà, è data dall'idea di “incastro”.

Fateci caso: quante situazioni e circostanze sottostanno alla logica dell’incastro.

Innanzitutto, il nostro tempo stesso è un incessante gioco ad incastro. Incastriamo azioni, progetti, intenzioni, gesti, nelle ore, nei minuti, nei giorni, negli anni. Incastriamo il tempo libero in quello non libero, i giorni nelle notti, le mattine nei pomeriggi.

Le relazioni con gli altri, poi, funzionano ad incastro. Le amicizie, le conoscenze, gli amori, non ingranano se non si trova quella giusta combinazione di adattamento, tra le forme del proprio comportarsi e quelle dell’agire altrui.
Ne deriva, per estensione, che la libertà è forse la più grande ricerca di incastri immaginabile.

Oltre che per il già menzionato tempo, anche per lo spazio è una questione eminentemente di incastri. Le nostre vite si devono incastrare con comodo negli edifici, nei vestiti, nelle auto, nelle strade.

Tanti sono gli aspetti del vivere metaforizzabili ad incastro. Quello che “in negativo” più esemplifica la forza di tale immagine, risiede nel caso clamoroso di incastro mancato,  derivante dal maldestro tentativo fallito di baciare una donna.

Il gioco dell'attrazione talvolta può farsi intenso, senza tuttavia la consapevolezza della sua unilateralità; e se azzardando un bacio con malinteso slancio, questo viene rifiutato, si sente quasi in sottofondo il cacofonico stridio con cui l’incastro non andato a buon fine palesa al mondo l’attrito dei due pezzi impossibilitati a compenetrarsi.

Abbiamo così a disposizione un inaspettato manto di positività da posare sopra le sillabe del verbo “incastrare”. E con novello occhio benevolo, ciascuno potrà guardare alla propria condizione, nell’atto di riflettere fra sé e sé: “…stavolta mi hanno incastrato…”.

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