Alla sommità della siepe del giardino, corre un robusto filo di ferro, messo lì ad intreccio nella rete proprio per sostenere la medesima.
Gettando uno sguardo più ravvicinato, si poteva scorgere un micro via vai percorrente a sua volta la lunghezza del filo. Era una movimentata teoria di formiche “traffichine”.
Con il tipico piglio laborioso degli insetti, si davano un gran daffare su quella piccola autostrada dei loro trambusti in miniatura.
“…Prego io, passi lei…circolare, circolare…pòti pòti…ma si figuri, concilia?...brum brum…fate largo a sua eminenza Turbo Formiconi Gt Sprint Eurodiesel Rhythm’n Blues…”…
Me ne stavo lì insomma a rimirare il sorprendente andirivieni, quando un paio di fulminee riflessione sono corse lungo il filo meditativo che regge la siepe dei miei formicolanti pensieri.
Primo: col cavolo che l’uomo è l’essere più intelligente espresso dalla realtà.
E secondo: sempre col cavolo che l’uomo sta mettendo a rischio l’esistenza della realtà stessa.
Incappiamo in generale in questi due pregiudizi, perché intendiamo l’intelligenza come un qualcosa di concentrato e solitamente personificato (o bestialificato) in un ente circoscritto.
Ma chi lo dice che il tutto non possa avere fisionomie del tutto inedite, molto più complesse ed estese, rispetto alle nostre possibilità di decodifica?
Esistono magari “forme di intelligenza diffuse” e organizzate in maniere del tutto avulse dagli schemi antropocentrici, e gli insiemi di formiche possono essere, fra queste, solo un esempio dei più banali.
Grandiosi e del tutto singolari conglomerati di atomi, non rilevabili come entità organizzate dalle nostre limitate capacità di consapevolezza del reale, stanno forse in questo momento operando meravigliosi portenti espressi in porzioni di reale magistralmente ordinati.
Probabilmente non saranno nemmeno atomi, bensì emanazioni della realtà che sfuggono alla nostra limitata considerazione.
Quello che dunque l’uomo ha in potere di distruggere, e rischia eventualmente di farlo, risulta essere solo quel circoscritto “quanto gnoseologico” a sua disposizione, e nulla più. Su tutto il resto, è fuori gioco.
Tagliato il ramo su cui sta seduto, non è che all’albero gliene fregherà più di tanto.
Tutto bene, tutto buono dunque, mi beavo bel bello io nei miei deliri…se non che, lungo la fila di formiche ne vedo una che si ferma e mi osserva incuriosita.
Poi, mi accorgo che solleva la piccola tenaglia in punta alla zampetta, e se la picchia in fronte a cucchiaio.
Non fosse stata della specie telepatica, non avrei mai capito…ma guarda caso era proprio di quelle, e mi stava dicendo niente meno che: “…Ma che minchia stai a dì?...”
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