sabato 11 agosto 2018

Fuori orario


Oggi volevo dire due cose su questo film, “Fuori orario” di Martin Scorsese, ma c'è un piccolo dettaglio: non me ne ricordo un fotogramma che sia uno e, a parte il fatto di sapere perfettamente che mi piacque tanto, ma tanto, altro non saprei.

Se ci pensate, è l’ideale nel rapporto recensore-lettore: rischio di rovinar sorprese azzerato, ma effetto curiosità a mille.

Mi succede coi film: dimentico la trama quasi del tutto, eppure mi rimane indelebile una certa impressione, una marchiatura interiore, un certo posto dell’animo dove il film medesimo mi ha trasportato.

“Fuori orario” è una storia a incastri perfetta. C'è questo tizio assolutamente ordinario e a incastrarsi senza una sbavatura sono vari eventi fortuiti che gli capitano nel giro di poche ore, una notte in cui era uscito per svagarsi un po'.

Se siete dei segreti ammiratori della scuola di pensiero per cui “…le cose accadono e noi non possiamo farci nulla…”, il Wile-coyotesco gioco a puzzle di pesi e contrappesi del succedere, sciorinato in “Fuori orario”, fa proprio per voi.

È il risarcimento perfetto a ogni cacca di cane pestata nella vita, a ogni ombrello che vi si è frantumato in mano nella foga di sbandierarlo per la rapidità di un acquazzone che vi aveva sorpreso, lavandovi poi regolarmente da testa a piedi.

È un teorema atto a dimostrare come dalla sommatoria incessante e proterva di una serie di sfortune più o meno grandi o gravi, si ottenga il risultato dello sfociare in una catartica dimensione di riconciliazione col tutto.

È la sorpresa del vivere modellata a cubo di Rubik.

È la stordente soddisfazione per il felice esito di un travagliato percorso; è il sollievo liberatorio, del tutto simile a quello assaporato sullo scemare delle frasi di un recensore di film che non ricordava ciò di cui pretendeva di parlare…

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