Deludiamo talvolta le persone, e gli altri da parte loro, in altri casi, deludono noi. È forse una delle consapevolezze più dolorose, utili e fondamentali da acquisire nel crescere. Si tratta di infrangere l’illusione giovanile, che tanto ci infervorava, del bianco e nero recisamente distinti, del bene e del male separati per comparti stagni.
La manchevolezza inevitabile che fa capolino prima o poi nel nostro essere e nel nostro agire, e in quelli degli altri, può dunque finire per assumere risvolti di nobiltà d’animo importanti. E la fallacia, la difettosità, considerate in superficie come componenti da allontanare, si rivelano invece fondanti nella faticosa edificazione di un particolarissimo “umanesimo della compassione”.
Come potrò fare bene, se fin dalla partenza non terrò in mente con gran chiarezza di essere soggetto a incappare facilmente nell'errore, nello sbaglio, nel comportamento inadatto?
In questa piccola rivoluzione copernicana dello spirito, la delusione non avrà allora più il sapore greve dell’inevitabile amarezza, ma assumerà i tratti aromatici di un balsamo lenitivo, che meglio ci riconcilia coi misteri ineluttabili della finitezza e della precarietà.
Nessun commento:
Posta un commento