martedì 22 maggio 2018

Papaveri


Uno degli spettacoli più belli di questa stagione nelle nostre campagne è offerto da un umile fiore spontaneo: il papavero.

La cosa che mi lascia sempre stupefatto, ammirando i papaveri, è che si stagliano sul paesaggio e al tempo stesso ci si mischiano. Sono ben differenziati dal verde che perlopiù fa da sfondo, ma insieme mescolati, fusi con esso. Sembrano piccoli spot sparsi a caso con un evidenziatore, ma non si impongono, bensì si mostrano quasi preoccupati di dare risalto al contorno.

Non so se etimologicamente sia sensato, ma la parola inglese per dire papavero, “poppy”, contiene un'onomatopea molto azzeccata. Sembra proprio che facciano un suono così, quando li ammiri punteggiare un campo di grano ancora acerbo: pop, pop, pop…

In questa loro proprietà esplosiva sono aiutati dal lungo gambo mimetico, che evapora allo sguardo dell’osservatore già a soli pochi metri di distanza, lasciando alle vivide macchie purpuree la libertà di volare radenti al suolo, facendo quasi dimenticare la nozione di gravità terrestre.

Il papavero sa essere singolare e plurale, esprimendosi sempre al meglio. Non sai mai se sia più bello in gruppetti isolati di pochissimi, se non addirittura macchia solitaria, oppure nelle chiassose distese collettive alle quali sa anche unirsi.

A volte un campo istoriato di papaveri appare come una pagina scritta con particolari caratteri, e su quella pagina sembra quasi di leggere queste parole:

“…Gli uomini nascono eguali, ma nascono anche diversi…[…]... L'unicità dell’io non contraddice in alcun modo al principio dell'eguaglianza. La tesi che gli uomini nascono eguali implica che essi tutti condividono le stesse fondamentali qualità umane, che condividono il destino fondamentale degli esseri umani, che hanno tutti lo stesso inalienabile diritto alla libertà e alla felicità. Significa che il loro rapporto è un rapporto di solidarietà, non di dominio-sottomissione. Quel che il concetto di eguaglianza non significa è che tutti gli uomini siano identici…[…]…La libertà positiva implica anche il principio che non esiste un potere superiore a questo io individuale unico, che l’uomo è il centro e lo scopo della sua vita…[…]…Affermare che l’uomo non deve essere soggetto a qualcosa di superiore a lui non significa negare la libertà degli ideali…”.

Parole simili scrivono da secoli sui campi, i papaveri…fino a quando un grande pensatore come Erich Fromm, nel 1941, non venne colto dall’ispirazione di tradurle sulla pagina per gli uomini, nel suo saggio capolavoro “Fuga dalla libertà”.

4 commenti:

CirINCIAMPAI ha detto...

La cosa bella, l'unica, del prendere ol treno tutti i giorni è vedere i papaveri che svettano impavidi in mezzo ai binari :-D

Gillipixel ha detto...

@->CirINCIAMPAI: è vero, Cincia :-) in scenari rotabili si esalta la loro bellezza...beh, dai, in treno è molto bello anche leggere :-)

Bacini binari :-)

Christian Aversano ha detto...

È vero sono stupendi

Gillipixel ha detto...

Grazie per aver letto e commentato, Christian ☺