La faccina che meglio coglie la mia essenza, credo sia quella del mini-occhialuto, dentone, rimbambino svagato. Battezzerei questa piccola icona che sento come mio alter-ego (e a tratti anche Walter), con un nomignolo etimologicamente agganciato alla locuzione americana “nerd”.
Il mio corrispettivo fra le faccine lo chiamerei dunque Snerdolino.
Quando incontri uno Snerdolino, se gli chiedi come va, si mette a parlarti dei libri che sta leggendo. Non ne legge mai uno soltanto, ma più insieme. Lo Snerdolino può venirsene fuori con una citazione di Cartesio, o Pitagora, o Mario Marenco, mentre si parla del tempo. Lo Snerdolino canticchia fra sé tutto il giorno, cosa che non è esente dal ripercuotersi sull’aspetto un po' stordito del suo sorriso.
Il sorriso dello Snerdolino non è tassativamente dotato in senso fisico di quel dentone “rintronatore”, ma il medesimo spicca senza meno sotto le labbra come propensione spirituale naturale del soggetto in questione.
Anche l’occhio semichiuso fa parte irrinunciabile del corredo psicosomatico del nostro: un po' perché lo Snerdolino vive perennemente sperso in un mondo suo, un po' perché a dispetto delle gran letture a raffica, rimane pur sempre lievemente (e fieramente) tontarello.
Lo Snerdolino infatti, invece di capire al volo, tende piuttosto a capire a piedi.
Non a caso prima, per delineare la figura dello Snerdolino, s'è accennato al suo essere anche “rimbambino”. Lui ci prova, ci ha provato e ci proverà a diventare grande. Ma dentro di sé, contro le vili pareti del suo involucro corporale ormai da tempo villico e villoso, gli rimbalza sempre un’eco imberbe di fanciullaggine intonsa e non uniformabile a qualsivoglia determinazione temporale definita e depilata.
Lo Snerdolino, a volte si fa davvero fatica a capirlo. Egli stesso è assai contento della cosa, perché da primo ignorante di sé, si consola in questo modo con l’essere in buona e ampia compagnia.
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