martedì 5 febbraio 2013

Mate-matti da legare: la favola delle persone-numero



Gabriella Tre e Massimo Due un bel giorno andarono e si moltiplicarono. Invertirono più volte l'ordine dei fattori, ma il prodotto ovviamente non cambiò, e dopo nove mesi nacque Pierino Sei. 

Quando divenne abbastanza grandicello per capire, Pierino Sei cominciò ad apprezzare molto le favole raccontante dai nonni, i quali erano naturalmente tutti multipli di Pierino. Nonno Pino Trentasei era specialista nelle fiabe d’avventura. In particolare, sapeva narrare fantasmagoriche peripezie di elevamenti al quadrato, sfuggiti alle perigliose insidie un tempo nascoste nei meandri di  fameliche equazioni a base di numeri radicali. Nonno Pino Trentasei aveva trascorso la vita a fare il boscaiolo, e poi a tempo perso l’odontoiatra, mestieri in cui non a caso eccelleva nella fase di estrazione delle radici. 

Nonna Letizia Quarantotto coi suoi racconti sapeva invece infondere in Pierino quella sottile vena rivoluzionaria che sotto sotto aleggiava un po’ in tutta la famiglia. Nonna Letizia Quarantotto ricordava con piacere i bei tempi quando faceva il diavolo a quattro insieme alle sue amiche di gioventù, Erminia Sessantotto, Palmira Settantasette e Raffaella Quindici-Diciotto. 

In proficua alternanza emotiva, trascorrendo il suo tempo infante in sospensione fra atmosfere di rilassatezza tradizionalista, e ben più arrembanti moti dell’animo futuristici e trasformazionali, Pierino Sei cresceva e andava acquisendo con armonia una sana ed algebrica costituzione. 

Come accade un po’ nella vita di ciascuno, all’epoca dei primi bagliori adolescenziali, Pierino Sei iniziò ad addentrarsi nel mistero dei numeri negativi. Intravedeva qualcosa, attraversando i primi ignoti retroscena della vita, anche se gli algoritmi più complessi non gli apparivano ancora molto chiari. Subodorava meccanismi relazionali cruciali, riguardanti l’importanza fondamentale dell’operazione messa in mezzo fra due individui-numero. La cifra che ci si ritrova ad essere è indubbiamente la base della nostra identità, ma ancor più significativo nelle dinamiche del vivere è il “segno” che si frappone fra sé e gli altri numeri-persone. L’adolescenza è appunto la fase della propria esistenza in cui dolori e gioie cominciano ad assumere una fisionomia numerica ben precisa, e si amalgamano in un mix di sapori cifrati inebrianti e vertiginosi. Fu esattamente in quell’epoca che Pierino Sei imparò ad apprezzare la dolcezza del moltiplicare, la problematicità del dividere, l’ottusità a volte drammatica del sottrarre, la generosità sognante dell’addizionare.

La scoperta di queste prime aperture verso le dinamiche di un attivo relazionarsi numerale, convinse Pierino Sei anche di una ulteriore inequivocabile verità: un numero fermo è destinato a rimanere sempre imprigionato nella sua quantità originale. Per diventare più grande, un numero deve potersi muovere, deve saper andare incontro alle operazioni, e non attendere che i “più”, i “per”, i “meno” e i “diviso” lo vengano a cercare. Ecco perché, non appena arrivò il momento buono, Pierino Sei diede la patente e si procurò la sua prima automobile.

Ovviamente, nella sua condizione di matricola universitaria, Pierino Sei non solo non poteva permettersi una vettura nuova, ma nemmeno una usata. Ecco perché dovette ripiegare su una vettura abusata. Dopo aver passato in rassegna diversi residuati motoristici, l’unico ferro vecchio che si attagliasse economicamente alle sue tasche fu infatti una vetustissima “Gigia Sprint” Morbo-Diesel, assai glorioso veicolo sportivo nei suoi anni migliori, ma ridotta ad imbolsita veterana della sgommata, ormai da tempo immemore. Il suo tachimetro segnava oltre ottocentomila chilometri, col fortissimo sospetto, per di più, che fosse stato già azzerato varie volte. Eppure in qualche modo, per Pierino Sei la Gigia Sprint fu fondamentale nell’aiuto a divenire un numero adulto.

La Gigia Sprint era una cara vecchietta motoristica e necessitava di parecchie cure. Pierino Sei, profondendosi continuamente in questa sollecita assistenza, finì per imparare il vero senso delle operazioni algebriche fra numeri-persona. Ma questo si verificò pian piano, nel tempo lento durante il quale Pierino Sei ebbe modo di conoscere la Gigia Sprint in tutti i suoi risvolti meccanico-esistenziali.

La Gigia Sprint aveva il tartaro al radiatore. Questo le provocava indebolimenti notevoli a certi baffetti metallici messi a fregio del suo musetto, che erano il vero e proprio marchio estetico della sua casa automobilistica, come una chiostra di fanoni da vecchia balena della strada, quale un tempo era stata. Pierino Sei per questo la conduceva regolarmente dal suo “meccanico dentista” di fiducia, Secondo Sette Carie, che ovviava con attenzione alla debolezza della Gigia Sprint, ridonandole, per quanto possibile, un nuovo sorriso smagliante. A partire da questa attenzione superficiale, Pierino Sei si abituò ad ascoltare la Gigia Sprint in ogni sua magagna. 

Fossero stati solo i baffetti, infatti.

La Gigia Sprint soffriva spesso anche di problemi d’erezione ai pistoni. Per questo malanno, Pierino Sei si rivolgeva di preferenza ad un suo vecchio e caro zio, esperto in elevamenti di potenza, lo zio Rodolfo Sette alla Quinta. Su consiglio di quest’ultimo, Pierino Sei faceva spesso giretti con la Gigia Sprint sul limitare di alcuni caratteristici boschetti metalliferi, dove si potevano rinvenire particolari tipi di erbe meccanizzate. Da queste essenze turbo-vegetali, Pierino Sei ricava degli speciali decotti minerali, da aggiungere all’olio della Gigia Sprint. In questo modo, non solo le favoriva un rinvigorimento delle capacità d’impennata del suo contenuto cilindrico, ma aiutava anche la sua circolazione, altrettanto debilitata, tenendole regolata nel contempo pure la pressione ed alleviandole i fastidi causati dall’artrite ai cerchioni, che similmente affliggeva quella decana dell’asfalto.

Più Pierino Sei conosceva la Gigia Sprint, più poteva permettersi di entrare in confidenza con lei, spingendosi persino alla comprensione delle sue indisposizioni più arcane. La Gigia Sprint era una vecchia signora e ci teneva alle sue delicatezze meccanico-femminili, ma quando capì che il valore della fiducia reciproca con Pierino Sei aveva raggiunto ormai livelli da competizione motoristica, non gli negò nemmeno la condivisione dei suoi crucci più intimi. La Gigia Sprint soffriva dunque di emorroidi al tubo di scappamento e Pierino Sei fu lieto, nonché onorato, di poterla aiutare anche in questa sua difficoltà meccanica. Questa volta si affidò all’esperienza di un insigne luminare teutonico, il dottor Otto Von Büsen der Skarikèn, e sotto l’intervento delle sue delicate mani, gli smarmittamenti della Gigia Sprint poterono ritrovare tutta la propria rombante e smotorante possanza.

Passavano intanto i mesi, e girando con la Gigia Sprint di qua e di là, Pierino Sei conosceva gente-numerica nuova. Soprattutto ragazze-cifra, naturalmente. Come spesso capita, Pierino Sei non riusciva a cogliere appieno il senso di quanto andava sperimentando, mentre si addentrava in questi frangenti del suo vivere. Il significato dei momenti vissuti, lo si comprende sempre con più chiarezza dopo, in fase di consuntivo, quando si possono osservare quelle porzioni di esistenza trascorsa, con il distacco e l’elevazione dello sguardo, che ci consentono di dominarli dall’alto nella completezza panoramica della sagoma e in tutte le loro sfumature.

Pierino Sei conobbe allora alcune ragazze e dapprima si lasciò abbagliare da quanto in loro c’era di più sfavillante sulla superficie. Frequentò Pamela Sessantanove e, non che negasse in seguito di aver trascorso anche attimi molto intensi con lei, ma non c’era complessità matematica da condividere in quell’amicizia. Lo stesso successe con Marina Settantasette, un’altra amica conosciuta in quel periodo di frequenti vagabondaggi al volante della Gigia Sprint. Era la nipotina di Palmira Settantasette, la rivoluzionaria amica di Nonna Letizia Quarantotto, e si esibiva come soubrette nel corpo di ballo di un piccolo teatro in cui si rappresentavano spettacoli leggeri di varietà. Nella giovane rampolla di casa Settantasette però, ogni afflato sovvertitore si era ormai affievolito, e la doppia abbinata numerica in lei, lontana ormai dal rievocare una fatidica annata di sommovimenti culturali e sociali, rimandava al ben più domestico riferimento della tombola: «...77, le gambe delle donne...». 

Varie altre conoscenze femminili si accavallarono durante quel condensato periodo della vita di Pierino Sei. Come ad esempio l’esuberante Elsa Ottomilioniedue. Una cara ragazza, sì, ma votata più all’attenzione per i fattori quantitativi, che non ad una sensibilità per quanto vi è di non misurabile nell’accadere del mondo. Pierino Sei non disprezzava dunque l’amicizia di queste persone-numero femminee così proficuamente conosciute. Grazie a ciascuna di loro, la vita si svelò a lui sicuramente attraverso suoi nuovi interessanti aspetti. Ma, semplicemente, con loro, non trovava completezza matematica.

Nel frattempo, la confidenza, l’affiatamento e la sintonia con la Gigia Sprint crescevano piano, col passare lento di quei mesi, ricchi di apertura algebrica verso il mondo. E, stranezza delle stranezze a dirsi, proprio grazie a quel girovagare sempre attento ed in ascolto delle imperfezioni della Gigia Sprint, Pierino Sei giunse a capire che quando un segno di operazione si frappone fra due individui-numero, s’innesta fra di loro un travaso di vita vicendevole. Ad azione corrisponde reazione altrui, laddove l’agire, suscitando la risposta dell’altro, si rivela al contempo atto di auto-edificazione della propria personalità. E’ un edificare se stessi attraverso la persona-numero con cui ci si ritrova a svolgere operazioni insieme.

Così, fra una ripulitura di tartaro e l’altra ai baffetti della Gigia Sprint, Pierino Sei, recandosi un bel mattino nello studio del fidato “meccanico dentista” Secondo Sette Carie, venne accolto dalla sua assistente e segretaria, Enrica Diciotto. Il dottore si era dovuto assentare per qualche minuto, e Pierino Sei ebbe modo di scambiare quattro parole con la gentile signorina. Una curiosa energia si mise in vibrazione inopinatamente fin da subito fra i due giovani. Il primo a stupirsene fu proprio Pierino Sei: diciotto non gli era mai sembrato un numero particolarmente significativo, eppure si sentiva fortemente attratto dalla personalità numerica di quella ragazza-bocciolo di donna in fiore.

Per un po’ non ci pensò più. Ma da quella volta, ad ogni nuova occasione in cui la Gigia Sprint necessitava di una rifilata ai suoi fanoni di vetusta balena a quattro ruote, Pierino Sei faceva in modo di fermarsi un po’ di tempo a chiacchierare con l’ormai familiare Enrica Diciotto. Di modo che, quasi senza rendersene conto, lentamente il Sei ed il Diciotto scoprirono, nel proprio approcciarsi discreto, un gran numero di affinità algebriche e matematiche. Pierino Sei, dividendosi in Enrica Diciotto, diventava un di più rispetto a ciò che lui già era di per se stesso, trovando una fusione perfetta nelle parti di lei. Enrica e Pierino condividevano tanti interessi e tanto sentire comune, a partire dai vari loro sottomultipli. 

Frequentandosi con sempre maggiore assiduità, a volte sommandosi, a volte sottraendosi, Enrica Diciotto e Pierino Sei constatavano come insieme erano sempre capaci di dar vita ad altrettanti numeri in attinenza molto stretta con se stessi (18 + 6 = 24 ; 18 - 6 = 12). Un vero stupore affettivo li travolse poi quando realizzarono il piccolo prodigio che s’innescava nell’attimo in cui provarono a moltiplicarsi: la grazia di lei, nel risultato, era riverberata dalla elegante decorazione simmetrica interposta da un armonico “zero” separatore (18 x 6 = 108).

La conoscenza reciproca maturò matematicamente a dovere, fino al punto in cui Enrica Diciotto e Pierino Sei appurarono di avere trovato l’una nell’altro la combinazione numerica precisa della propria vita. Pierino Sei completò felicemente gli studi, proseguendo poi la carriera universitaria, ed ora ha un bell’impiego come ricercatore di numeri dopo la virgola del p. “Pi Greco” vale “3 virgola 14”. Dopo parecchi altri numeri, in fondo in fondo, adesso vale anche un “virgola Pierino” in più.

Enrica Diciotto, grazie anche allo stimolo numerico in lei instillato dall’affetto cifrato di Pierino Sei, ha invece abbandonato quell’impiego temporaneo dal dottor Sette Carie, riprendendo l’università e laureandosi in Scienze della Tutela Numerica. Nel suo studio di restauro di antichi numeri impolverati dall’incomprensione matematica del tempo, da allora svolge con molto zelo e soddisfazione questa nobilitante attività professionale.

E come da miglior tradizione favolistica, vissero algebricamente felici e contanti.


8 commenti:

Occhi blu ha detto...

E tu, Gillipix, che numero sei?
Io 3.
:)

Gillipixel ha detto...

@->Occhi Blu: ehehhehe :-) credo di essere un 7, dear OuBee :-) ma non ti saprei spiegare bene come mai :-) o meglio, mi piacciono in teoria molto i numeri pari, ma se proprio devo dire quello che mi riflette meglio, allora credo sia il 7...sempre senza saper motivar, ovvio :-)

Bacini settenari :-)

Occhi blu ha detto...

Perché 7 erano le Meraviglie del mondo e tu, caro Gillipix, provieni da una di quelle?
Oppure perché hai uno dei 7 vizi capitali?
Oppure ancora perché sei uno dei 7 Nani?
Oppure perché sei proprio Gilli Miao e come tutti i gatti hai 7 vite?
Oppure perché sei un Numero 1 (il 7 è un 1 un po' storto)?
Oppure perché sei un vero diritto, uomo tutto d'un pezzo che sa guardare lontano (essendo il gambo del 7 il tuo profilo e la linea orizzontale la tua mano sulla fronte che scruta l'orizzonte)?

MR ha detto...

Questo racconto è divertentissimo e matematicamente poetico. Perché non provi a fartelo pubblicare da qualche parte? Queste sono le cose che ti vengono meglio, senza nulla togliere al resto, ma a mio avviso, dovresti presentarle a qualcuno che le possa divulgare al grande pubblico. Complimenti, Gilli ! Anche io quando penso ad un numero mi viene in mente sempre il numero sette, e non so perché. Baci

Marisa ha detto...

Caro Gilli, questo tuo simpatico racconto mi ha messo un po' di malinconia perché mi fa pensare che nell'universo tutto è frutto di equazioni e calcoli matematici, persino gli umani sono classificabili come numeri produttivi e di scambio.
Da troppo tempo oramai siamo stati spersonalizzati e quello che conta sono solo i numeri che produciamo.

p.s. io non so quale sia il numero che mi rappresenta, non so se devo fare riferimento all'astrologia che non ricordo quale sia o al numero che ci viene sempre in mente. Sinceramente io ne ho diversi e sono 11-5-8, il mio sarà uno di questi oppure la somma dei tre, ossia 24? Mah?

Bacini matematici

Gillipixel ha detto...

@->Occhi Blu: molto carina la tua rivisitazione numerologica su base 7, dear OuBee :-) grazie per la simpatia OuBee-esca sempre molto gradita :-)...allora, vediamo: la prima ipotesi non mi pare molto plausibile…non ricordo bene l’elenco completo di tutte le Meraviglie del mondo, ma…chissà se, come il paniere Istat per il calcolo dell’inflazione, viene aggiornato per stare al passo coi tempi: certo che, se ultimamente ci sono stato inserito pure io, bisogna dire che la qualità è scaduta proprio di brutto :-)
Poi: i vizi capitali credo di averli un po’ tutti, in vari gradi :-)…forse, quello in cui sono più carente è l’ira, e non so nemmeno se questo a sua volta sia un bene o un male.
Uno dei sette nani forse no, ma magari il decimo o l’undicesimo: Gillipixolo :-)
Gilli Miao lo sono di sicuro, questo è assodato :-) però, le 7 vite, non saprei…a volte mi viene da pensare che una è già fin troppo, da gestire e da tirare avanti: con 7, non saprei proprio da che parte prendere :-)
Il numero 1…ecco, qui mi sento di escludere categoricamente :-) non arrivo quasi mai primo, nelle cose, perché forse, in fondo in fondo, preferisco così :-) arrivando da secondo in giù, c’è il vantaggio di trovare sempre già qualcuno sul posto e non si è mai soli :-) allora, ecco, un 1 un po’ storto sì, quello lo potrei essere :-)
Non sono nemmeno tanto dritto :-) però guardare lontano mi piace, quindi l’idea della manina sulla fronte può essere…poi, che riesca a vedere effettivamente le cose come stanno e come saranno, questo è un altro problema…:-) l’importante è guardarci, lontano, e vederci delle cose…non conta quali: l’importante è vedere delle cose :-)

Aggiungo invece altre due mie giocose interpretazioni: forse mi piace il 7, anche in onore del famoso adagio infantile bu-bù-sette-te :-) perché sono un semi-adulto mal riuscito dalle mille paure :-)
E forse mi piace perché mi ricorda uno dei miei orari preferiti della giornata, le 7 di sera (anche se impropriamente dette…)…alle 7 di sera si tirano le somme della giornata e, in qualunque modo sia andata, almeno è passata :-) si va verso la cena, l’abbraccio del buio, il raccoglimento serale, il silenzio, il tempo per sé, il tempo del sonno e dei sogni…
Devo stare attento però a non confondere il tutto con le 7 del mattino: in quel caso tutta la poesia va a farsi friggere :-)

Bacini cifrati :-)

Gillipixel ha detto...

@->Maria Rosaria: ti ringrazio tanto e sempre di cuore, gentile EmRose, per le tue parole di incoraggiamento, che ogni volta, davvero, mi sono tanto care…qualche tentativo, ultimamente l’ho azzardato, inviando qua e là delle cosette mie, ma per ora non ho avuto esiti di nessun tipo…è molto difficile emergere nel mare magnum di gente che scrive, oggigiorno…tantissimi si cimentano, e c’è in giro un sacco di roba di poca qualità, ma anche tantissima di livello molto alto, per cui il confronto è molto arduo…però non smetto di coltivare questo sogno, perché non costa nulla e, almeno sui sogni, finora non sono state messe tasse :-)

Hai ragione: queste storielle surreali probabilmente sono la mia specialità :-) mi fa tantissimo piacere che le apprezzi…

Il numero 7, già… :-) è un simpaticone, forse proprio perché non sappiamo bene il motivo della sua simpatia :-)

Bacini e sogni editoriali :-)

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: cara Mari, hai posto l’accento su un aspetto molto importante, che è potenzialmente tirato in ballo anche dal mio pur sempre bonario raccontino…

E’ una questione che sta molto a cuore anche a me: la tendenza all’inaridimento progressivo dei valori sociali, culturali ed esistenziali, nel nome di una sempre più esasperata propensione a “matematiccizzare” la realtà e la vita…spaventa molto anche me, questo fatto, e mi intristisce pure…

Se andiamo verso una visione del mondo che intende ogni cosa sotto un profilo esclusivamente numerico, tecnico, quantitativo, condanniamo la vera nostra essenza umana a spegnersi per mancanza di quei significati che le sono propri, e fra i quali, non ultima, possiamo ricordare soprattutto la “incalcolabilità” di molti moventi che sostengono il nostro essere…

Sono ben conscio di questo “pericolo” che incombe ogni giorno sulle nostre vite, e proprio per questo, il mio raccontino non intendeva assolutamente essere un riflesso di questo fideistico affidarsi al mondo dei numeri…i

I numeri di per sé non sono né buoni, né cattivi…possono essere cosa buona, se noi lo vogliamo e se sappiamo incasellarli nei limiti della dimensione che compete loro…la minaccia dei numeri si manifesta quando, in nome dei numeri, si pretende di sconvolgere completamente l’essenza del nostro essere uomini…i greci, grandi saggi del passato, erano ben consapevoli di questo immenso rischio, e si sono sempre ben tutelati da esso: non hanno mai forzato la realtà ad essere ciò che essa non è…Non si sono infatti mai sognati di dire che la realtà è fatta di pura quantità…

Ma allo stesso tempo, i greci erano grandi conoscitori dei numeri, ed hanno inaugurato le più importanti conoscenze riguardo ai numeri, che ancora oggi sono validissime…

Noi moderni siamo stati e siamo di gran lunga più sprovveduti: ci culliamo nella deleteria illusione che tutto sia quantificabile, ma quello che rimane scoperto, al di fuori di una simile illusione, ci ritorna indietro sotto forma di sofferenze e di snaturamenti di noi stessi medesimi…

Ecco dunque che il mio raccontino non voleva essere per nulla una sorta di elogio di questo folle atteggiamento mentale, ma più che altro un tentativo di poeticizzare ed ingentilire un mio surreale ed immaginato mondo dei numeri, i quali, presi nel loro giusto senso, sono importanti per l’uomo, ferma restando la verità di fondo che non deve mai venir meno: l’uomo non può, mai, essere inteso come fatto solo di numeri…

Allora, se ben guardi, la mia storiella va proprio nel senso opposto, nel senso di un riscatto da questa idea folle secondo la quale si vuole matematicizzare l’umanità…i miei buffi personaggi, invece, vogliono umanizzare la matematica :-)

Grazie per il bel commento, Mari…alla fine, non sappiamo bene che numero siamo, ciascuno di noi :-) l’importante è sapere che siamo numero e cuore…quantità, ma soprattutto qualità :-)

Bacini matepoetici :-)