Dopo un’abbondante pausa natalizia, ritorna “Le muse di Kika van per pensieri”, piccola sarabanda d’indagini fisiognomiche e artisticità varie, che allietano grandi e piccini in parallelo con la rubrica di moda e arte curata da Kika. Per inaugurare questo 2015 modaiol-creativo, Kika ha scelto un autore del ‘700 inglese, Sir Joshua Reynolds (Plympton, 16 luglio 1723 – Londra, 23 febbraio 1792). In particolare, il quadro che vediamo oggi è il “Ritratto di Lady Bampfylde”, del 1776-77.
Pur essendo il suo nome non molto noto al grande pubblico, Reynolds viene ricordato come uno dei massimi esponenti dell’arte inglese del “secolo dei lumi”. Pittore accademico prevalentemente “testimone” della tradizione e “al servizio dell’ordine costituito”, ha avuto nondimeno un ruolo importante nel dibattito teorico artistico del suo tempo e ha lasciato opere che, in particolare dal punto di vista tecnico (ma tecnica e contenuto non sono mai del tutto disgiungibili) hanno influenzato altri autori più celebri venuti in periodi successivi [come ci ricorda ad esempio Giulio Carlo Argan, a proposito di Edouard Manet (1832-1883): «…nella scelta dei colori e dei loro accordi molto più dell’attenzione al vero conta la cultura pittorica: gli accordi in nero, grigio, giallo (o rosa) Manet li ha imparati da un inglese del ‘700: Reynolds…»].
Quando rifletto su un determinato periodo storico (tanto più se me lo raffiguro in termini di movimenti e correnti artistiche relative), di solito mi si forma in mente un profluvio di immagini e suggestioni variegate, più o meno pertinenti. Da questo punto di vista, il Settecento mi si dipinge sempre nel mio personale immaginario come un secolo a suo modo molto limpido e contraddittorio ad un tempo. E’ il secolo dell’Illuminismo, della fiducia rinnovata nelle possibilità accordate alla ragione umana di sapersi muovere in piena autonomia in tutti i campi della conoscenza (atteggiamento che apre le porte ad un approccio verso la realtà di tipo positivistico e scientifico). E’ un secolo di critica e revisione del passato relativamente recente, col superamento degli aspetti contorti e dubbiosi dell’esistenza, messi in evidenza a suo tempo dal Barocco. In Inghilterra in particolare, è tuttavia anche il secolo che introduce nuove inquietudini e sensibilità, condensate nei movimenti cosiddetti del “sublime” e del “pittoresco” (correnti queste verso cui lo stesso Reynolds fu particolarmente attento e sensibile, traendone linfa creativa per la sua opera). Ancora, il ‘700 è il secolo della riscoperta di un cristallino e puro sguardo gettato sulle cose del mondo, filtrate attraverso lenti estetiche di rivalutazione del gusto classico greco e romano, da cui deriverà il neo-classicismo, per l’appunto.
Il ‘700 insomma, quando cerco di raffigurarmelo in un quadro mentale sintetico, è fatto di tutte queste cose un po’. E un qualcosa di tali ingredienti vari, lo possiamo trovare in dosi diverse anche nell’opera di Reynolds. Il “Ritratto di Lady Bampfylde” scelto da Kika, contiene in questo senso diverse “curiosità tipiche”. La dama ritratta era una giovane esponente dell’alta società: figlia di un ammiraglio (Catherine Moore il suo nome da nubile) andò in sposa a Charles Warwick Bampfylde, erede di cotanto padre, Richard Warwick Bampfylde, un membro del parlamento fregiato del titolo di “Sir” (a sua volta, in seguito, il figlio fu elevato al rango di Baronetto). Il ritratto venne con ogni probabilità commissionato a Reynolds in occasione del matrimonio della coppia di illustri giovani. Se mi è concesso di usare una definizione un po’ fatta in casa, direi che l’ambientazione in cui la figura della dama è immersa ha tutti i crismi di una certa visione “anglo-classica” della realtà. Suggestione paesaggistica e limpidezza della classicità sono ben fuse insieme a creare un atmosfera rassicurante e “di conferma” di valori stabiliti e assodati.
Alcune interessanti notizie sul dipinto le ho scovate sul sito della “Tate Gallery” di Londra, dove attualmente l’opera si può ammirare. La posa di Lady Bampfylde è ispirata ad un “atteggiamento spaziale” molto simile a quello tenuto dalla “Venere Medici”, una celebre statua greca risalente alla fine del I secolo a.C., in pieno periodo ellenistico. Attribuita a Cleomene di Apollodoro, oggi è conservata agli Uffizi di Firenze e deve il suo nome al fatto di esser appartenuta in passato alla celebre famiglia di Lorenzo il Magnifico. Questa statua viene detta anche “Venere pudica”, per il duplice gesto che compie coprendosi il seno e il grembo con mani e braccia.
Reynolds gioca col riferimento a quel lontano modello marmoreo, introducendo una serie di finezze che attualizzano i contenuti evocati, contestualizzandoli rispetto al gusto e alla scala di valori della sua epoca, che teneva in gran conto la morigeratezza e la misura dei costumi.
Naturalmente, in questo caso, la modella non poteva che essere vestita. Questo consente a Reynolds di giocare sulle sfumature: la figura della dama non è priva di una sua sensualità, ma tutto è molto più ovattato, fatto di rimandi delicati e sfuggenti. Così, l’occultamento del ventre non avviene per interposizione diretta della mano (al modo della Venere), bensì per opera della sua ombra. Sempre la stessa mano, pare indicare una piantina di gigli, simbolo della purezza, che cresce rigogliosa sullo sfondo della pietra che fa da appoggio alla figura femminile stessa. Nel muto linguaggio della pittura, tutta questa serie di rimandi si traduce in una sorta di “esaltazione della modestia”, unita ad un “velato proclama” di vigoria erotica nascosta. Nel senso del medesimo sentimento variegato sembra andare anche la presenza di quel mazzolino di viole del pensiero che fa capolino dalla scollatura della dama. Un’opera insomma, questa di Reynolds, tutta giostrata sul filo di una sensualità misurata, molto elegante, carica di potenzialità “energetiche” latenti.
Dal mio punto di vista di detective fisiognomico, il volto di Lady Bampfylde è stato molto interessante da indagare. Purtroppo (o forse no) non ho potuto fare a meno di incappare in un volto famoso dell’attualità, già incontrato in occasione di un’altra puntata. In compenso, sono riuscito a trovare altri due volti che vanno un po’ controcorrente, rispetto alla mia consuetudine di fare sempre riferimento a personaggi e dive del passato in bianco e nero. Per farla breve, sono tre attualissimi volti di attrici in vario modo molto affascinanti. E hai detto niente…
Ecco la prima ipotesi di somiglianza:
E’ lei che abbiamo già visto in una precedente puntata: si tratta di Cecilia Dazzi, che ha recitato in pellicole anche di un certo rilievo (come “La famiglia” di Ettore Scola, del 1987) e in alcune serie televisive (“I ragazzi del muretto” del 1991-96, che ha reso familiare il suo volto al pubblico, e “L’ispettore Coliandro” del 2006-2010).
Gli altri due volti sono stati una novità assoluta anche per me, li ho scoperti proprio in occasione di questa ricerca e devo dire che s’è trattato di due gran bei pezzi di scoperte. Ve li illustro per ordine:
Anche questa è un’artista di casa nostra, più precisamente della bella terra di Sicilia. Il suo nome d'arte è Margareth Madè, e a tal proposito sono venuto a sapere un tenero dettaglio: il nome vero sarebbe Margareth Tamara Maccarrone, ma ha scelto di cambiarlo per evitare buffe analogie con il celebre taglio di pasta (e se volete che ve la dica proprio tutta, per me potrebbe chiamarsi anche “Margareth Tamara Tagliolini in Brodo”, che continuerei a proclamare: «…Il Cielo sia ringraziato, per cotanto primo piatto!!!...»). Attrice e modella, ha recitato in “Baarìa” (2009) di Tornatore, nella serie tv “La mia casa è piena di specchi” (del 2010, con Sophia Loren) e ha partecipato ad un episodio del commissario Moltalbano.
Et dulcis in fundo, ecco il terzo volto:
Per una curiosa combinazione, con quest’altra fascinosa attrice, torniamo “a bomba artistica”: è infatti l’inglese Jenna-Louise Coleman, nota soprattutto al pubblico televisivo britannico per aver interpretato il ruolo di Clara Oswald, nell’ottava stagione della serie tv di fantascienza “Doctor Who”.
Prima di congedarmi, aggiungo una somiglianza dell'ultima ora, che mi è stata suggerita dal caro amico immaginario, il leprotto Lepuri. Data la fonte della suggestione, non poteva trattarsi altro che di una cosa molto scherzosa:
Prima di congedarmi, aggiungo una somiglianza dell'ultima ora, che mi è stata suggerita dal caro amico immaginario, il leprotto Lepuri. Data la fonte della suggestione, non poteva trattarsi altro che di una cosa molto scherzosa:
E con questa, sperando di non esser stato troppo irriverente verso la nobiltà inglese e verso l'arte, chiudo la prima puntata dell’anno di “Le muse di Kika van per pensieri”. Arrivederci a tutti e buon divertimento adesso sul blog di Kika, a scoprire gli incanti modaioli che la nostra maghetta preferita ha saputo tirar fuori dall’algido calore della figura di Lady Bampfylde.
2 commenti:
"Algido calore", con questa frase hai sintetizzato tutto! Rientro alla grande anche per te vedo, con un bell'excursus e ben tre volti da accostare a quello della Lady! Anzi, quattro ;)
Non vorrei fare torto alla nobildonna del '700, ma direi che l'ultimo è quello che tecnicamente le assomiglia di più... benchè le tre donne hanno tutte un qualcosa di indefinibile che si ritrova in lei, un qualcosa che tu sai sempre catturare :)
@->Kika: ehehehehehe, sono d'accordo, Kika, stavolta la somiglianza suggerita da Lepuri è la più efficace :-)...
Abbiamo ripreso bene le nostre rubrichette :-) questo Reynolds è davvero interessante...poi, questa volta, oltre ad un pittore, mi hai fatto scoprire anche due giovani bellezze femminee :-) non è roba da poco :-)
Questo mr. Beige ci ha dato proprio delle belle soddisfazioni :-) non so se il tuo personificarlo col mr. davanti era un po' ispirato al film "Le iene" di Tarantino...ma conoscendoti un po', non lo escludo affatto :-)
Bacini illuministi :-)
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