Uno dei miei beniamini fotografico-entomologici prediletti, il bombo, è tornato a farmi visita nel weekend. Vi ho già raccontato in altre occasioni la simpatia particolare che nutro per questo cugino lievitato dell’ape. Per essere simpatico, ha tutte le carte in regola: è grassotto, si presenta sempre indossando una sontuosa pelliccetta striata, ha dei modi blandi di svolazzare da un fiore all’altro, ed il nome stesso suscita il sorriso solidale: bombo. Certo, come ogni altro suo parente con propulsione a ronzio, anche il bombo è potenzialmente “punzonante”, aspetto questo da non sottovalutare. Ma tale caratteristica la sfodera solo in casi rari. In generale il bombo, se osservato nel pieno rispetto della sua libertà bombonesca, risulta essere un bonaccione dei primi (oserei dire: un bombaccione…eheh…ahaha…uhuh…).
Avevo osservato un’altra volta il bombo esibirsi sopra uno dei palcoscenici floreali a lui più spettacolarmente consoni, ma allora non ero in condizioni di riportare con immagini quel delizioso evento. Se volete vedere il bombo all’opera mentre mette in mostra la sua bombaggine più strepitosa, dovete osservarlo alle prese con un particolare tipo di fiore che, tanto per cambiare, non so bene come si chiami. Credo che sia popolarmente noto come “scarpetta della Madonna”, oppure “scarpetta di Venere”, ma quasi sicuramente mi sbaglio.
Anche il bombo, e qui ne sono certo, non conosce il nome di questo fiore. Eppure la natura sembra aver fatto in modo di agevolare le loro rispettive evoluzioni al fine di farli ritrovare calati in una culo-e-camicevole sintonia che ha qualcosa di prodigioso e buffo nello stesso tempo. Cercai di descrivervi a parole il fenomeno, in un antico articoletto. Oggi ve lo posso documentare anche con qualche scatto fotografico.
Il fiore in questione (come potete vedere dalla foto sopra) ricorda una campanula terminante con una svasatura in due grossi petali sovrapposti e socchiusi l’uno contro l’altro. La scorsa volta mi pare di aver paragonato questa conformazione ad una bocca vegetale, o alle valve di una conchiglia. Un fiore carino, insomma, ma fino a qui niente di eccezionale: ce ne sono tanti di fiori belli. Tra l’altro, in condizioni normali, la duplicità dei petali non si nota neanche tanto. E’ soltanto quando entra in azione quel vecchio orsetto in miniatura del bombo che una simile struttura floreale si esalta esteticamente, grazie all’espressione massima di tutta la sua funzionalità formale.
Il bombo arriva nei pressi della bocca del fiore, ci piazza un paio di bzzzz-bzzzz di perlustrazione e poi pafff!!! Posa le zampette di dietro sulla pedana del petalo inferiore, il quale, come un fiabesco ponte levatoio staticamente calcolato dall’Ing. Natura per cedere di misura sotto il peso bombesco, lentamente si cala, agevolando il pertugio al nostro caro amico golosastro di polline.
Riuscendo a cogliere in foto il momento di questa magica schiusa ponderata a misura di bombo, ho avuto modo di notare un dettaglio ancor più esaltante. Il petalo basso presenta un bordo sagomato in modo tale da offrire un perfetto appoggio ai mini-piedozzi del bombo, tanto che, a ben guardarlo, il nostro beniamino, mentre si accinge a chiedere permesso inforcando la superficie floreale, ricorda una specie di gioioso John Wayne degli insetti ben saldo sulle staffe, oppure un biker mentre smacchina da par suo le pedivelle della beneamata Harley Davidson.
Fin qui, la dose di stupore naturalistico sfiora livelli già notevoli. Ma la cosa più fantastica, dal punto di vista della simpatia e della bombaggine pura, si verifica qualche istante dopo. Ecco infatti che il nostro caro peluriato tricolore si tuffa a capofitto nel calice floreale e, dimenticando tutto il suo pingue aplomb britannico, si sgodazza una scorpacciata trimalcionesca da leccarsi la peluria.
Avevate mai visto una manifestazione di gioia più contagiosa, di questa postura a bombofitto di cui ci offre un mirabile saggio il pacioso insetto? Un’inquadratura laterale mette in rilievo inoltre una ulteriore affinità formale fra fiore e bombo. Il raggio di curvatura del petalo sembra calcolato con precisione al secondo di grado, in modo da modellarsi alla perfezione alla morbida panzetta bombonale, offrendo nel contempo un agevole appiglio alle zampette davanti.
Nell’immagine a seguire, si può apprezzare invece una variante della performance messa in scena su diverso sfondo cromatico.
A volte poi il bombo emerge dal bunker a prendere un po’ di fiato, mettendo in mostra un altro piccolo divertente dettaglio: la capoccetta ed il “coppino”, tutti spolverati di polline, denotano ancor meglio la passione sguaiata profusa in queste bellissime strippate godute a pieno ronzio.
In chiusura, solo un ultimo piccolo dettaglio riportato dall’osservazione bombale, purtroppo non riportabile attraverso un’immagine, vista la sua natura dinamica. Mentre tenevo d’occhio i movimenti del bombo major, sento un secondo ronzio provenire da un fiore completamente chiuso. Spalanco delicatamente i petali e: «...mmbbbzzz...mmmbzzz...» sento provenire dall’interno, «...Che bbbzzzo vuoi?...ma bzzz’an’zzulo, vàh!!!...», sino a vedere un bombo junior fare capolino con la sua capoccetta dall’imboccatura delle labbra floreali, per poi andarsene sdegnato. Si era tuffato completamente nella culla di polline, spaparanzato a doppia mandata nella goduria più completa, onnicomprensiva e totalizzante che solo ai bombi giovani è evidentemente concessa.