venerdì 7 settembre 2012

The sad short story of King Great Growth




I neologismi di Gillipixel:
- En plein merd (pronuncia = “énplèmérd”)
Espressione mutuata dal francese “En plein air”,
a denotare l’attuale situazione socio-esistenziale
diffusa un po’ dappertutto, per ogni dove umano.

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Anche i miti, di tanto in tanto, hanno bisogno di una rinfrescata. Se re Mida vivesse ai giorni nostri, si chiamerebbe re Crescenzone. Anche se noi lo chiameremo re, in fiducia e per semplicità, non si tratterebbe propriamente di un sovrano, professione ormai alquanto desueta. Re Crescenzone sarebbe piuttosto uno di quei tizi che credono nella crescita economica indefinita, nella progressione quantitativa senza limite. Che ne so, potrebbe essere un finanziere dei più arrembanti e privi di scrupoli, che si mangia a colazione il PIL di uno stato di medie dimensioni,  e ne sbocconcella uno più piccino per pranzo. Oppure un politico stra-neo-liberista, iper-devoto al dio mercato. O ancora, un imprenditore senza ritegno che delocalizza una fabbrica al mattino in Romania, per poi ricollocarla nel Burundi dopo mezzogiorno.

Come a re Mida era stato spesso ricordato che la ricchezza non è l’unico fattore utile per procacciarsi un po’ di felicità a questo mondo, e lui no, testardo, non volle sentire ragione, così capita un po’ anche con re Crescenzone. In molti provano a spiegarglielo. Ogni fenomeno reale si presenta con una sua fase di crescita, per arrivare ad un’acme che poi volge in declino. Ma non c’è verso: re Crescenzone insiste che la crescita senza termine sia del tutto plausibile e realizzabile.

Nel vecchio mito, Re Mida, per aver ospitato con mille onori il vecchio Sileno, patrigno di Dioniso, viene da quest’ultimo ricompensato con la possibilità di esprimere il desiderio che più gli stesse a cuore. Mida non ha dubbi: vuole poter trasformare in oro ogni cosa che tocca. A Dioniso, da gran esperto di bevute e baldorie con gli amici, non parve vero di sentire una richiesta così balzana, e già sghignazzandosela alla grande sotto i baffi, disse: «...e sia...». Tutti sappiamo come andò a finire: dopo i primi momenti di euforia, re Mida si accorse di essersi tirato proprio un bell’incudine sul ditone del piede. Non poteva più nutrirsi, perché anche i cibi in bocca gli si mutavano beffardamente in oro, per cui fu costretto a scongiurare il divertito Dioniso di revocargli quel nefasto potere a taglio più che doppio.

Re Crescenzone possiede un paio di fabbrichette ben avviate, ma il suo sogno è espandersi, incrementare il profitto, godersi ad occhi strabuzzanti di gioia la vista delle linee sui diagrammi mentre schizzano verso l’alto, più su, sempre più su, laddove nemmeno Renato Zero ha mai osato immaginare. Un giorno, mentre si reca in auto da casa alla sede di una delle sue aziende, re Crescenzone incalza l’autista a fare più in fretta, dai corri, va làh Gino, che ogni minuto sprecato sono punti percentuali di crescita che se ne vanno. Nel marasma accrescitivo, il povero autista fa confusione e finisce per urtare lievemente un povero ciclista nel traffico, facendolo cadere. Tocca fermarsi, e porca la stagflazione maiala!!! 

Per fortuna il giovane incidentato non si è fatto particolarmente male, solo qualche leggera ammaccatura. Re Crescenzone gli offre di accompagnarlo al pronto soccorso, mettendogli poi anche a disposizione l’autista tutta la giornata, per rientrare a casa dopo le cure. Casualità vuole che il malcapitato ciclista non sia un tizio qualunque, bensì un’entità semidivina, il giovane Prevarichello, figlio di Sgomito, il dio della competitività e di Marchettona, una ninfa dei marciapiedi.

Venuto a conoscenza del bel gesto di re Crescenzone, Sgomito si reca immediatamente da lui in visita di cortesia. Per contraccambiare, gli propone di esprimere il suo desiderio più grande. Qualsiasi esso sia, Sgomito cercherà di esaudirlo. Re Crescenzone, ostentando la medesima sicurezza e decisione di re Mida, subito esclama: «...voglio che tutto quanto tocco si metta a crescere senza limite...». Ad udire una così strampalata aspirazione, sulle prime lo stesso Sgomito è colto in cuor suo da un lieve accenno di perplessità. Tuttavia, per non venir meno alla parola data, abbozza una calma padronanza di sé: «...Non è un desiderio facile, caro Crescenz, ma aspettati da un momento all’altro di vederlo esaudito...».

Oltre alle mezze stagioni, non ci sono più nemmeno gli dèi di una volta e la promessa di Sgomito finisce per avverarsi, sì, ma con qualche magagna. Già da diversi giorni, re Crescenzone prova a toccare questa e quella cosa, nella speranza di vederla lievitare. Sfiora la cifra di un assegno ricevuto in pagamento, ma niente, i numeri rimangono gli stessi. Corre in banca, si chiude nella cameretta riservata ai titolari di cassetta di sicurezza, estrae i cari lingotti d’oro e i gioielli, li palpeggia, li accarezza, li titilla, e ancora nulla di fatto, non si schiodano di un millimetro dalla loro sagoma.

«...Pazienza...» pensa re Crescenzone, «...ci vuole pazienza, anche Sgomito l’ha detto, bisogna aspettare ancora qualche giorno...». Re Crescenzone si mette a letto ogni sera fiducioso e si alza al mattino testando subito sulla prima cosa che gli capita a tiro, per verificare se il prodigio s’è compiuto. Trascorre così un po’ di tempo, fino alla fatidica mattina in cui, quasi non pensandoci più, preso com’è dai mille pensieri aziendali della giornata, re Crescenzone si alza, si reca in bagno e lì, dritto in piedi di fronte al water, immancabilmente regge in mano una delle prime cose che sono soliti toccare gli esemplari maschi del genere umano a quell’ora. Ed ecco che d’un tratto «la cosa» si mette a crescere, all’unisono con le dimensioni dei sottostanti penduli ammennicoli sferoidali. A re Crescenzone non pare vero: il portento è andato a incominciare. E proprio a partire dal simbolo più simbolico della crescita virile, il massimo delle massime espressioni dell’erigendo orgoglio mascolino.

Non passa il tempo di una sbarbata e di una doccia veloce, che la faccenda si è già fatta grossa sino a sfiorare calibri degni di roccosiffrediche epopee. Re Crescenzone è fuori di sé dalla gioia, non vede l’ora di mettere piede in azienda per mettersi a stoccazzare in libertà registri contabili, rendiconti azionari e interi reparti produzione, facendoli impennare verso le inarrivabili vette del crescere eterno senza sosta alcuna. Prima di uscire, forte della sua rinnovata euforia, re Crescenzone assesta addirittura una ripassatina alla moglie ancora semi-assonnata nel tepore dell’alcova, la quale, incredula e sollazzante, colta a metà guado del “sogno o son desta dimensionale”, non può far a meno di mugolare il proprio apprezzamento in semiveglia, che sia vero o immaginato, ogni centimetro è tutto di guadagnato.

Re Crescenzone non sta nella pelle, non riesce a pazientare, né attende di giungere in fabbrica: già durante il viaggio in macchina, si mette a toccare cose con le dita. Nel frattempo il gonfiore della patta evolve imperterrito, mentre i primi atroci dubbi si fanno strada inesorabili. Toccando una moneta da un euro, questa si mette a crescere. Toccando una banconota, succede lo stesso, toccando invece la catenina d’oro appesa al collo, non succede nulla. Il cellulare, sfiorato appena dai polpastrelli Crescenzoni, si dilata anch’esso senza ritegno. 

Intanto la patta si gonfia, si gonfia, si gonfia, insieme al panico di re Crescenzone. Fortunatamente, fra le cose contagiate dalla crescita smodata, sono comprese anche le mutande e il cavallo dei pantaloni, di modo che re Crescenzone fa in tempo a rifugiarsi nel suo ufficio reggendosi e celando a stento quel fagotto incrementale di virile contro-produttività. Barricato nella propria stanza, a re Crescenzone si svela d’un tratto tutto l’arcano. Sgomito l’aveva avvisato: non si sarebbe trattato di un desiderio facile. Dopo alcune altre prove, è chiaro come la malaugurata previsione si sia avverata nel più bislacco dei modi: le cose toccate da re Crescenzone effettivamente crescono, ma sono per lo più cose svantaggiose, se non portatrici addirittura di danno vero e proprio.

A re Crescenzone, prima che la cornetta raggiunga dimensioni tali da sfondare il soffitto, non rimane altro che telefonare immediatamente a Sgomito, supplicandolo di accorrere subito, per esentarlo dal malefico potere.

Sgomito si precipita per riparare il malfatto, con tanto di consorte Marchettona al seguito e figliolo Prevarichello. Devono sfondare la porta dell’ufficio, dentro al quale trovano il povero re Crescenzone che galleggia letteralmente sopra il rollio di un paio di mongolfiere, ornate al centro da un mini-dirigibile spropositato, armamentario al quale il re medesimo si ritrova saldamente ancorato nei pressi delle parti inguinali. Bastano due parole di rito ben assestate ed il sollievo cala finalmente ristoratore lungo le membra dell’ormai sgonfiato e messo in salvo re Crescenzone.

Con un sorriso, per sdrammatizzare la situazione e festeggiare l’afflosciato pericolo, alla fine al buon Sgomito scappa pure detto: «...anche tu, però, caro Crescenz: andarti a fidare degli déi della competitività...».

Il rinnovato mito finirebbe qui, ma so che a questo punto vi attenderete una sorta di morale della favola. La morale, se mai ce ne fosse una, non ve la saprei dire. So però che una persona almeno è uscita soddisfatta da tutta la vicenda: mi riferisco alla moglie di re Crescenzone che, scordavo quasi di dirvi, non a caso si chiamava principessa Godilla.

4 commenti:

Marisa ha detto...

Che bella questa storiella, è proprio goduriosa!!!
Bacini dilatabili

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: ehehehehe, grazie Mari :-) è sempre bello riuscire a trasmettere una piccola vena di facezia riflessiva al lettore...se poi il lettore nella fattispecie sei tu, fa ancor più piacere :-)

Bacini ad assetto variabile :-)

MR ha detto...

bravo, gilli! che fantasia! morale della favola? una potrebbe ad esempio essere che i maschietti farebbero bene a pensare anche ad altre cose oltre che al loro coso ;) oooops! baci

Gillipixel ha detto...

@->Maria Rosaria: la tua esegesi, cara EmRose, coglie senz'altro un aspetto essenziale della mia favola :-) proprio attraverso quella "questione", passano un sacco di distorsioni mentali che affliggono le vite di molti :-) e pensare che l'oggetto in questione, se ben interpretato, può offrire anche gioie e spunti di intensità vitale notevoli...invece i più ne fanno un micragnoso oggetto di orgogli insensati, di velleità di potere insulse
:-)

Ecco, insomma, forse mi sono un po' perso nel discorso :-) ma ad ogni modo, grazie per il tuo commento molto carino :-)

Bacini ooopsoleti :-)