lunedì 11 marzo 2013

Gli ideogrammi e il pero per pomo antropologico


L’eccessiva reiterazione comunicativa rischia a volte di inflazionare la stessa bontà del messaggio originariamente presente in quanto s’intendeva trasmettere. Siamo quotidianamente bombardati da una miriade di stimoli informativi e questo stillicidio di sollecitazioni culturali ripetute e ribadite in tutte le salse, è addirittura in grado in taluni casi di logorare anche il concetto più nobile, anche la citazione più raffinata, anche l’immagine più stimolante.

Mi è venuto da fare simili riflessioni l’altra sera, 8 marzo. Una storica conduttrice di varietà satirici di successo era ospite di un altrettanto noto programma tv, dove si discuteva della condizione della donna e, di riflesso, anche della più generale situazione di crisi socio-economico-culturale generalizzata, in cui ci ritroviamo tutti calati fino al collo, ad arrancare.

Preciso che valuto positivamente la figura di questo personaggio, mi è sempre risultata simpatica, apprezzo la sua arguzia, l’intelligenza, il suo senso dell’ironia ed il garbo nel fare il proprio mestiere in tv. Tuttavia, non ho potuto fare a meno di provare un leggero moto di repulsione, quando la stessa se n’è uscita con una suggestione culturale, di per sé pregevolissima, ma sentita ormai tante volte, da risultare insapore e slavata come un brodo di carne fatto con un solo dado per 100 ettolitri d’acqua.

Il riferimento culturale richiamato, di suo è pregiatissimo e non mi sento di biasimare la brava conduttrice tv per averlo tirato in ballo. Forse sono io a fare troppo lo schizzinoso. Ma quello che mi interessa mettere in rilievo è piuttosto la potenza “banalizzatrice” del mezzo comunicativo. Quando questo viene esasperato a livelli di amplificazione quantitativa esagerata, esso è capace di rovinare persino la pur alta qualità culturale di ciò che si sta trasmettendo. La ridondanza, in questo ambito, davvero riesce a tramutare in ghiande anche le migliori perle per porci (non so se l’immagine fila più di tanto, ma ormai che così m’è uscita, tale la lascio).

Parlando della crisi, dunque, la simpatica conduttrice televisiva ha citato l’ormai visitata e rivisitata questione dell’ideogramma cinese utilizzato per esprimere appunto il concetto legato alla parola “crisi”. La grafia di questo segno, in quella complicatissima selva orientale di “simboli-parola-immagine”, risulta essere non a caso affine alla struttura grafica utilizzata per indicare anche la parola “opportunità”. Questo è bellissimo, è molto stimolante da un punto di vista culturale: in ogni crisi si nasconderebbe dunque sempre anche l’appiglio relativo per il proprio riscatto. Una crisi, ci dice l’antichissima tradizione cinese, non sarebbe altro che il versante opposto della medaglia sul cui retro sono impresse tutte le occasioni favorevoli a disposizione per trarci fuori da quella crisi medesima. Tutto dipenderebbe da come si osserva la realtà: da un certo punto di vista è “crisi”, ma rigirando lo sguardo in modo adeguato, essa risulta essere “occasione da cogliere”.

Ora, va tutto bene: magnifico, ripeto.

E so anche che non tutti saranno a conoscenza di tale perla culturale, ma io questa storia l’ho già sentita ripetere un sacco di volte, e quando anche l’ottima conduttrice è andata a rispolverarla, invece di un moto di soddisfatta ponderazione interiore, l’unico pensiero che mi è balzato fulmineo alla mente, pur continuando a voler sempre bene a quel caro personaggio tv, è stato: «…Ma va a dà via al cül, tè e i Cinèès!...» (ometto la traduzione per manifesta evidenza semantica).

Così con altrettanta subitaneità, qualche attimo dopo, considerato il picco d’inflazione sfiorato ormai da talune immagini antropologico-culturali evocate nei più svariati consessi comunicativi (per ricordarne solo un’altra, al limite della leggenda metropolitana antartica: gli eschimesi hanno 20 o passa parole differenti per indicare le varie sfumature di bianco della neve), ho pensato che fosse giunto il momento di creare almeno qualche nuovo ideogramma, ancora non usurato. Li metto a disposizione di qualsiasi oratore tv o comunicatore in genere, per le loro citazioni di antropologia spicciola. Non saranno ovviamente cinesi, questi ideogrammi, ma apparterranno ad una lingua immaginaria, il Gillipixilandese Mandarancio (contorta derivazione del più noto “Mandarino”), una forma antica di dialetto cino-gillipixiano, abbandonata ormai secoli fa, per eccesso di surrealismo presente nelle sue forme e significati.

Dunque, tra i numerosi suoi evocativi ideogrammi, i parlanti Gillipixilandese Mandarancio vanno particolarmente fieri di un simbolo grafico a loro molto caro: si tratta del celeberrimo ideogramma usato per esprimere il concetto di “fortuna”. Sono pochi a sapere infatti che in Gillipixilandese Mandarancio, l’ideogramma di “fortuna” è praticamente identico a quello indicante un’azione, riassumibile nella perifrasi “pestare una merda di cane”. Tanto che l’augurio derivante, il classico nostro “…buona fortuna…”, in Gillipixilandese Mandarancio risulta così suonare: “…Buone merde di cane pestate…” (toh, una faceta curiosità, che vi segnalo: il correttore di word mi sottolinea la parola “merda” come un errore: forse che i programmatori di word sono ancora all’oscuro del misterioso concetto?).

Altro pregiatissimo ideogramma in Gillipixilandese Mandarancio, è quello utilizzato per raffigurare il concetto di “…auto schiantata contro un platano…”. In questo caso, la grafia connessa all’espressione è strettamente apparentata con la sua consimile frase “…assicuratore con le tasche gonfie…”.

Altro esempio: in Gillipixilandese Mandarancio, quando si vuole rendere in ideogramma il concetto di “…martellata sul pollicione…”, ci si serve di un costrutto di segni molto somigliante a quello indicante l’altrettanto complessa idea di “…bestemmiatore fantasioso…”.

Ancora: il Gillipixilandese Mandarancio solo leggermente distingue la propria grafia, quando si tratta di indicare il concetto maschile di “…sabato pomeriggio libero…”, insieme al suo omologo al femminile. Questo è proprio un caso sorprendente, perché praticamente con gli stessi identici tratti, vengono espressi sia l’idea  del “…semi-comatoso poltrire sul divano davanti alla tele…” (nell’accezione pertinente all’uomo), sia il concetto di  “…4 ore filate all’Ikea…” (nell’accezione che compete alla donna).

Altre interessanti bivalenze si possono poi rinvenire fra gli ideogrammi della tradizione Gillipixilandese Mandarancia. Uno dei più oscuri, tuttora oggetto di dispute etimologiche clamorose fra i più dotti esegeti, è l’ideogramma che con lievi sfumature grafiche sta ad indicare sia l’espressione “…occhio di bue…”, sia l’apparentemente assai lontana idea di “…ultras di calcio…”.

Insomma, questi sono soltanto alcuni fulgidi esempi di ideogrammi tratti dal repertorio millenario della lingua Gillipixilandese Mandarancia, ma all’occorrenza se ne potrebbero citare a decine. Li offro gratuitamente, in uso a chiunque si trovi a dover sostenere prove comunicative, al fine di poter sfoggiare una maggiore varietà concettuale, evitando così di incagliarsi nelle secche del più pernicioso inflazionamento culturale. Quando anche questi si saranno frustati per l’eccessivo utilizzo, citofonatemi pure, ore pasti: vedrò di sfornarne di nuovi, freschi e croccanti.


5 commenti:

MR ha detto...

Ma non è che fra questi c'è anche "un'altra giornata di pioggia" ... " che scassamento di min... Error " ;) Gilli, la tua fantasia non conosce freni! Complimenti!

Gillipixel ha detto...

@->Maria Rosaria: ehehehhe :-) vedo che hai colto in pieno l'essenza dell'ideogramma bivalente, cara EmRose :-) potrebbe essere il nuovo gioco di società da diffondere nei "salotti male" e "meno in vista" di questo scorcio di 2013: gli invitati si potrebbero sbizzarrire a coniare ideogrammi di loro immaginazione, i più bizzarri possibili :-)

Grazie, EmRose, sei tu sempre carina a leggerti i miei mini-deliri :-)

Bacini ideogrammatici :-)

Gillipixel ha detto...

Piccola comunicazione di servizio per le care amiche Maria Rosaria e Marisa: mi spiace tanto, ma, temporaneamente, non riesco a commentare i vostri scritti...il motivo, di natura strettamente tecnico-computeristico-bestemmiatorio :-) sarebbe troppo lungo a spiegarsi...in due parole: ho il pc mega rallentato, non riesco a commentarvi su chrome, per farlo devo aprire firefox, che però ci mette tre vite ad aprirsi, facendomi perdere i migliori anni della nostra vita in una vana attesa, perché anche quando si apre, poi ho mille intoppi...

Vogliate accettare le mie momentanee scuse, ci tengo sempre a ricambiare la vostra carineria e cortesia, ma al momento sono proprio informaticamente "bloccato"...spero di ovviare presto all'inconveniente, magari comprando un nuovo pc, che ogni tanto non guasta :-)...a tutte e due:

Bacini sempre amici :-)

Marisa ha detto...

Caro Gilli, come vorrei trovare una espressione liberatoria del tuo gillipixlandese mandarancio per definire il taglio del 40% sullo stipendio che ci hanno inflitto da oggi salvo chiusura del teatro entro aprile.
Posso tentare?
"porcaccia di quella suina di tua madre (mi riferisco a chi ha dilapidato il teatro) che batteva gratis alle cascine!!!!
Scusa lo sfogo!

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: cara Mari, purtroppo il Gillipixilandese Mandarancio è solo una faceta fantasia, atta a farci il sangue meno amaro con un po' d'ironia, di questi tempi bui...mi spiace un sacco per la vostra situazione...è un danno per l'Italia tutta, quando la nostra risorsa più importante e vitale, ossia la cultura, viene calpestata e vilipesa in quel modo...

Bacini solidali sempre