Notizia ferale, cari amici viandanti per pensieri: dopo esservi sorbiti Gillipixel nelle più svariate fogge di para-scrittore, poetastro, critico d’arte dei bassifondi, sganghero-narratore, fustigatore d’usi e di costumi, vi tocca ora sciropparvi anche la versione “scultore dell’Improbabile”. Ebbene sì, non avrei voluto dirvelo, ma purtroppo è la dura realtà: ci ho preso gusto a cincischiare col legno e i risultati di questa insana pratica saranno esposti su questo palcoscenico mediatico, per il sommo gaudio dei vostri già stremati zebedei.
Con l’episodio del piccolo Batman ritrovato, credevo che la questione si fosse chiusa lì. E invece no, mi sono reso conto ancora una volta che l’attività del vagabondaggio per pensieri non ha proprio limiti di applicazione. Non importa se si tratti di scrivere, parlare, disegnare, elucubrare insomma con mille strumenti: il divertimento e la soddisfazione sono sempre di grado elevatissimo. Anche un pezzo di legno può essere fonte infinita di stimoli concettuali e calamita irresistibile di pensieri.
Nel caso del piccolo Batman, era stata un’esperienza estemporanea e circoscritta, iniziata da una suggestione vegetale. Allora un piccolo ceppo di legno di rosa e la sua semplice diramazione, si erano incaricati di darmi il «la». E credo che questa duplice modalità d’ispirazione sarà un po’ il mio “marchio di fabbrica” di scultore anche nei lavori a venire, se ce ne saranno. Le mie figure le ricaverò da elementi lignei grezzi capaci di suggerirmi già uno spunto formale attraverso i loro snodi e ramificazioni naturali.
Questa volta, il motore immobile di tutto il turbinio di immagini lignee si è concretizzato in un più sostanzioso tronchetto di nocciolo. Altro non era che il rimasuglio di una primaverile potatura, gettato lì in un cantuccio del giardino, e destinato a far la sua decorosa fine in qualche stufa o focolare. Già al primo istante, in quella sua forma grezza e primordiale, giorni e giorni prima di cavarci effettivamente fuori le fattezze che intendevo, ci ho visto dentro una sorta di omino danzante, con tanto di crapetta, braccino alzato e troncone di gamba all’aria, “venere-di-milescamente” incompleto.
Purtroppo non ho pensato subito a fermare in un’immagine il ceppo originario. Ve lo propongo già sbozzato, anche se ancora piuttosto grezzo. Fate conto che, dove si vedono l’accenno di testolina e gli stondamenti a suggerire le pseudo-gambe con lo pseudo-addome, il legno aveva un andamento tutto a tronco univoco, di diametro costante. La cosa bella ed esaltante di questa attività di para-scultore-levigatore dell’Improbabile, è sentire le forme uscire piano piano dalle mani. Sgratti, levighi, graffi, limi, incidi e rigratti, tutto con gradualità estrema. Ci vuole tempo, la fretta è nemica. E lentamente affiora una sagoma, un barlume di volumetria significativa e la goduria è suprema.
Il primo accenno di testolina è molto primitivo, ma già mi regala emozioni notevoli. Nella vita tutto sono fuorché uno scultore. Nessuno mi ha mai insegnato nulla di questa forma espressiva, e non so nemmeno per quale ardito moto d’incoscienza mi sia venuto in mente di provare a fare un qualcosa del genere. I risultati sono prima di tutto legati ad un’ampia involontarietà espressiva (nel senso che una certa idea formale, quando parto, ce l’ho in mente, ma poi quello che ne scaturisce ha anche molto del casuale) e poi sono limitati dalla quasi assoluta ignoranza tecnica, nonché da una gran limitatezza di strumenti di lavoro. I miei attrezzi principali sono una grossa lima iper-sgrattosa per sgrossare, alcune limette più fini (da ferro, tra l’altro) e un set di sei scovolini made in China, acquistati in uno di quei grandi magazzini del bricolage per l’esorbitante cifra di 6 €. A degno completamento di un così imponente apparato tecnico, c‘è l’arma segreta: la carta vetrata. Questa è veramente fondamentale per le finiture ed utilizzata nelle diverse grane calibrate, compie piccoli mezzi miracoli di levigatura.
Sulle prime, data la mia estrema inesperienza in materia, mi ritenevo quasi già definitivamente soddisfatto con la conquista formale di questo testoncino tribale. Ma poi mi sono detto: perché non osare un po’ oltre? Mal che vada, caccio tutto nella stufa, come doveva essere fin dall’inizio. Ecco allora che ho azzardato una sbozzatura dei tratti somatici. Come dicevo, sono tutt’altro che padrone della tecnica e tanto meno degli esiti figurativi, per cui il testone che lentamente affiorava dalle mie limate era per minima parte voluto, e perlopiù frutto dell’alea scultorea. Ciò nonostante, vi dirò che mi stava simpatico, mentre mi si sfarinava fra le dita, questo piccolo pelatino un po’ crucciato e con le sue fattezze arcaico-selvagge. I dettagli del naso e delle orecchie, pur nel limite degli esiti ottenuti, si sono rivelati molto impegnativi da tratteggiare. L’ironia è sempre in agguato, e fra le cose un po’ ridicole nel mio procedere scultoreo, c’era anche il fatto che a forza di limare e grattare, questa capoccetta mi ricordava sempre più un vago ghigno mussoliniano. Niente di più lontano dalle mie intenzioni, ovviamente, ma questi sono gli inconvenienti di essere un casual-artista.
Un momento estetico decisivo per la mia piccola opera, è venuto col taglio di un breve tratto della base, in modo da far sì che la figura si reggesse in verticale. Incoraggiato dai significativi passi avanti compiuti, ho deciso di tentare l’inosabile: realizzare una piccola manina alla sommità del ramo minore che si dipartiva a lato della testa (pensando nel frattempo fra me e me: «…Vai: questa è la volta buona che sbatto via tutto!...»).
E la mia audacia è stata premiata. Anzi, qui vi devo segnalare un breve episodio zen, occorsomi proprio durante i tentativi di accennare la sagoma di questa manina. Per evitare di aggravare altresì i rimandi mussoliniani, mi ero imposto di evitare di fare una manina completamente dritta e sparata in alto (e ci mancava pure il saluto romano, porc la misoir!). Ho allora sagomato questa mano con le dita decisamente ripiegate, quasi ad un uncino. Ma poi, in un maldestro tentativo di raffinazione formale, mi è scappato uno colpo di scalpellino cinese, ed ho troncato di netto tutte le quattro dita uncinate. Lo sconforto, sul momento, è stato grosso. Son stato lì lì per segare tutta la manina e far finta che in quel punto non ci fosse mai stato niente, se non addirittura di andarla a sbattere nel canale di Livorno, emulo di Amedeo Modigliani. Per di più, l’incidente aveva portato anche sardoniche conseguenze: ora il rimasuglio di manina pareva veramente sparata verso l’alto. Oltre al danno bastardo, la beffa porca.
Ma vi accennavo ai risvolti zen di questo malaugurato inconveniente. Superato il primo attimo di disappunto, ho guardato meglio il moncone rimasto e ci ho visto dentro una possibile evoluzione, in meglio, della manina lignea. E così è stato. La manina mi è riuscita con ancor migliori dettagli di prima, leggermente ripiegata, come in un gesto di saluto gentile, o in un tentativo blando di aggrapparsi a qualche appiglio. Da una fase di crisi, era scaturito qualcosa di meglio. Mi è sembrato tutto molto zen e molto degno di riflessioni.
Completando la mia seconda impresa da “scultore dell’Improbabile”, nonché casual-artista, ho verniciato poi ben bene le superfici lavorate, lasciando al naturale invece i tratti di corteccia superstiti. Alla fine, ho pensato a due diversi titoli, da assegnare all’opera. Il primo, più ufficiale e serioso è «Crisantropos»: un omino della crisi, al tempo stesso mezzo crisalide e mezzo simulacro umano che si divincola dalla costrizione vegetale, per rinascere a nuova forma. Il secondo titolo (o sottotitolo), rendendo omaggio al senso dell’ironia che non deve mai mancare nelle corde di un casual-artista, suona invece così: «Benny day on ice». Non ve lo spiego, ma si sarà capito che il riferimento alle vaghe mussolinità emerse nel corso della lavorazione, non è casuale.
Ed ora, dandovi appuntamento alla prossima creazione (se ci sarà), vi saluto con alcuni scatti del «Crisantropos» concluso, o quasi.
4 commenti:
gilli, sei fantastico! bravo per la tua manualità assolutamente artistica e troppo fervido nella fantasia... è chiaro che il secondo titolo è quello che rende efficacia all'opera già di suo riuscitissima. grazie anche di tutti i passaggi illustrati. una fonte inesauribile di sorprese! :) baci
@->Maria Rosaria: grazie, cara EmRose, sei troppo gentile :-) Con questa mini-attività da sgrattatore di legno, ho scoperto una fonte di delizie estetiche inesauribile :-) Non importano tanto gli esiti, credo...l'importante sono i bei momenti passati a vedere emergere la sagoma dal legno...è una roba di pazienza, ci vuole tempo, ed è una roba concreta, vera...tutte cose che fanno bene allo spirito
:-)
Sono molto lieto di aver incontrato il tuo gradito gradimento :-) grazie ancora di cuore per le bellissime cose che mi hai detto :-)
Bacini levigati :-)
Genius!
Io al tuo posto penserei realmente di metterli in vendita, ci potresti guadagnare!!!
Bacini " verdoni"
@->Marisa: ehehehhee, grazie Mari, è una buona idea...magari se ne farò altri, e quando avrò un catalogo fornito, ci posso fare un pensiero...:-)
Già me l'immagino la scena, nei salotti vip, ai party più esclusivi: "...Aaahhhh...un Gillipixel del 2013...sublime!...a incu...ehm...folgorato anche te? Divvvinooo il Gilli!!!..." :-D
Ciao Mari :-)
Bacini mercantili :-)
Posta un commento