sabato 20 dicembre 2014

Ma robe da nutria! - "Estetica"



Nella caterva di contraddizioni scaturite dall’incontro-scontro fra la cultura della mia terra (pianura padana, in particolare "la Bassa") e l’avvento della modernità, ce n’è forse una che metaforicamente, e al tempo stesso anche concretamente, le riassume tutte: la presenza della nutria. Questo molesto (suo malgrado) animaletto incarna con la sua peculiare vicenda l’insieme delle storture derivate dall’ipertrofico produttivismo, che pur tanti benefici ha portato in termini di benessere a questa parte di stivalone Italico. 

Se volessimo azzardare una similitudine tragicomica (lo dico in modo scherzoso e lo sottolineo tre volte: di questi tempi, chi scherza viene spesso frainteso), potremmo dire che dare in mano trattori, mungitrici, diserbanti, presse e gran macchinari agli artigiani e ai contadini padani, ha comportato in qualche modo implicazioni antropologiche simili a quelle introdotte da bazooka e kalashnikov in mano ai guerrieri tribali africani. 

Una possanza lavorativa che fino ad allora era stata contenuta entro i limiti imposti dalla fatica, si è sprigionata come una poderosa reazione atomica a catena. Ne sono derivati vantaggi, sviluppo e ricchezza straordinari. Ma anche un sacco di deformazioni, dissonanze ambientali, umane, sociologiche e, non ultime, anche psicologiche. 

In tutto questo scenario, cosa c’entra la nutria? Anche lei è uno dei frutti amari cresciuti sui rami dell’Albero della Gran Forzatura. Alcuni anni fa, qualche furbacchione aveva sognato di fare soldi con la sua pelliccia. Non si rivelò poi quel gran business. Con ancor maggiore furbacchionità allora, si pensò “bene” di disfarsi di quelli che si erano rivelati solo degli ingombranti esemplari, liberandoli in aperta campagna. La nutria, nome scientifico Myocastor Coypus (per gli amici anche Mastonotus, Myopotamus, Potamys, oppure semplicemente castorino), è originaria del Sud America (“nutria” è alterazione spagnola del latino “lutra”, ossia lontra), e a parte il fatto che ama stare vicino a corsi d’acqua e canali, con la pianura padana non avrebbe proprio niente a che fare.

In poche parole, da queste parti non ci dovrebbe stare. E, se posso interpretare le sue eventuali volontà (che non ha mai espresso in modo palese, ma sono intuibili), nemmeno ci vorrebbe stare. Ormai che è qua, dato che ce l’hanno messa, lei tira a campare sfruttando tutte le caratteristiche territoriali più consone alla propria natura. Ma rimane pur sempre un simbolo evidente dello spaesamento etologico, della decontestualizzazione faunistica forzata dall’uomo. 

Era abituata ai vastissimi spazi delle semiselvagge prateria dell’America latina e si ritrova nella super antropizzata e circoscritta pianura padana. Appartenendo grosso modo alla grande famiglia dei roditori, non si è fatta certo pregare per riprodursi e il suo numero aumentato oltremodo entra inevitabilmente in collisione col numero altrettanto cospicuo degli umani. Risultato: nutrie e uomini non si sopportano a vicenda, si guardano in cagnesco (o meglio in nutriesco) ciascuno abbarbicato nella ristrettezza di una risicata coabitazione. Le prime fanno il loro normale mestiere di nutrie, ma questo rompe le balle ai mestieri umanoidi.

Si è innescata così una guerra per lo sradicamento dell’intruso avventatamente invitato al banchetto ambientale, ma finora né le trappole, né i fucili, né gli innumerevoli stiramenti sotto i copertoni delle auto, hanno potuto nulla di nulla. La vecchia Potamys continua a portare in giro la sua stridente pelliccia per campi, fiumi, fossi e rigagnoli, stonando da par suo l’interpretazione dello sgangherato spartito pseudo-naturalistico che le è stato affibbiato.

Ho pensato che da tutto questo, poteva nascere una serie di strisce simil-fumettistiche. Dico “simil”, perché non ho certo io le capacità per disegnare fumetti. Però l’intenzione va in questo senso. Protagoniste saranno proprio le nutrie. A partire dal mitico capostipite, Nonno NutriUno (lui sostiene di essere ancora uno dei vecchi venuti dal Sud America), conosceremo altri personaggi castorineggianti, tutti numerati per bene, come vuole la serialità dell’anonimato che si addice all’animaletto in questione. Subito appresso verrà Nonna NuTre, e via via aumentando di numero, avremo a che fare con le giovani leve dell’esercito nutriale. Saranno degli osservatori ironici appunto della realtà stonata da cui sono circondate.

Oltre al criterio secondo cui a cifra più alta, corrisponderà Nutria più giovane, il numero sarà scelto anche per la sua proprietà di armonizzarsi sonoramente al prefisso “nut” o “nutr”. E’ uno dei tanti esperimenti nati fra le righe di Andarperpensieri. Non so se avrà un seguito, ma di sicuro un inizio ce l’ha. Eccolo qua:

(…Ah, dimenticavo…la serie s’intitolerà: - Ma robe da nutria! -…)

 
 


2 commenti:

Kika ha detto...

Ma è un'idea fantastica!! E a quanto vedo hai fatto disegni molto ben riusciti, con un loro stile particolare e riconoscibile... non mi intendo di fumettistica, ma mi spingo a dire che in queste scene dai tratteggi essenziali e pixellati (anzi... gillipixellati ;) si può cogliere l'essenza della pianura coi suoi ampi spazi semi-degradati da - appunto - i capannoni industriali. Capisco la sensazione perché faccio anch'io parte della Padana ed anche nella "Alta" è la stessa storia, nutrie comprese :) A me poverine stanno simpatiche (alle mie amiche invece fanno ribrezzo perché dicon che sembrano topi giganti), non vedo l'ora di scoprire tutta la serie che hai inventato su di loro! Sapevo che non erano autoctone ma la storia dettagliata la scopro ora grazie a te. Loro fanno solo ciò che è nella loro natura, gli umani invece prima le hanno portate qua per sfruttarle e adesso si lamentano delle conseguenze...

Gillipixel ha detto...

@->Kika: che bello Kika che ti piacciano le nutriette :-) eh, sì...sono animaletti molto problematici e contraddittori, loro malgrado...mi sono sembrati una metafora molto efficace per mettere in risalto certe storture...l'unico rischio, che cercherò di evitare, è quello di cadere nella retorica o nel saccentismo :-) mi piacerebbe percorrere di più la via poetica e surreale :-) spero di riuscire...sono un work in progress, vedremo :-)

Come bestioline in sé, provocano le reazioni più varie...ma credo che molta dell'ostilità di cui sono fatte oggetto, derivi dal fatto che danno fastidio, pur non volendolo loro direttamente...quello che non dobbiamo mai dimenticare è che loro sono sempre lì a proclamarci in faccia: NOI NON CI VOLEVAMO VENIRE QUI!!!!!! :-)

Il punto nodale è tutto qui :-)

Grazie Kika :-)

Bacini etologici :-)