venerdì 9 ottobre 2015

Le muse di Kika van per pensieri: Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938)


Dopo un periodo di sospensione, ritorna “Le muse di Kika van per pensieri”, classica rubrichetta per grandi e piccini, di arte, moda e invenzioni fisiognomiche assortite. Per questa ripartenza, Kika ha scelto un quadro del pittore tedesco Ernst Ludwig Kirchner (Aschaffemburg, 1880-Davos, 1938), intitolato “Scena di strada”. Dunque, abbiamo visto finora tanto “Impre”-ssionismo, per una volta parliamo invece di “Espre”-ssionismo.

Il discorso sull’Espressionismo sarebbe lungo e molto complesso. Come sempre, proverò a dire due cose veloci, premurandomi, se possibile, di non scrivere troppe boiate, ma soprattutto avvalendomi del supporto di fonti autorevoli. 

Impressionismo ed Espressionismo non sono due tendenze artistiche “contrapposte”, come magari si sarebbe portati a pensare. Essi sono bensì due movimenti di ricerca formale e conoscitiva “complementari”. In parole povere, sono come le due facce di una stessa medaglia, e questa medaglia si chiama “realtà”. 

Al proposito, chiamo in aiuto il mio classico nume tutelare dell’arte, Giulio Carlo Argan, che in poche parole sa sempre dire quanto personalmente non riuscirei a spiegare nemmeno in dieci libri: 

«…Letteralmente, “espressione” è il contrario di “impressione”. L’impressione è un moto dall’esterno all’interno: è la realtà (oggetto) che s’imprime nella coscienza. L’espressione è un moto inverso, dall’interno all’esterno: è il soggetto che imprime di sé l’oggetto. E’ la posizione, antitetica a quella di Cézanne, assunta da van Gogh. Nei confronti della realtà, l’Impressionismo manifesta un atteggiamento “sensitivo”, l’Espressionismo un atteggiamento “volitivo”, talvolta anche aggressivo…[…]…L’Espressionismo si pone come antitesi dell’Impressionismo, ma lo presuppone: l’uno e l’altro sono movimenti realisti, che esigono l’impegno totale dell’artista nel problema della realtà, anche se il primo lo risolve sul piano della conoscenza ed il secondo sul piano dell’azione…».

Un altro grande “meccanismo” comune ai due movimenti (e che sta a fondamento di tutta la rivoluzione dell’arte moderna) lo possiamo ritrovare nello scardinamento della prospettiva. La prospettiva forniva un punto di vista del mondo solo in apparenza realistico, ma a tutti gli effetti, fortemente idealizzato. Col suo rigoroso inquadramento del “visibile” in un impianto teorico matematico-geometrico, la prospettiva è quanto di più lontano da un confronto sensibile con il reale si possa concepire (e tra l’altro, intorno a questo fatto si giocano numerosi equivoci interpretativi, riguardo alla presunta incomprensibilità dell’arte moderna, contrapposta ad un altrettanto supposta immediatezza di quella classica-antica).

Tutti questi elementi si possono leggere nel quadro di Kirchner, oggetto della nostra odierna puntata. La realtà ritratta dall’artista tedesco non è solo semplice risultato di una presa di coscienza del dato visivo e del momento vissuto. Come spiega ancora Argan, il dato creativo fondamentale «…per gli artisti della “Brücke” [il gruppo degli Espressionisti tedeschi col quale Kirchner operò] è un romanticismo profondo come condizione intensa, esistenziale dell’essere umano: l’ansia di possedere la realtà, l’angoscia di essere travolti e posseduti dalla realtà che si affronta…[…]…al realismo che “imita” si contrappone un realismo che “crea” la realtà. Per essere creazione del reale l’arte deve prescindere da tutto ciò che preesiste all’atto dell’artista: bisogna ricominciare dal nulla…[…]…l’immagine non è, si fa…».

Consapevole di aver dato solamente una leggera spolverata all’argomento Espressionismo, passo ora alla ricerca di volti noti da abbinare al soggetto femminile del dipinto di Kirchner. Stavolta siamo di fronte a un caso molto particolare. Un po’ per la forte deformazione, un po’ per la scarsa risoluzione della foto trovata, sarei solo il più gran trombone millantatore fra i detective fisiognomici, se pretendessi di spacciarvi per somiglianze, gli accostamenti che vi andrò a proporre. Diciamo che sono vaghissime suggestioni somatiche, ispirate più che altro dal clima di un’epoca. 

La prima è la classica fra le classiche delle dive del cinema:


Cosa ve lo dico a fare? Siamo di fronte niente meno che a Greta Garbo…

L’altro viso è altrettanto glorioso, anche se magari meno noto:



Si tratta stavolta di Brigitte Helm, che prestò il suo magneticissimo sguardo al capolavoro del cinema (manco a dirlo) espressionista, Metropolis (1927) di Fritz Lang.

E anche per stavolta non mi resta che darvi appuntamento alla prossima puntata e salutarvi. Non prima però di avervi ricordato di fare un salto sul blog di Kika, per vedere come la nostra maghetta modaiola preferita ha riabbigliato con la sua usuale sapienza, la fatalona di Kirchner.


2 commenti:

Kika ha detto...

Ripartenza alla grande e come sempre, magicamente, senza sovrapposizioni! :D

Le tue riflessioni mi hanno portato a capire un fatto (o forse a esprimere con parole mie ciò che hai già detto tu): la realtà degli Espressionisti - e di tutti i pittori che non cercano solo di copiare il visibile - è la stessa realtà degli Impressionisti, dei Realisti e dei classici, solo che è percepita e rappresentata ad un livello più profondo. Un livello in cui traspaiono le emozioni (di chi guarda e di chi è guardato); e chi potrebbe dire che le emozioni non sono una cosa reale? Il passo successivo lo compiono i Surrealisti rendendo visibile tutto un universo inconscio, ancor più sottile da percepire ma anch'esso reale, a suo modo, nella profondità della nostra psiche. È come se la pittura avesse percorso un cammino di disvelamento sempre più attento e accurato: i classici cercavano l'armonia delle forme e della prospettiva (i Realisti poi non disdegnavano anche gli aspetti meno edificanti della realtà), gli Impressionisti miravano a fermare sulla tela gli effetti più sottili del visibile e degli altri sensi, e così via... Probabilmente se si guarda la cosiddetta "arte primitiva" si può saltare tutto ciò e arrivare subito al cuore della questione (ad esempio pensa a certe maschere tribali: pura espressione di simbolismo ed emozioni!).

Dulcis in fundo: Greta Garbo splendida sosia, soprattutto pser taglio degli occhi e rossetto scuro! L'altra non la conoscevo, vedo meno somiglianza ma la chicca del cinema espressionista ci sta a pennello ;)

Gillipixel ha detto...

@->Kika: il tuo commento è una perfetta chiosa a quanto ho scritto, Kika :-) anzi, ne è la naturale continuazione...infatti, non potevo riportare tutto l'Argan :-) ma senti come proseguiva il suo ragionamento, dopo aver detto di Impressionismo e Espressionismo come movimenti ancorati al reale: "...Si esclude invece l'ipotesi simbolista di una realtà al di là dei limiti dell'esperienza umana, trascendente, che si può soltanto intravedere come simbolo o immaginare nel sogno..."...è proprio come hai sottolineato tu...

Poi che le emozioni e tutto l'apparato dell'interiorità siano a loro volta elementi del reale, ne sono convinto anche io...ma per arrivare a questa consapevolezza è stata necessaria tutta una maturazione della modernità...

Anche se, è pur sempre vero che il "discorso" generale di tutta la storia dell'arte è rappresentato da una grande ciclicità che continuamente si richiama, si ripercorre, si ripete, si rinnova nell'uguale, e così via...(non a caso citi l'arte primitiva, che fu una delle fonti di suggestione primaria per i Fauves e Die Brücke...)...

Riassumendo con una frase super sintetica (al limite del discorso da bar :-) possiamo dire che questo avviene perché l'uomo è stato fin da subito se stesso e non ha mai cessato di esserlo :-)

La ricerca fisiognomica era stavolta un po' sui generis :-) ma credo anche io che Greta Garbo non ci stesse male :-)

Grazie per il bellissimo commento :-)

Bacini sui generis :-)