martedì 19 giugno 2012

Bartolomé Esteban Murillo: nel flusso della vita

Quando, in altre occasioni, vi ho parlato di grandi maestri della pittura, di geniacci delle arti visive, l’ho fatto quasi sempre cercando di sviscerare retroscena più o meno filosofici della loro opera.

La pittura, così come la scultura, o il cinema, ma anche la letteratura o la musica, tutte le arti insomma, “argomentano” attraverso canali sensoriali più o meno immediati. Il ruolo giocato dai sensi, a seconda della disciplina artistica in questione, è piuttosto variabile.

Un dipinto, ad esempio, può parlare solo attraverso risorse sensoriali visive: senza linee, colori, luce, il pittore è muto. Nella letteratura, la risorse sensoriali visive divengono invece accessorie oppure soltanto evocate indirettamente: ovvio, rimane fondamentale l’atto di poter guardare le parole sulla pagina, ma loro componente primaria è il “beneficio espressivo” offerto da un corredo di concetti, immagini, significati, già ampiamente codificati nel linguaggio, aspetto questo che nelle arti visive rimane invece sempre più indefinito, sfumato, inafferrabile. Una pagina scritta può restituire anche molto vividamente una scena osservata nella realtà, un oggetto toccato, un odore annusato, ma lo fa sempre attraverso lo strumento incolore ed indiretto delle lettere dell’alfabeto.

Il pittore dunque, per giungere ad esprimere compiutamente le proprie intenzionalità artistiche, deve saper mettere in gioco ogni volta sia un “talento sensoriale diretto” (mentre lo scrittore lo sfrutta indirettamente), sia l’acuità della ragione unita alla felicità dell’intuizione, tanto più valida quanto più geniale.

Laddove ragione e intuizione supportano il carico filosofico della poetica dell’artista “visivo”, il “talento sensoriale diretto” (l’abilità di far dire al pennello ciò che si intende dire, di mettere giù fisicamente il colore sul supporto) è invece lo strumento “non mediato” per arrivare ad esplicitare, praticamente sulla tela, questa componente filosofica.

Altra cosa ancora, per fare un diverso esempio, è il cinema, dove le cose si rimescolano ulteriormente: qui l’immediatezza dei sensi gioca una parte fondamentale ed articolata su diversi piani, molto più che in un romanzo, per dire. Il regista si può avvalere di componenti sensoriali immediate (le immagini, i suoni) ma anche mediate, ad esempio la parola parlata, eventualmente anche quella scritta, oppure la musica.

Ma perché mi sono avventurato in una simile disquisizione introduttiva che, al di là della pretenziosità paludata con la quale ho cercato di dipanarla, magari cela sotto sotto poco meno di una caterva di ovvietà?

Tutto per raccontare due parole su un pittore spagnolo dal XVII secolo, che fino a pochi giorni fa quasi nemmeno conoscevo: Bartolomé Esteban Murillo (Siviglia, 1617 – Cadice, 1682). Anche questo autore l’ho scoperto grazie ai bei volumetti dell’editore Skira, che escono abbinati al Corriere della Sera. Alcune sue opere, non molte a dire il vero fra le diverse riprodotte, mi sono suonate subito familiari, mi “parlavano”.

Donne alla finestra - 1655/1660

Bambino con cane - 1660

Altre invece, la maggior parte, suonavano un po’ convenzionali, dicevano il “già detto”. Ma cercando di approfondire i loro significati attraverso l’apparato critico e di commento, sono rimasto leggermente deluso. Nei testi relativi alle riproduzioni delle opere, a parte dati perlopiù biografici e storici, non veniva detto nulla di eclatante riguardo ai contenuti. Sì, ci sono cenni ad aspetti tecnici, sottolineature riguardanti la struttura compositiva delle opere, l’uso della luce, e così via. Ma nulla, o molto poco, si dice riguardo all’«idea della vita» espressa da Murillo coi suoi lavori. Il nucleo innovativo del suo “discorso filosofico”: è questo che si fatica ad evincere.

Come mai, mi sono domandato allora? In parte, me lo sono spiegato notando come Murillo sia un tipo di artista inserito abbastanza mimeticamente nella tradizione della sua epoca, quella Barocca. Il nucleo filosofico del discorso di Murillo segue la scia delle tematiche del proprio tempo, senza la pretesa di affermare novità particolarmente rivoluzionarie. I soggetti di Murillo sono spesso ispirati a tematiche religiose: in questo si accontenta di non dire filosoficamente nulla di nuovo, è perfettamente allineato alla tradizione.

Certe sue rappresentazioni sembrano il prototipo perfetto del santino della Prima Comunione o della Cresima.

Il buon Pastore - 1655/1660

Dove si cela allora la sostanza dell’enigma artistico di questo autore iberico così poco preoccupato di infrangere il “codice pittorico” del proprio tempo? Dov’è che, pur restando un autore minore rispetto ai grandissimi della storia dell’arte, nondimeno sa dire conoscitivamente qualcosa di nuovo?

A me sembra di poter rispondere che questo accade quando Murillo si discosta dall’ufficialità tematica delle sue opere a sfondo religioso, affrontando soggetti all’apparenza più ordinari. In quei casi, è lo stesso “talento sensoriale diretto” di cui si dimostra capace, che si carica di tutta l’energia filosofica della sua poetica. Con una rara sensibilità esecutiva, Murillo sa cogliere il flusso della vita nel suo scorrere, “semplicemente” fissando sulla tela l’ineffabilità di certi momenti quotidiani. Raramente in altri autori (seppur facendo riferimento alla mia limitata conoscenza), ho ritrovato una capacità così viva di cogliere l’essenza dei sorrisi, degli sguardi d’intesa fra i personaggi, il moto impalpabile di energia umana (o addirittura, spesso anche fra umani ed ineffabili cagnetti…) che si trasmette da individuo ad individuo attraverso il reciproco osservarsi, oppure dai personaggi verso chi osserva il quadro.

Bambini che mangiano uva e melone - 1650/1655

Lo stesso si può dire per la vitalità dei piccoli gesti ritratti. Sembra quasi di sentirlo uscire dal dipinto, celato sottopelle, nelle braccia, nelle gambe, nelle mani, negli sguardi di queste donne o di questi bambinetti che si spulciano, sbocconcellano frutta, contano soldi, si sorridono e ci sorridono, sembra quasi di poterlo sfiorare nella sua fuggevolezza, il flusso di dinamismo da cui sono percorsi.

Bambino che si spulcia - 1654/1650

Non ci sono verità filosofiche sottostanti, da portare a galla col gesto pittorico. Il gesto pittorico stesso è vitalità nel suo farsi: la verità filosofica in questo caso sta nel gesto pittorico stesso, in quello che ho definito prima “talento sensoriale diretto”.

Giovane fruttivendola - 1670-1675

E dove la freschezza di questa quotidianità viene felicemente innestata nei soggetti religiosi, essa riesce a trarre fuori dalle vischiosità della retorica e dell’ufficialità anche quelle scene.

Sacra Famiglia con uccellino - 1650

“Di genere”: così viene definita questa tipologia di dipinti, con espressione un po’ convenzionale che ingiustamente rende loro poco merito.

Ma è proprio nella mancanza di convenzionalità, nella ufficiosità dello sguardo lanciato sui fatti della vita, che risiede la forza pittorica di queste opere. Murillo è insomma a mio avviso un artista che dà il meglio di sé nelle occasioni in cui “si fa tutto pennello”: non ci annuncia sconvolgenti novità filosofiche riguardo ai significati della vita (per questo “capitolo” si affida con chiarezza alla parte formale del messaggio religioso), ma ci mette a disposizione la propria sensibilità pittorica, la sua “sapienza sensoriale”, per cogliere tutta la pregnanza di piccole molecole di esistenza, che elevate in questo modo al di sopra della contingenza aneddotica, assumono un certo qual sapore di universalità.

4 commenti:

Rosa ha detto...

In effetti non sono affatto sicura che al tempo non fosse sorprendentemente moderno e nuovo: i suoi quadri sono una anticipazione dello scatto fulmineo dell'obiettivo fotografico, che ruba istanti alla realtà (quella "sacra famiglia con uccellino è soprendente.") D'altra parte poverino, senza nessuna colpa è anche il padre di tutti i quadretti di contadinelle e piccoli mendicanti che impestano le trattorie e le sale d'aspetto di tutta Italia..

Gillipixel ha detto...

@->Rosa: è proprio questo che mi ha sorpreso di più in Murillo, cara Rose :-) da una parte sa essere quasi stucchevole, tanto sono convenzionali certe sue scene ed il modo di renderle...nei casi segnalati invece, sa suscitare una freschezza d'immagine sorprendente, una bellezza lieve, cristallina come l'acqua di una fonte montana :-)

C'è da aggiungere che anche nelle opere che ho riportato, il pericolo di cadere nella convenzionalità era altissimo, ma lì non succede...insomma, una bella scoperta per me questo pittore :-)

Bacini cristallini :-)

MR ha detto...

molto interessante, gilli, per me che di arte mastico quasi niente. una bella illustrazione la tua, esplicativa e accattivante. grazie della bella lezione. baci

Gillipixel ha detto...

@->Maria Rosaria: eheheheh :-) Grazie mille, EmRose :-) a dire il vero nemmeno io ne so tanto di arte :-) cerco di arrabattarmi con mie osservazioni fatte in casa :-)

La cosa che mi lascia sempre perplesso è che per quanto ci si sforzi, non si riesce mai a sfiorare nemmeno l'1 per cento di quello che si sente comunicare dall'opera in questione...il resto, il 99 per cento, è ineffabilità pura...altrimenti l'arte non esisterebbe :-)

Bacini esplicativi :-)