martedì 24 settembre 2013

Il gomito del barista


Forse sarà così anche nelle altre nazioni, in contesti culturali diversi dal nostro, ma certe volte si ha l’impressione che in Italia il morbo della “discorsite da bar” si manifesti con una virulenza particolarmente furiosa. Il fatto è che, se non si fa estrema attenzione alle sue insidie, si rischia di ritrovarsi immersi fino al collo nella palude mefitica della “sciatteria colloquiale”, quasi senza rendersene conto.

La “tuttologia irresponsabilizzante” è una sabbia mobile in grado di fagocitare ogni barlume di lucidità. La “discorsite da bar” è come una piovra paziente. Ti lavora ai fianchi e poi ti avvinghia. Chiunque è a rischio di ritrovarsi prima o poi stritolato fra le spire dei suoi possenti tentacoli banalizzatori. Basta abbassare la guardia per un momento, è sufficiente un lieve attimo di debolezza di fronte alle raffiche luogocomuniste di un discorsista da bar professionale, e ci si ritrova a sparare luoghi comuni immondi.

E’ paradossale pensare come l’umanità, dopo essersi arrabattata circa settant’anni con ogni mezzo per liberarsi dal comunismo, sia finita poi per buttarsi a pesce fra le braccia narcotizzanti del luogocomunismo. Il luogo comune è un flagello terribile, e può fiaccare il nerbo di un intero popolo. Nessuno può ritenersi immune, perché anche i più dotati di spirito critico e di capacità di approfondimento, dinnanzi ad un luogocomunista particolarmente agguerrito, finiscono per cedere, seppur momentaneamente, alla risacca del discorso ritrito, e per sfinimento si uniscono al coro, non fosse altro che per levarsi dai piedi quel gran fracassa maroni.

Non va dimenticato, d’altra parte, che uno dei più diffusi errori di chi tenta di difendersi dagli attacchi di un luogocomunista, consiste proprio nel cercare di controbattere i suoi stucchevoli luoghi comuni, con ragionamenti dotati di un minimo di costrutto. Niente di più sbagliato e fatale: il luogocomunista, toccato nel vivo con tentativi di ricondurlo alla ragione, si avvoltola e si contorce ulteriormente nella sua stessa possanza banalizzante. Come King Kong mitragliato dagli aerei sul pennone dell'Empire State Building (versione del 1933), non fa altro che avvinghiarsi ancor di più al suo fatale appiglio, vomitando dalla bocca sequele strazianti di “piuttosto che” utilizzati scorrettamente.

L’unico modo per superare indenni il flagello luogocomunista, consiste nell’adagiarsi nell’humus stesso in cui sguazza quel gran tuttologo della fregnaccia: non bisogna fare resistenza, ma annuire, assecondarlo e, nel caso, assestare anche due buone boiate in tono con l’ovvietà generale del discorso. Il bravo luogocomunista si ammansirà all’istante, beandosi di aver avuto conferma alle sue già incrollabili conferme.

Il problema è serio, insomma. Lo Stato dovrebbe fare qualcosa, prendere provvedimenti drastici. La diffusione del morbo è molto estesa, per cui forse servirebbe una terapia d’urto. Andrebbero istituiti dei “Circoli rionali di sfogo luogocomunista”. Il militante luogocomunista troverebbe in questi siti specializzati tutto il necessario per fiaccare la propria resistenza appiattente e cercare di ritrovare una nuova via al ragionamento individuale non ordinario.

Punta di diamante dei “Circoli rionali di sfogo luogocomunista” potrebbero essere le “Stanze del banalizzo-shock”. I militanti luogocomunisti più gravi verrebbero fatti accomodare su confortevoli poltrone, ad esse legati e costretti a vedersi vecchie edizioni di Studio Aperto e del Tg4 per ore e ore filate (per lo shock de luxe, sarebbero consigliate puntate condotte dall’Emilio Fede dei tempi d’oro in persona). Circa la validità della terapia, confortano numerosi esperimenti già effettuati nei laboratori dell’Anti-Obvious Insitute of Complexity: nei casi di intervento più drastico (es.: edizione del Tg4 speciale elezioni, in cui Fede appuntava bandierine rosse e blu sulla cartina dell’Italia, oppure il meglio del Tg5 diretto da Carlo Rossella), si sono registrate reazioni spropositate da parte dei soggetti trattati, con spasmodico desiderio di dover urgentemente correre a consultare, al termine della terapia, la «Critica della ragion pura» Kantiana, oppure l’opera omnia di Elias Canetti.

I “Circoli rionali di sfogo luogocomunista” sarebbero altresì dotati dell’apposito “Ovviodromo”, un locale dedicato a tavole rotonde, durante le quali ai partecipanti verrebbe concessa piena di libertà di dare il massimo di sé nei discorsi da bar che più “da bar” non si può. A furia di eccelsi fendenti di gran classe, del tipo «...la pena di morte ci vorrebbe, per chi sosta in divieto...», e stoccate magistrali come «...vengono qui per portar via il lavoro agli italiani...», «...tanto i politici son tutti uguali...», «...è tutto un gran magna magna...», i contendenti si fiaccherebbero fieramente a vicenda, uscendo prostrati sino al punto di non voler più sentire una frase scontata per un bel po’ di tempo. L’uso oculato dell’“Ovviodromo” sarebbe indicato soprattutto per chi soffre di forme lievi di luogocomunismo.

Il movimento poi sarebbe anche sostenuto mediaticamente attraverso il prestigioso quotidiano «L’ovvietà». Sulle colonne de «L’ovvietà», troverebbero spazio le più prestigiose firme del mondo del banale, da Alfonso Signorini in giù, con importanti editoriali dei migliori opinionisti del Grande Fratello e Domenica In. Di fondamentale importanza risulterebbe la concomitante attività di organizzazione periodica dei classici «Festival dell’Ovvietà», da svolgersi nel periodo estivo, con il contributo di tanti entusiasti volontari militanti luogocomunisti. Durante i «Festival dell’Ovvietà», verrebbe proposto il meglio della cucina popolare luogocomunista: saltimbocca alla frase scontata, stufata di uditorio, palle di ascoltatore frullate e ammazza originalità ai frutti di bosco.

Basteranno tutti questi fondamentali sforzi strategici per attenuare il clima da “Guerra fessa” scatenato dalla dilagante diffusione nazionale del luogocomunismo in ogni frangia del tessuto sociale? Solo la storia ci potrà dare una risposta, ma nel frattempo, guardatevi bene le spalle: un luogo comune non sembra mai troppo comune, fino a quando non ci si va a sbattere contro. E può rivelarsi più duro del muro di Berlino.

…ho forse detto un luogo comune?
 


8 commenti:

Marisa ha detto...

Caro Gilli come siam messi male.
Il bar è sicuramente lo sfogatoio del medioman in cui solo il luogo comune è il linguaggio più comprensibile e accomunante, per le donne invece il luogo di "confronto" gossipparo è dal parrucchiere.
I discorsi lì sono più leggeri, a carattere personale, vestono il facile pettegolezzo, sono donne, quelle, che soffrono per la mancanza di Emilio Fede dal tg e che nella terrificante situazione che tu immagini sguazzerebbero come mosche nel letame.
Mi hai fatto ricordare un film con Nino Manfredi "Anni ruggenti" in cui un povero rappresentante viene scambiato per un federale in incognito dalla comunità di un piccolo paesino di campagna ai tempi d'oro mussoliniani.
In questo film, il personaggio sotto l'effetto dell'alcol accusa gli astanti di un magna magna collettivo.
Il film è bellissimo e divertente se non lo hai visto ti consiglio di scaricartelo.
Insomma, in Italia questo mal costume come il qualunquismo e il luogocomunismo, mi sa che rientrano nel dna dell'italiano medioman che è in maggioranza.
Che tempi terribili stiamo vivendo, le guerre distruggevano i corpi ma oggi vengono distrutte le menti.
Poveri noi!
Bacini preoccupati.

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: proprio così, cara Mari, il flagello luogocomunista è tremendo, io ci ho scherzato su, ma è veramente un problema grande...il fatto è che non si sa come uscirne, sembra un destino irrevocabile...io credo che un antidoto efficace si potrebbe trovare in una maggiore diffusione della cultura umanistica, nell'amore per l'arte in generale, in primis della musica, per la bellezza della cultura alta...ma non è impresa facile, è come lottare contro i giganti possenti dell'ignorantamento universale :-)

"Anni ruggenti" è uno dei miei film preferiti :-) eccome se lo conosco, è un capolavoro assoluto, dice di più quella pellicola sul carattere dell'Italia di otto enciclopedie di sociologia :-)...ci sono gag memorabili, da storia del cinema...strabello :-)...la visita ai trulli, dove la vecchietta scambia mussolini per il brigante musolino ("...Ha accise tanta gggente..." AHAHAHAHHA :-)...le vacche da corsa che vengono portate da un allevamento ad un altro :-)...la demolizione delle case fatiscenti, con la prima picconata del sindaco (Gino Cervi, immenso!), che poi diventa una gara allo sfascio dei muri :-)...e poi la scena con Manfredi ubriaco, esilarante e terribile: "...a chi li sordi? A noi!!! A chi le caverne? A voi!!!..."...

Semplicemente un capolavoro :-) pero lo ridiano presto alla tele, lo voglio rivedere...o meglio, ripassare :-)

Bacini ruggenti :-)

Vanessa Valentine ha detto...

L'hanno fatto l'altro giorno su di una rete privata, Gilli, tipo Televenezia, e l'ho rivisto...grandioso.
Il luogocomunismo è fenomeno prettamente italiano (probabilmente lo praticheranno molte altre nazioni ma bene come noi, nessuna).
Siamo un popolo potenzialmente notevole ma lagnoso, bisogna rassegnarsi. Un po' chiagni e fotti, diciamo.
Chissà, dominazioni, scorrerie, papati, ducati, pirati...vedi tu. Non che gli altri popoli abbiano fatto sagra, eh.
La cosa triste, caro Gilli, è che dell'arte, della bellezza, della poesia e della letteratura a tanta gente non gliene frega niente, ma proprio niente. E' una vera verità. Magari un pezzettino così, piccino piccino, gli entra dentro, come una scheggia di cristallo, se e solo se tu riesci ad entrare in loro appena un po', con un minimo di cuore. Allora forse si aprono come rose, ed è bellissimo.
La gente come noi non può fare a meno di provarci, e lo sappiamo.
Comunque certe volte faccio finta di essere inglese, anche. Ecco. Giusto per non dover rispondere a domande luogocomuniste;))))
Bacini british.;)

Gillipixel ha detto...

@->Vale: ehehehhe, non ci avevo pensato, Vale, alla strategia del finto straniero come difesa dal luogocomunismo :-) può essere una soluzione, e non esente da una buona dose di divertimento :-)...

Mi sa che il tuo pessimismo in merito è abbastanza fondato...alla fine, dell'arte, della cultura, del sapere, ecc. a chi importa qualcosa? Ma come giustamente dici, noi continuiamo a crederci, forti del nostro utopizzare il libertà :-)

E forse io stesso, invocando quel tipo di antidoti, non ho fatto altro che dire un luogo comune...chi lo sa :-)

Probabilmente c'è una via alla Bellezza che non passa per forza dalla cultura più raffinata, ma da una cultura del vivere più generica, ma pur sempre profonda...si fa Bellezza anche sapendo fare bene il proprio lavoro, per umile che sia...il problema è che anche questi fondamentali elementari sembrano ormai vacillare tremendamente ed i Brutto impera sovrano, ci invade da Est, come un'ondata delle perfide schiere di Mordor (son quasi alla fine del Signore degli anelli...si vede? :-)

Pensavo anche: l'esempio dell'opera lirica...era uno strumento straordinario per avvicinare cultura alta e cultura popolare, di modo che, alla fine, si diffondeva Bellezza fra la gente e la società ne risultava un pochino migliore, sotto quel punto di vista...con gli strumenti di oggi, ci sarebbero mille possibilità (e in molti casi, sono sfruttati a dovere, va detto), ma per lo più ci si ostina a dare risalto al Brutto, al Banale, al Rimbecillente...mah...

Hanno dato "Anni ruggenti"?!?! Perché non mi hai telefonato?!?!...al che tu, parafrasando "Continuavano a chiamarlo Trinità", potresti rispondermi: "Perché io non ho il tuo numero e tu non prendi TeleVenezia" :-D...(l'originale era: "Perché non ci hai mai scritto?", "Perché io non so scrivere e voi non sapete leggere" :-)

Bacini utopici antiluogocomunisti :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Ahahah, vero Gilli, Trinità offre sempre perle di saggezza...comunque ho buone speranze che il film lo passino anche su una delle tue deliziose reti regionali...mal che vada, c'è sempre RaiMovie, pieno di pubblicità, ma tant'è. per Manfredi si sopporta...:))))))
La Bellezza, la Cultura, l'Arte...più invecchio e più mi rendo conto che sono lì, come pere mature sull'albero, cicciose e dorate, eppure in pochi allungano la mano (luogo comunissimissimo)....nel mio piccolo cerco di incuriosire la gente, divertirla, suggerire bei libri e musica e quadri...anche il popolare ben venga.
Qualche volta il semino cade nella terra fertile ed è un successone, per me.
La Bellezza regala tanta gioia e una vita con lei e le Sorelle non sarà mai vuota o noiosa.
Prendi Trinità: assolutamente pop eppure una delizia! E i film di Totò! Forse che non sono cultura? Altro luogo comunista (anche nel senso di lefty...):))))))
Tempo fa su Accidia si discuteva anche della bellezza del Brutto...e l'Ellenismo? e il Decadentismo??
Mah.
Al momento so soltanto che la Bellezza del qui ed ora è leggerti sorseggiando un gotto di prosecco...fantastica accoppiata!;))))))
Baseti venessiani (e anca trevisani, ciò).:))))))))

Gillipixel ha detto...

@->Vale: è una vecchia e dibattuta questione, Vale, come saprai denominata da Umberto Eco degli Apocalittici (coloro che sono solo per la cultura alta) e degli integrati (coloro che invece riconoscono dignità anche alla cultura popolare)...

Io mi sento piuttosto integrato, in questo senso :-) come giustamente dici tu, ci sono infinite perle di bellezza anche nelle produzioni culturali più "gastronomiche" :-)...che poi ci sono da tenere in conto infiniti fattori, non bisogna mai fare i manichei, che dividono ottusamente il buono dal cattivo in compartimenti stagni...prendi l'esempio di Totò: fece per una vita dei filmetti di bassa lega, ma un po' perché costretto dall'incomprensione che lo circondava...ma come ha dato prova negli ultimi tempi della sua carriera, era un artista di grande classe, di livello eccelso...

Anche se per noi, non c'era bisogno che desse queste prove: lo avevamo già capito fin dai tempi di Totò Tarzan (Capolavoro!!!) e di Totò Le Mokò :-)

Bacini integrati :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Totò è un capolavoro in ogni singola espressione che fa...qualche giorno fa ho visto "Signori si nasce", quando lui tira fuori il progetto del "tombone" di famiglia con tanto di scalone, giardini e fontane...ahahah...tutto il giorno qui a casa siamo andati avanti con quel suo accento arrotato da nobilotto, "vuoi vedere il Progetto?", con la erre moscia. Grandissimo.
Come prendeva per il culo lui...nessuno.:)))))))))
Bacini commediaitalianati.;)))))

Gillipixel ha detto...

@->Vale: non ho ben presente quella scena, Vale, anche se ho visto altri spezzoni di quel film...oltre ad Anni ruggenti, devo rivedere al più presto anche quello :-)

Totò mi è sempre piaciuto tanto, fin da quando ero un bimbetto...va beh, va detto che sono stato un bimbetto molto strano :-) ma questo è un altro discorso...i film di Totò non stancano mai, ti possono accompagnare per l'appunto durante tutte le età...da piccolo magari ti colpisce come maschera pura, per la sua fisicità...poi crescendo, capisci che è un attore eccezionale, che non è solo un comico, ma sa evocare un ventaglio di emozioni ben più ampio...

Sempre viva Totò, allora :-)

Bacini a prescindere :-)