Normalmente siamo immersi in un mondo di oggetti e di concetti perlopiù noti. A ciascuna di queste cose ed idee, siamo in grado di attribuire di volta in volta termini ben specifici, in modo da poter costruire discorsi intorno ad esse, servendocene all’occorrenza anche in senso pratico.
Esempio: se dico “il cane ha succhiato l’osso”, chiunque conosca la lingua italiana mi capisce; se mi sento dire: “prendi l’osso e portalo al cane”, so cosa devo fare (sempre ammesso che io abbia voglia di dare l’osso al cane, oppure che il cane gradisca l’osso, ma queste sono sfumature di dettaglio).
Il linguaggio è una delle nostre dimensioni vitali primarie. Esprimerci al meglio della correttezza dei significati e delle forme messi a disposizione dal nostro lessico e dal modo di ragionare comunemente accettato, ci fa sentire fieri di appartenere alla grande tribù degli uomini. A volte però il linguaggio può presentarsi con un leggero retrogusto di costrizione. Pur nel suo essere così variegato e malleabile, ci appare ingessato e legnoso, rispetto alla mancanza di limite dell’afflato creativo percepito interiormente. Ci sentiamo come entità infinite, costrette nel contenitore finito delle parole.
Cosa capiterebbe allora se d’un tratto ci ritrovassimo circondati anche da oggetti e concetti completamente nuovi, per di più denominati con parole altrettanto inaudite (nel senso di “mai udite”), ed il tutto s’andasse a mescolare all’interno del linguaggio noto?
Credo che in primo luogo verrebbe spontaneo attaccarsi all’affettuosità linguistica scaturita dai suoni delle varie sillabe. Successivamente ci renderemmo conto di stare facendo un’immersione in una sorta di “esercizio di libertà”. Un qualcosa di questo tipo:
*******
Appena alzato dal letto, quella mattina, mi sentivo piuttosto guffrezzato. Una tazza di ruberdiana calda mi ha aiutato non poco a sgobinzolarmi. Mia moglie insisteva perché rinunciassi al redumario in programma per la giornata, nella sede storica della Società Merfodiale di Surrenzio. So già che lei è un tipo leggermente scomperioso ed appunzale, per cui non ci ho fatto caso più di tanto, l’ho rassicurata con due ruzzelletti e mi sono avviato.
Le strade di Surrenzio erano più che mai ingorgate di sprudoi e miscolabiotici scoppiettanti. Come se non bastasse, il mio miscolabiotico faceva le bizze. Nell’officina di rigurberazione degli miscolabiotici, mi avevano avvertito che avrebbero potuto esserci problemi con il funzionamento dello screvolatore di vinza, ma in ogni caso il miscolabiotico non mi avrebbe lasciato a piedi. Per fortuna che i surrenziesi sono dei tipi alla mano. Sfoggiando sempre un luminoso grignardo sulla faccia, son soliti accogliere quel che capita con molta smerigliosezza, sgriggando via sui loro sprudoi appena possibile, oppure attendendo pazientemente finché non si è sbirizzito il muturiale di turno.
Giunsi con un lieve ritardo alla sede della Società Merfodiale. L’importante redumario dei misserbonzi sfirbarevoli era già cominciato. Groffo groffo, mi sono intrufolato nella grande sala gremita di misserbonzi, tutti solennemente agghindati nelle loro freddumelle d’ordinanza. Cercavo di passare inosservato, sfilando esperionevolmente dietro i banchi più lontani, quando: «…Arevorio Bertipiani!...» ho sentito tuonare con veemente guidomanzìa dal palco degli oratori. Oltre ad esser stato sgriminevolmente scoperto, avevo anche appreso di chiamarmi Arevorio Bertipiani.
«…Le sembra questa la biglianza di arrivare? E poi, con quale miniproria si presenta...» proseguì il Berifodario maggiore, altero e svettante dal suo decobievole scranno.
«…Chiedo umilmente miribanza, Sua Sedibosezza, sa com’è, con questi gruffreddori che ci sono in giro...» abbozzai io con malbigievoli parole. «…Va bene! Ora si sieda e ribergizzi con calma tutto il semigiobo della giornata...» mi ha rimbrottato ancora Sua Sedibosezza il Berifodario.
Per fortuna, uno dei pochi posti rimasti liberi era proprio vicino a dove stava già seduto quel miscobiante di Geppignolo Suprimivolzi, un caro vecchio amico, gran chiacchierone e conoscitore di mille sbirbonzi dei bei tempi andati. «…Ciao, Selbimolfo!...» mi ha sussurrato di soppiatto Geppignolo, rendendomi edotto nel contempo del fatto che avevo anche un soprannome. Poi si messo a raccontarmi di tutto, con la sua consueta simpatia, così che del semigiobo della giornata non son riuscito ribergizzare proprio un bel niente. Tanto lo so già che questi redumarii non servono proprio a nulla. Ma sapete com’è, il Berifodario ci tiene…e poi, con tutti questi guffreddori che ci sono in giro…
Rientrando a casa, ho fatto tappa al supermercato “Sviklibobi - Articoli vivi a prezzi vanitobi”. Ho fatto una bella provvista di marferotti, mentre al reparto siobicci ho preso un bel po’ di gamioli, e poi mi sono sbizzarrito al banco dei pechimorzi, dove ho preso un bel mucchio di silibranchi con siube, lepigiolli di Maribiana, scopiamulle, silibrotti e meribadiole.
Il redumario era durato meno del previsto, così mia moglie era ben lieta e rifrendata nel vedermi rincasare presto. L’ho aiutata a cucinare una cenetta con tutti i piatti che ci piacciono di più, quelli che ci fanno proprio limiborsare il perimargio: antipasto di scopiamulle, marferotti al sugo di silibranchi, frittura di lepigiolli, silibrotti e meribadiole gratinati, mousse di gamioli.
Dopo averci bevuto su vari bicchierini di Erermignòn invecchiato 10 anni, ci siamo stessi pirbidamente sul nostro accogliente divanone, con un film alla tv. Su Tele-Escoviale, davano un vecchio melibuorgio in bianco e nero, «Sette gherimoie viola per il gherimoiatore». Ce lo siamo proprio gustato insieme, abbracciati, facendoci anche tante billibonze a vicenda, durante la visione. Eravamo tanto imbelicciati e siprimoffi, che il sopore ci ha colti entrambi sui titoli finali. Ci siamo risvegliati dopo un’oretta, che non sapevo spiegarmi come mai una mia menibolfa era andata a finire dentro al binzimonio di lei, mentre lei mi teneva un gelifronzo fra le bimaie. Abbiamo sorriso della cosa, decidendo che forse era il caso di andare a proseguire la miscovualità sul nostro confortevole restimaio. Il memmibario che è successo poi…non sono cose da relibonzare rimirginevolmente in un piccolo viebifumento come il presente.
Forse si obietterà che una storia così piatta e rimorzale non meritava di essere scritta. E’ vero, una sequela tanto banale di rerifrotti e semaraburfi così insignificanti, probabilmente non si era mai sentita. Ma almeno, chi l’avrà letta si sarà fatto un’idea di cosa vuol dire trascorrere una giornata siedoboica.
4 commenti:
Joyciano! Totalmente, follemente joyciano.:)))))
Ho adorato "sbirbonzi",lo adotto nella lingua italiana e ci faccio la reclame!:)))))
PS: ma quanto Sant'Iddio di tempo ci hai messo a scriverlo, 'sto post, Gilli?;))))))))) Solo per inventarti le parole, eh. Il resto vien fuori come acqua sorgiva, as usual.;)))))
@->Vale: ehehehheeh, grazie Vale, mi fa proprio piacere che tu lo abbia apprezzato, perché conosco bene la tua maestria nel forgiare paroluzze simil-surreali teneroidali :-) In realtà, non ci ho messo molto a inventare questi miei neofollismi :-) anzi, credo che una regola fondamentale di questo gioco stia proprio nell'estemporaneità e nella tempestività dell'invenzione: la paroletta folle, rigorosamente nonsensuale, benché straripante di sillabe familiari, deve nascere quasi senza pensarci su, bisogna andarla a pescare praticamente nell'inconscio e spadellarla fuori così, appena sfornata, ancora calda di demenza :-)
Dirò di più: trovo che questo gioco abbia in sé un che di terapeutico...lo dico piano, perché non mi senta il primario della neuro :-) ma a volte, quando sento una particolare stanchezza mentale, mi metto a giocare mentalmente ai neologismi folli :-) sforno parolette a raffica, e di solito mi fa stare un po' meglio...
E' un'attività che consiglio di praticare anche fra amici, oppure, perché no, fra innamorati:
"...Cara, come sei smelifonzale stasera...quasi quasi, ti meslibberei tutta!..."
"...Oh caro, non dirmi così che mi selbimonzo tutta! Mi fai grevidorbiare il passigombo nel cerivuardo..." :-D
Vale, ti concedo molto volentieri lo stampo per coniare tutti gli "sbirbonzi" che ti aggradano :-)
Bacini limifoidali :-)
O Gilli, anche tu un fan di Lillo e Greg?
.http://youtu.be/nXXTyW37esA
Carissimo, i neologismi nascono con la frequenza di una gramigna a contaminare la purezza della lingua dei nostri padri, non mi stupirei quindi che la lingua italiana fosse reiventata come hai fatto tu, tanto ci si abitua a tutto e noi siamo un popolo di pecoroni.
Complimenti per l'impegno e per la fantasia sempre fertile.
Bacini sdrubolevoli. :-)
@->Marisa: non temere, Mari :-) il mio non era un tentativo, o una pretesa, di contaminazione della lingua italiana, che è bellissima e da rispettare nella sua correttezza piena, come nostro patrimonio nazionale più fondamentale :-)...era solo un giochetto, un divertimento estemporaneo...un giochetto che, secondo me, ci si può permettere solo se all'italiano si vuole molto bene :-)...molto simpatica la scenetta di Sei Uno Zero :-) Lillo e Greg sono due pazzi furiosi di gran classe :-)
Bacini ferdozonici :-)
Posta un commento