giovedì 14 novembre 2013

It’s a v-llludo?


Stavo meditando se fosse più fastidiosa una cazzuolata di puntine nascostamente calata nelle mutande da mano proditoria, oppure la foca con la voce della Littizzetto, quando sono incappato in un pensiero secondario.

L’obiettività.

Cos’è che è veramente obiettivo, a questo mondo?

Azzardando una risposta alla carlona (e anche un po’ alla ernestona), mi vien quasi da affermare: niente. Niente è obiettivo a questo mondo.

L’impressione circa una certa idea, che avevamo dato felicemente per assodata intorno al mezzogiorno del dì di festa, davanti al buonumore di un piatto di spaghetti fumanti, cotechino con purè, torta inzuppata alla panna, vini assortiti, caffè, ammazzacaffè, vacilla miseramente qualche ora più tardi, con lo stomaco in subbuglio per una troppo dilungata digestione, concomitante la mestizia per il volgere al termine dell’atmosfera festaiola.

Non soltanto ogni cosa, ogni evento, fenomeno, muta incessantemente di fronte alla nostra considerazione, ma queste continue mutazioni sono per di più in balia dei più svariati stati d’animo da noi attraversati.

A questo si aggiunga il fatto dell’incremento di esperienza, accumulata inoltrandosi di man in mano nel sentiero della vita, tanto che ad ogni passaggio del nostro tempo biografico in evoluzione, ci pare di aver vestito identità diverse, di essere stati persone differenti, di aver impersonato decine di ruoli e nemmeno tanto attinenti l’uno con l’altro.

Tutte queste considerazioni per giungere a concludere che è vero tutto, ed è vero anche il contrario di tutto? Che ogni cosa è falsa e vera nel medesimo momento? No, assolutamente niente di tutto ciò.

Il vero ed il falso, da qualche parte perlomeno, devono esistere, ed anche essere nettamente distinti. Ma quella distinzione, con la maggior cura filologica possibile per il termine, va ricercata appunto nel nome di una “obiettività” che intende il Vero come incessante “obiettivo” al quale tendere. Il Vero è oggetto troppo vasto per la piccolezza di sguardo del “conoscente”, che si deve perciò vestire di modestia suprema e navigare a vista tra verità parziali conquistate di volta in volta.

Non so come mai sono stato colto da simili bislacchi pensieri, e non so nemmeno se sono attinenti con i bei brani e citazioni che mi va di riportare di seguito. A mio avviso, una qualche attinenza c’è, e ci si può persino divertire ad andarla a stanare:

«…L’insignificanza, amico mio, è l’essenza della vita. E’ con noi ovunque e sempre. E’ presente anche dove nessuno la vuole vedere: negli orrori, nelle battaglie cruente, nelle peggiori sciagure. Occorre spesso coraggio per riconoscerla in condizioni tanto drammatiche e per chiamarla con il suo nome. Ma non basta riconoscerla, bisogna amarla, l’insignificanza, bisogna imparare ad amarla…».

La festa dell’insignificanza
Milan Kundera - 2013

«…Jung è […] persuaso che la psiche è così solidale con la storia da esserne profondamente attraversata e modificata. Questa variazione continua non consente una costruzione della psicologia come scienza esatta, ma un’attenzione ininterrotta alle sue mutazioni che sono decise dalla forma che di volta in volta assume la storia. Questa infatti, inaugurando delle idee dominanti e dei modi collettivi di vita di volta in volta diversi, modifica continuamente la natura dell’inconscio che si trova ad ospitare ciò che le varie epoche storiche rimuovono come non confacente alla visione del mondo che di volta in volta inaugurano. […] tra civiltà, che è cura dell’ordine intersoggettivo, e psicologia del profondo, che è cura dello scarto soggettivo, c’è rapporto e sguardo reciproco…».

Il gioco delle opinioni
Umberto Galimberti – 1989

E per far quadrare il cerchio di questa confusionale miscellanea di suggestioni sgangherate, mi piace concludere citando (per sommi capi) le parole di Philippe Daverio, riguardo alle opere di Pablo Picasso, in riferimento particolare a quelle più astruse del periodo cubista: «…Adoro Picasso, anche se il più delle volte non mi dice assolutamente niente…».

Così, mentre anche per oggi narrativamente mi accomiato, mi sento ancor più roso dall’amletico dubitare: è più intensa fonte d’attrazione per le legnate, la foca con la voce della Littizzetto, oppure George Clooney quando domanda: «…It’s a v-llludo?...».
 


4 commenti:

Vanessa Valentine ha detto...

Vince la foca, secondo me. Adoro la Litti, ma la foca è insopportabile. Una pianta grassa nelle mutande.:)))))
Pensa, Gilli, quando mi son comprata la macchinetta con le cialde ho preso la Nescafè perché la Nespresso era troppo fighetta e storpiava i nomi.:))))
...ma sarò fatta male...
Grandiosa la citazione di Daverio, più o meno è quello che provo io con la vita...;))))))

Gillipixel ha detto...

@->Vale: proprio così, Vale: la foca sbaraglia il campo :-) vince 10 a zero, è di una molestia suprema :-D anche a me piace la Litti quando fa i suoi monologhi, ma l'abbinata della sua voce con la foca mi ispira istinti fochicidi :-) e dire che sono un tipo mite e mi piacciono pure le foche (...e giuro che non c'è nessun riferimento al preclaro capolavoro della cinematografia anni '70, "W la foca" :-)...intendo proprio queste foche:

http://www.repubblica.it/ambiente/2013/11/21/foto/canada_i_cuccioli_di_foca_con_i_satelliti_in_testa-71519628/1/?ref=HRESS-13#1

saranno deliziose? Eppure, in versione Litti diventano intollerabili :-)

Hai fatto bene a boicottare il Giorgione biascicone lessicale :-) in generale, queste pubblicità dove le parole italiane vengono pronunciate all'americana mi fanno foneticamente imbufalire :-) l'italiano è una delle lingue più belle e melodiche del mondo, perché storpiarla e massacrarla in quell'immondo modo? :-)

Non voglio nemmeno ricordare l'orrore di Dustin Hoffman che parlava in italiano nelle pubblicità del panettone, suonando come un minus habens di mezza tacca :-) ma perché buttano la loro immagine alle ortiche così alla carlona? In due secondi, rovinano ore ed ore di capolavori cinematografici...bah... :-)

Sai Vale, che più passa il tempo, più mi convinco che capire non serve a nulla? :-) Picasso docet :-)

Bacini cubisti :-)

Vanessa Valentine ha detto...

Ma che faccette, le fochine! Con quegli occhioni neri, umidi ed enormi...io me le sbaciucchierei, giuro.
:)))))))
Immaginavo la tua battuta sul W la foca...:))))))))
Quasi quasi la scrivevo pure io, è un caposaldo dei ruggenti '70...:)))))))))))
Tutte le pubblicità della Tim sono moleste, salvo soltanto il pinguino (Elio, per forza), l'orso era insopportabile uguale. E sì che Abatantuono lo adoro...
Usano l'italiano perché fa fine e raffinato, mi sa...e la cosa dovrebbe farci piacere, immagino, se non si inventassero termini terrificanti.:))))))))
Capire non serve davvero a nulla, Gilli...io sono passata, per questo, alla pura comunicazione non verbale con piante ed animali, alle sensazioni, al tattile e agli odori...e non me ne pento. Certo, la gente dice che sono illogica ma, beh, non si può fare una frittata senza rompere le uova...;))))))

Gillipixel ha detto...

@->Vale: ehehehhee, visto, Vale, che temere le fochine satellitari? :-) porta pazienza, ormai certi riferimenti anni '70, più o meno pecorecci, mi scattano automatici come meccanismi ad orologeria :-)

L'orso abatantuonesco, ti dirò, non mi dispiaceva così tanto...era sempre una boiata immonda, questo è assodato, roba da galera per quel frescone che l'ha ideato, ma proprio per quello, proprio perché era talmente stupido da superare il muro del suono dell'idiozia, beh, in qualche modo mi procurava quella meraviglia che ti spinge a domandarti: ma davvero la stupidità umana può spingersi fino a questi estremi? :-) Ecco, era come trovarsi di fronte ad un portento sovrumano di coglionaggine :-) in questo senso lo "apprezzavo" :-)
Certo, non è che l'umanità ne sentiva poi così tanto il bisogno :-)...

La tua svolta non verbale mi pare una scelta saggia :-) mi pare di vederti, mentre fai dei bei discorsetti alle tue piantine sul balcone, e poi magari insieme chiedete l'opinione della Bagigia :-) una bella compagnia :-)

Bacini senza parole :-)