«...Penso a chi ha imparato ormai
che le cose iniziano dalla “bi”.
Perché puoi anche inseguire la “a”,
ma solo la “bi” sei sicuro
di trovarla sempre “lì”...».
Così mi disse, un bel giorno,
sotto sera, Topesio...
*******
I saluti che ci scambiamo lungo l'arco delle ore quotidiane, vengono tutti più o meno espressi con formule di micro-augurio: buon giorno, buon pomeriggio, buona mattinata, buonasera, buonanotte.
Consistono in piccoli auspici di trascorrere bene una certa parte del giorno. Sembra un fatto scontato, ma a ben guardare non lo è più di tanto, perché non in tutti i modi di salutare sono costruiti su una “espressione di speranza”. Se si pensa al più classico dei classici dei saluti italiani, il “ciao”, si vede infatti che non contiene un augurio, ma, con ogni probabilità, una forma di ossequio. L'etimo della paroluzza è molto incerto, ma (ormai anche i sassi e i granelli di sabbia lo sanno) pare che derivi da una contrazione del termine veneziano “sciào”, ossia “schiavo”. Dicendo “ciao” a qualcuno, ci si pone dunque in atteggiamento di deferenza, come a dire “sono servo tuo”.
Pur non essendo un esperto di espressioni d'incontro o di commiato internazionali, mi azzardo a dire che forse il “ciao” è uno dei più bei saluti del mondo. E' quasi giusto che il suo senso si sia perso lungo i miliardi di passaggi intercorsi di bocca in bocca, fra salutanti, attraversando il cammino del tempo. Perché al di là di cosa veramente significhino, questo tipo di saluti fanno leva principalmente sulla sonorità repentina, sul guizzo sillabico puro. Basta pensare al modo inglese di salutarsi in confidenza con un “bye-bye” (“bài-bài”), che può diventare un semplice “bye” o, ancor più ridotto, un “hi” (“hài”) d'estrema familiarità.
Chissà quanti altri tipi di questi “mini-salutignoli” esistono in moltissime altre lingue, o dialetti, o parlate varie, in tutto il mondo. Mi limito a citare i pochi che conosco, arcinoti, ipotizzando anche “associazioni caratteriali” relative, forse più frutto di suggestioni culturali annesse, che altro. Nella bellissima lingua sarda, c'è il simpatico “ahió” (o “ajó”, a seconda delle trascrizioni), che equivale ad un “ciao”, però con molta più decisione sonora (data soprattutto dalla “ó” chiusa e accentata sul finale), quasi a riflettere l'indole determinata che siamo soliti associare al fiero popolo di Sardegna. Nei paesi di lingua spagnola e affini (portoghese, brasiliano, e così via), usa invece il delizioso “hola” (o “olà”), che già di per sé suggerisce calore umano ed allegria. Gentilezza e disponibilità sono contenute poi nel cinese “ni hào”.
In generale, e non ci vuole un'aquila per accorgersene, tutti questi saluti di grado intimo, si basano sulla brevità e sulla prevalenza vocalica. Il suono delle vocali è dolce, lungo, avvolgente, quasi sospeso, sensorialmente affine ad atteggiamenti fisici quali abbracci, carezze, blandizie tattili varie. Molto improbabile sarebbe infatti rivolgersi ad un amico con una chilometrica formula di saluto zeppa di consonanti. Per quanto, potrebbe essere un esperimento interessante da farsi. La prossima volta che incontrate un caro conoscente, invece del solito “ciao”, provate a spiattellargli in faccia un originalissimo “sbrgnzofrrlmdürt” (e mi raccomando la “ü” dura)...così, per vedere un po' iannaccianamente l'effetto che fa.
Tra l'altro, quando si è convinti di aver detto la stravaganza più inverosimile, è proprio la volta buona che ci si accorge di come la realtà superi sempre puntualmente la fantasia. Curiosando in rete ho scoperto infatti l'esistenza di una curiosa forma di “ciao” in uso fra gli olandesi, che si salutano con un ben grattugiato “gegroet”, contravvenendo in modo abbastanza evidente alla regoletta enunciata poco fa. Per non parlare poi dei bulgari, che fra amici si dicono vicendevolmente “sdravisvanje”. E poi dicono che son strano io...
Che si scelga insomma di utilizzare un più ufficiale augurio condensato (tipo buongiorno), oppure una minuscola parola dall'onomatopeica valenza amicale, l'atto del salutare non è mai qualcosa di così banale come potrebbe apparire. Proseguendo di questo passo, di riflessione oziosa in considerazione flanellosa, si potrebbero fare tante altre elucubrazioni.
Ad esempio: il salutante che opta per il mini-augurio concentrato, si espone al rischio di una certa ambiguità di contenuti. Potrà sembrare roba da gran campioni della suscettibilità, ma dicendo “buon giorno” o “buonasera”, ci si assume un certo qual impegno piuttosto serio. Questo tipo di saluto, presuppone che tutto il “giorno”, o tutta la “sera” siano “buoni”. Ma si sa: quando mai capita che ogni istante, ogni singolo attimo di una giornata, o di una serata, di un pomeriggio, di un mattino, siano interamente ed esclusivamente buoni, in tutto e per tutto? Ecco allora che il salutato in siffatta forma, dovrebbe sentirsi già in partenza come se fosse stato chiamato a stipulare un contratto fallace, manchevole e pieno di magagne. La delusione sarà infatti sempre in agguato, con inesorabilità pressoché matematica. Lungo le ore del pomeriggio, o di altra porzione di giornata augurata “buona”, capiterà senz'altro un inghippo, una sensazione spiacevole, un contrattempo sgradito, un sentore, seppur molto vago e fuggevole, d'amaro in bocca, che impediranno di poter dichiarare positivo nella sua interezza quel lasso di tempo.
Per prevenire questo inconveniente di fondo dell'attesa frustrata, suggerirei allora ai salutanti di adottare una modalità di saluto più realistica e rispettosa nei confronti dei salutati. Invece di allargarsi in irrealizzabili pronostici di positività intera da trascorrere nell'imminente periodo di tempo indicato, si dimostrerà forse molta più onestà intellettuale e franchezza d'animo, salutando il conoscente con riferimento ad una ben più circoscritta porzione di tempo. Invece di “buon pomeriggio”, allora, si potrà ad esempio dire: “buone ore 16 e 42 minuti!”. In questo modo, il proprio augural-saluto suonerà meno pretenzioso, e circoscrivendo ad un preciso orario la previsione di alcuni scampoli di tempo davvero sereno o gioioso, si avvicinerà di più alla realtà. Oppure si potrà variare sul tema: invece di “buona serata”, si dirà magari “buoni venti minuti fra le dieci e le undici”. Essere contenti comporta anche un certo impegno: con simili saluti, il salutato saprà di doversi avvicinare allo stato d'animo opportuno, in sintonia col momento augurato, e la cosa risulterà tutta più armoniosa. D'altra parte, quando ci si sentisse salutare con un ancor più circostanziato “buone 10 e 53 e 34 secondi!”, il messaggio sottinteso potrebbe suonare anche del tipo: “...Non so dirti quale, ma che almeno un momento della mattinata sia per te buono...”, oppure: “...Scegli tu il momento buono, ma che uno davvero buono, ci sia...”. Cosa che, a mio parere, autorizza molto più gradevolmente ad essere riconoscenti verso il salutante.
Altre considerazioni sul fil di lana del nulla, possono nascere inoltre considerando ancora l'altra tipologia di saluti, quella fulminea confidenzial-vocalizzante. Abbiamo detto che più bello del nostro “ciao”, in questo ambito forse non c'è niente. Ma se si volesse rendere questo saluto ancor più intimo, privato, riservato ad una stretta cerchia di amici più cari, se non addirittura ad una persona speciale, se ne potrebbero coniare di nuovi, inventati ad hoc, proprio in forma di preciso suggello da apporre ad una relazione veramente originale fra salutante e salutato. Le regole, l'abbiamo detto, sono due, e semplicissime, più una piccola postilla: lunghezza ridotta della parola e uso preponderante di vocali, con licenza d'introdurre consonanti dal suono più delicato. Ecco allora che potrebbero nascere nuovi saluti, tipo “uiae”, “sfea”, “loesi”, “misibici”, “sesiśi” (con la seconda “s” come nella parola “rosa”), e così via.
In una contrattazione linguistica intima siffatta, si rafforzerebbe così il senso d'intesa fra salutante e salutato, tanto che l'uno finirebbe per confondersi nell'altro, e viceversa: non si capirebbe più bene dove inizia il ruolo di chi saluta e dove quello di chi è salutato, col felice esito di una fusione completa d'identità salutanti.
Ad ogni modo, cari amici viandanti per pensieri, quelle proposte oggi, sono elucubrazioni veramente utopiche. Prendetele un po' così, con le pinze dell'animo, come puri fraseggi sul nulla poetico. Visti i tempi che corrono, infatti, va ancora bene se al giorno d'oggi ci si sforza di non mandarsi al diavolo a vicenda, quando non addirittura in “località augurali” persino più amene e pittoresche.
8 commenti:
Da linguista,Gilli, non posso che trovare affascinante il tuo post..grande inventore di parole!
Schiavo vostro, il ciao nazionale(ma lo saprai,piace un casino anche a francesi,inglesi e tedeschi) e' fresco e seducente..come non amarlo? Affascinante anche l'idea di augurare i buoni venti minuti nell'arco della giornata. .ma ti devi prendere la responsabilità di renderli buoni..;)
@->Vale: eheheheh, grazie Vale, alla fine lo scopo è proprio quello: giocare con le parole :-)
Sapevo che il ciao viene apprezzato anche all'estero e questa è una controprova della sua immediatezza, ti prende subito per simpatia :-)
Sì, il saluto ben augurale, al di là delle mie ipotesi, rimane una bella responsabilità :-)
Ciao Vale, grazie del tuo simpatico commento :-)
Bacini bagigi :-)
E poi mi fanno morire quelli che ti salutano con un "ciaooooo!!" entusiasta..e tu ti chiedi,ma chi caaa.. sei?e ti hanno scambiato per la cognata dell'amante..:)))e io,ehm ehm,buon pomeriggio. .:)))
Bacini temporaleschi;)
@->Vale: beh, coi saluti ne capitano di tutti i colori, Vale :-) nei piccoli paesi poi, c'è tutto un rituale, dei meccanismi strani...nel tempo li ho osservati spesso, ci sarebbe da scriverci un articoletto :-) prima o poi lo farò :-)
Bacini cognati :-)
Questo sì che è un andar per pensieri, bella riflessione davvero! :)
"Buon quel momento lì" è la formula più pacifica di tutte, perchè di sicuro ci sarà un momento che andrà bene :) Suona un po' come dire: io sono sicuro che nella tua giornata ci sarà un bel momento, non so dirti quando ma ci sarà, stanne certo!
Uno potrebbe rispondere: "Quale momento??" e l'altro ribattere: "Eeeh,... vedrai!"
@->Kika: quando uno si mette ad andar per pensieri, non si sa mai cosa ci salta fuori, Kika :-) se poi ci si mette Gillipixel, stai sicura che ne saltano fuori delle gran stramberie :-)
Il porgere saluti è davvero cosa ricca di un sacco di sfumature, molto spesso non ci facciamo caso, per la forza dell'abitudine...
Grazie di aver letto e commentato anche questa mia ennesima gillipixata :-)
Bacini bizzarri :-)
Caro Gilli, io adoro i nostri vecchi saluti che, se non altro, mettono allegria e speranza.
Cosa diresti di un bel sorriso mattutino che ti augura un buon giorno, non ti sembrerebbe di vedere spuntare il sole in una brutta giornata uggiosa?
Caro Gilli, sono poche oggi le bellissime parole create dai nostri nonni e le tradizioni ancora in uso, difendiamole con tutte le nostre forze, dai!
Tu sei un linguista ricercatore ma so che non disdegni il linguaggio ereditato perciò io ti auguro un Buon Giorno carico di ogni bene!!!!
@->Marisa: ehehehhee :-) lo sai cara Mari che se c'è qualcuno che ama la lingua italiana, quello sono proprio io :-) Niente paura, dunque, non è mia intenzione sovvertire nulla, né cancellare la bellezza che si è formata in tanti secoli di fioritura del nostro meraviglioso idioma...il mio era solo un modo di giocare un po' con le parole (cose che, come sai altrettanto bene, mi piace sempre un sacco :-)
Evviva dunque i nostri stupendi modi di salutare, che ci sono tanto cari e nella loro semplicità sanno dire sempre molte cose in più :-)
Bacini tradizionali :-)
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