Da qualche parte ci dev’essere un santo protettore dei detective fisiognomici, perché quando Kika mi ha comunicato l’autore e l’opera di questa settimana per la nostra rubrichetta incrociata, sono stato fortemente in dubbio se optare per una clamorosa dichiarazione di resa incondizionata, oppure chiedere temporanea ospitalità a “La lente appannata”, l'istituto per investigatori di volti in pensione.
Oltre al danno, rischiava di aggiungersi anche la beffa. Va bene infatti che siamo abituati agli autori minori, ma stavolta ci troviamo di fronte ad un artista proprio piccolo, tanto che si chiama addirittura Frank Small (186-1915). E' americano, in rete non c'è modo di saperne molto su di lui, e persino l'opera scelta da Kika, “The welcoming smile” (“Il sorriso di benvenuto”, un olio su tela degli inizi del '900, custodito nel “Masteworks Museum of Bermuda Arts”) si trova solo in formato digitale minuscolo (d'altra parte, nemmeno le dimensioni reali sono sconfinate: solo 22 x 16 pollici, un 50 x 30 cm. circa).
Ma come dicevo, un nume tutelare degli indagatori di volti ancora una volta ci ha messo lo zampino. Dopo aver quasi disperato definitivamente (complici anche i risicati pixel di questa immagine), il viso famoso mi è piovuto quasi dal cielo, puff, calandomi nella mente proveniente da chissà dove, da qualche lontanissimo meandro della mia riserva iconografica inconscia.
Non avendo allora nulla da raccontarvi sul quadro e sull'autore in sé (se non che mi sembra di poterlo annoverare nella schiera dei realisti americani alla Winslow Homer, nostra cara conoscenza di qualche puntata fa), prima di passare a rivelarvi l'esito delle mie indagini, meno appunto un po' il cane per l'aia proprio riguardo a questo fenomeno dell'apparizione sbalorditiva di volti.
Avevo letto tempo fa che la questione di come il cervello riesca a richiamare alla luce gli elementi custoditi nel deposito della memoria, è tuttora dibattuta dagli studiosi di psicologia (e son sicuro di aver detto già questa cosa, altre volte). Un conto è poi se si tratta di parole, un altro se intervengono le immagini. Ma chissà se questa non è solamente una nostra apparente classificazione operata a livello conscio. Forse, veramente, a livello di meccanismi non consapevolmente gestiti, esiste un sistema in grado di discernere stimoli di varia natura, trattandoli come fossero una “materia” omogenea. Di qui ad andare a parare intorno alla questione se il nostro pensiero operi più per parole o più per immagini, il passo è breve, ma ci porterebbe troppo lontano.
Sta di fatto che queste tematiche sono molto affascinanti, a ben considerarle. E il pieno di questo fascino lo si può assaporare solo vivendo in prima persona le relative esperienze connesse all'entrata in gioco di simili dispositivi psichici. Li possiamo considerare come dei fantasmini che agiscono nell'oscurità della nostra mente.
Quando sentiamo un odore, sappiamo che il responsabile è il naso; per un sapore, la bocca; per una frase pronunciata o per un'operazione matematica, è il raziocino ad intervenire, il pensiero consapevole; e così via. Quando invece ricordiamo qualcosa, soprattutto se dopo un notevole sforzo, è come se non sapessimo di preciso a chi dare la “colpa”. Dall'inizio di questa collaborazione con Kika, ho avuto modo diverse volte di constatarlo con gran stupore su me stesso. Il “rinvenimento mnemonico” di una parola non è in grado di suscitare quel grado di meraviglia così intenso che sanno evocare le immagini. E dire che non sono mai stato tanto portato per le fisionomie: mi è capitato spesso di conoscere persone, e poi fare figuracce notevoli, passato un po' di tempo, incontrandole di nuovo e mancando clamorosamente di salutarle, perché nel frattempo il loro viso era passato nel dimenticatoio più assoluto.
Incrocio queste riflessioni con alcune cose lette su un interessante libricino trovato nei giorni scorsi in edicola, “L'equazione dell'anima” (2009) di Arthur I. Miller, uscito per la serie dei testi proposti dal “Corriere della sera” sulla storia della matematica. In particolare, qui si parla del geniale fisico Wolfgang Pauli e di uno dei padri della psicologia, Carl Gustav Jung.
Accennavo al fatto che non sono un gran fisionomista, ma un introverso sì. Jung suddivide i caratteri psichici in quattro “tipi funzionali”, a loro volta raggruppati a coppie nei due “modi di essere” fondamentali. In un cerchio immaginario, i poli opposti nord e sud sono occupati da “pensiero” e “sentimento”, mentre agli altri due poli est e ovest stanno “sensazione” e “intuizione”. “Intuizione” e “sensazione” sono i due estremi che, in prevalenza dell'uno o dell'altro, decretano se in una persona s'impone il “modo di essere” “introverso” (diretto al proprio interno), oppure “estroverso” (diretto al proprio esterno), termini coniati da Jung stesso. Riporto lo schemino relativo, per maggiore chiarezza.
Interessante poi quello che scrive Miller, sulle caratteristiche della “intuizione”: «...[l'intuizione] è in qualche modo affine alla sensazione senza però causa esterna [i sensi] a orientare l'attenzione. Nel suo caso si parlerà quindi di istinto, ispirazione e suggerimenti di origine, per così dire, viscerale. Le conclusioni raggiunte per via intuitiva non sono neanche il frutto di ragionamenti, tanto è vero che sembrano provenire dal nulla, come quando la soluzione di un problema si palesa all'improvviso mentre la nostra coscienza si sta occupando di altro...».
Quest'ultimo passaggio, ricorda fin troppo da vicino un celerrimo verso di John Lennon: «...life is what appens to you while you're busy making other plans...» («...la vita è ciò che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti...»), contenuto nella delicatissima “Beatiful boy” (1980).
Alla fine della chiacchierata, dove min...dove diavolo volevo andare a parare, insomma? Volevo forse solo dire che a mio avviso, questa caratteristica intima or ora sottolineata riguardo al “funzionamento” proprio della “intuizione” (ossia il fatto di scaturire all'improvviso da chissà dove, quasi inattesa, recando con sé la sua origine piacevolmente misteriosa) sta alla base di tutti i fenomeni della vita che in qualche modo hanno qualche parentela con la gioia, e a tratti, persino con piccoli, fugaci, evanescenti sprazzi di felicità.
Se fate mente locale, per ogni volta che avete provato sensazioni di gioia, se non addirittura assaporato millesimate pagliuzze di finissima felicità, calate per alcuni istanti rapidissimi sul fondo del vostro animo, è successo sempre per caso, come il frutto di un'intuizione esistenziale subitanea e sbucata fuori da chissà dove, dal nulla.
Ne consegue allora che pure scovare un sosia della nostra contemporaneità, da abbinare ai personaggi dei dipinti proposti da Kika, comporta piccoli attimi di gioia? Certo, credo di poter dire che ne consegua anche questo...
Ed ora, dopo aver “tuttologizzato” a tutto spiano anche per oggi come si deve, passo direttamente al cuore della questione, tra l'altro or ora già per bene questionata. Trattandosi in nella fattispecie del viso di una ragazza di colore, non volevo scovare una sosia di colore. Ma non mi veniva in mente un bel nulla. Poi la micro-illuminazione è arrivata, e con essa il fuggevole bagliore di gioia.
La piccolezza della foto non rende molto giustizia, e forse mi espone ancor più gravemente ai rischi di johnny-stecchinizzamento o di sergio-de-vastanizzazione. Storcerete fieramente il naso, ma cosa volete che vi dica...io in questo volto, ci ho visto questa famosa attrice di un famosissimo telefilm di parecchi anni fa, ormai:
E' proprio lei, Erin Moran, ma è preferibile se vi dico Joanie Cunningham, o ancora meglio “Sottiletta”, la sorella di Richie, il miglior amico di Fonzie (il titolo del telefilm non ve lo sto nemmeno a dire...).
E adesso tutti sul blog di Kika, a scoprire le sorprese modaiole che ci ha riservato in tema di ambientazioni stile isole Bermuda ed affini.
4 commenti:
Piacevolissima rubrica..Complimenti a Kika per il delizioso dipinto proposto...la pianta sullo sfondo sembrerebbe un oleandro..mi sembra di sentirne il profumo..E complimenti a te Gil!!!..Ma come fai scovare questi sosia???!!!Sei semplicemente FANTASTICO !!!!Nel finale poi col brano musicale..beh!...mi sono commossa..Grazie per la scelta:-))Lepuri sposu
@->Alessandra: grazie, Ale!!! :-) Sei troppo gentile, io in realtà non lo so come faccio :-) è "colpa" dell'introversione, dell'intuizione, di Jung, forse un po' anche di John Lennon :-) so che ogni volta mi balena in mente un volto, e in qualche modo, una qualche somiglianza c'è :-)
La canzone mi piace molto, c'è dentro tutto il fascino di una terra bellissima :-)
Grazie ancora per il tuo super commento :-)
Bacini pyumati :-)
Alessandra, grazie per il tuo commento e per i complimenti! Gilli ha delle vere e proprie intuizioni e concordo, spesso la gioia ci prende proprio in queste piccole cose della mente. Forse, Gilli, le rivelazioni improvvise della memoria ci trasmettono questa bella sensazione perchè sono una conferma che nella nostra testa tutte le più minute connessioni funzionano bene? L'ho buttata sullo scientifico più che sul poetico, ma trovo che sia un'emozione simile (anche se più "esaltata") a quei momenti in cui sentiamo d'improvviso di percepire piacevolezza con tutti i sensi (es: un "momento perfetto" mentre ci rilassiamo al mare o su un prato). D'altronde, come tu ci spieghi, sensazione e intuizione sono ai due capi della stessa corda...
@->Kika: hai colto nel segno, Kika :-) bellissima osservazione...non è un caso che l'intuizione si trovi sull'asse della sensazione...il tipo di gioia procurato da queste intuizioni è infatti così fascinoso perché sembra non essere mediato dal pensiero, paradossalmente...in questo assomiglia molto ad una semplice soddisfazione fisica, pur non essendola propriamente :-)
E' anche verissima l'altra cosa che dici: quando capitano simili illuminazioni, si ha nel contempo anche la sensazione che tutto è andato come doveva, ha funzionato per bene :-)
Grazie Kika, ottime chiose al mio discorso :-) D'altra parte, siamo o non siamo la premiata ditta Kika & Gilli? :-) eheehehe....
Bacini intuitivi :-)
Posta un commento