Tema molto particolare per questa puntata della rubrichetta “Le muse di Kika van per pensieri”. Il leitmotif modaiolo della settimana scelto da Kika sono gli “short pants” (o “hot pants”, non so bene...noi all’osteria di Gillipixiland, nella nostra grossolanità, le chiamiamo ancora braghette corte). Siccome era molto difficile trovare in tutta la storia dell'arte un soggetto dipinto che indossasse short pants, Kika ha optato per un felice kikesko escamotage, scegliendo una pittura muraria tardo romana raffigurante “Diana cacciatrice”, con la sua breve veste, assai simile all'indumento braghettistico in questione.
Il dipinto è posto sulla parete di una struttura sotterranea, denominata “Ipogeo di via Livenza”, dal nome della attuale via di Roma più prossima al sito, poco lontano da Villa Borghese. Il complesso e le decorazioni risalgono al IV secolo d.C. Osservando la raffigurazione di questa “Diana cacciatrice”, si possono fare alcune considerazioni.
Un primo importante elemento che ci viene in aiuto, è il dato cronologico. Non ci troviamo qui di fronte ad un esempio tipico di pittura romana “pura”, perché sono presenti già influenze del gusto artistico che genericamente possiamo indicare come paleocristiano. D'altra parte, è anche vero che i romani non svilupparono mai uno stile pittorico rigorosamente tipico di una loro tradizione propria: tutta l'arte romana risente dell'influenza di quella greca e in particolare degli stilemi elaborati nel periodo ellenistico di quest'ultima.
Per riprendere alla lontana un tema della scorsa puntata, si può dire che il periodo ellenistico, nell'ambito della parabola dell'esperienza artistica greco antica, rappresenta una sorta di corrispettivo delle nostre epoche “di crisi”, come il Manierismo o il Barocco. Superata l'età aurea classica dei vari Fidia e Policleto (che con le loro opere miravano a fissare “l'essenza idealizzata dell'essere”), con l'ellenismo s'inaugura un'età di incertezza, di dubbio e di meditazione sulla fugacità dell'esperienza vissuta. Il classicismo indagava l'«essere»; con la fase ellenistica si passa ad esplorare l'«esistente». «Essere» ed «esistente»: tra le due dimensioni passa una differenza filosofica enorme. Cercare di entrare in sintonia con l'«essere», significa mettersi alla ricerca di un'essenza fondativa, immutabile, eterna, del «tutto». Fare i conti con l'«esistente», vuol dire invece rapportarsi al divenire, accettare il paradosso secondo cui la vita può riservarci solo verità parziali, mai definitive.
L'attenzione, dai grandi temi mitologici e “sovra-temporali” del periodo classico, viene spostata nella fase ellenistica su soggetti sorpresi nel loro agire, sugli attimi colti nel loro farsi, lungo il corso della vita quotidiana; sui piccoli dettagli vivi attinti dall'esperienza comune, dai quali s'intende carpire ad un tempo sia i segni evidenti della limitatezza della vicenda umana, sia i tratti della sua esuberanza rigogliosa.
Se si riflette un momento su tutte queste caratteristiche del cosiddetto stile ellenistico, non ci si stupirà del fatto che esso si attagliasse molto bene alla sensibilità romana (soprattutto da un certo periodo in poi). Fra le prerogative principali della cultura romana, ricordiamo infatti una marcata propensione ad immergersi nel flusso della vita, a confrontarsi con la realtà nella sua concretezza, immediatezza e anche sensualità.
Tutto il discorso, riportato al caso della nostra “Diana cacciatrice”, si specifica e si precisa in vari significati. La scena è molto dinamica, la figura è colta nel pieno dell'azione: non c'è equilibrio, né stasi o sospensione del gesto. Diana è bensì immersa nello scorrere di una progressione temporale. Pollice ed indice corrono lesti alla faretra per cogliere con delicata rapidità la coda della freccia, mentre lo sguardo si preoccupa di puntare la preda. In perfetta coordinazione, l'altra mano regge l'arco, già pronta a caricare la freccia. Il piede e la gamba sinistra accennano ad un passo che, con l'insieme rimanente della gestualità complessiva, fa quasi protendere il corpo verso il bersaglio. Il dinamismo si riverbera poi nelle figure in secondo piano dei cervi, anch'essi ricchi di movimento e tensione visiva.
Addentrandosi ancor più nei dettagli, si notano tuttavia alcuni aspetti curiosi (che avranno poi conseguenze facete soprattutto nella mia indagine fisiognomica di oggi). Questa Diana non è molto femminile nel fisico. Se poi si zooma idealmente verso il viso della donzella, ci si accorge di un fatto ancor più buffo: sembra proprio un uomo. Il dubbio che sorge in merito, è se la cosa sia stata voluta intenzionalmente dall'autore, oppure se sia dovuta ad un certo grado di imperizia pittorica. Se proprio devo dire la mia, opterei per la prima ipotesi. Non mi sembra giusto infatti parlare di limiti tecnici: tutta la composizione denota una certa capacità e delicatezza espressiva. Non dobbiamo dimenticare poi che i pittori romani avevano raggiunto livelli di sensibilità visiva notevoli, come ci confermano i due esempi riportati di seguito, tratti dalla maggiore riserva di arte pittorica romana conservata sino ai giorni nostri, ossia quella dell'area pompeiana. La finezza di questo giovane fauno (da un particolare di pittura murale a Stabia) e l'eleganza della fanciulla (probabilmente una delle Ore, da un particolare di pittura murale a Ercolano) sono una prova lampante dell'alto grado di raffinatezza tecnica che la pittura romana era capace di esprimere.
“Fanciulla che coglie fiori” – I secolo d.C.
“Testa di fauno” – II secolo a.C.
La spiegazione della mascolinità di questa nostra Diana, va ricercata allora in altri moventi. Io, una mia personale idea me la sono fatta. Ve la espongo, assumendomi anche tutti i rischi di sparare una boiata. Come abbiamo detto, in quest'opera coesistono motivi romani, accanto ad intenzionalità espressive proto-cristiane. Ecco dunque che, concedendo poco o nulla alla femminilità di Diana, il pittore pare aver voluto minimizzare, per quanto possibile, la sensualità della sua figura.
Gli sviluppi successivi dell'arte cristiana (in particolare quelli indirizzati verso l'esperienza bizantina) porteranno ad un sempre maggiore distacco dal dato materiale della realtà, per privilegiare la dimensione dell'ascesi e del superamento dei sensi. Nel nostro esempio, siamo ancora ad un grado di commistione di sensibilità diverse: la fisicità romana è ancora ben viva, ma al tempo stesso si tenta di attenuarla e di tenerla sotto controllo.
Come accennavo, da tutto questo sono derivate ben buffe conseguenze per la mia odierna indagine fisiognomica. Non a caso le sembianze della Diana mi sono sembrate alquanto mascoline. Infatti, i tratti che prevalentemente mi hanno suggerito, sono per lo più appartenenti a volti maschili. Senza dunque voler mancare di rispetto alla gloriosa tradizione dell'arte romana, né ai personaggi che citerò, ma considerando la cosa sotto un punto di vista squisitamente giocoso, passo ad esporvi i bizzarri esiti delle mie ricerche.
Ecco il primo curioso abbinamento:
Abbiamo qui un glorioso e vetusto attore nostrano, Gianrico Tedeschi, che si è distinto soprattutto in teatro, ma anche nell'ambito del varietà televisivo marcato RAI degli anno d'oro.
Proseguiamo con un volto altrettanto caratteristico:
Si tratta ancora di un bravo attore di cinema e teatro, Roberto Herlitzka. Personalmente lo ricordo prestare il volto ad uno struggente Aldo Moro, nel misterioso film di Marco Bellocchio “Buongiorno notte” (2003), che merita di essere visto, non fosse altro che per gustarsi tutta la bellezza dello straordinario e commovente finale.
Spirito buffo per spirito buffo, proseguo con un altro viso, ancor più in tema scherzoso:
Lo avrete riconosciuto, è Max Pisu, stralunato e simpatico cabarettista, divenuto famoso per la sua partecipazione a Zelig.
Concludo infine con l'unico volto femminile che la Diana romana, in maniera molto vaga, mi ha saputo suggerire. E aggiungo una doverosa precisazione. Con questo, non voglio minimamente intendere che la signora in questione assomigli ad un uomo. Tutt'altro: trovo invece il suo viso molto delicato e ricco di magnetismo femmineo. E' vero invece il discorso contrario: ho voluto rendere giustizia al volto della Diana cacciatrice, che in fin dei conti rimane pienamente donna, al di là della direzione giocosa imboccata dalla mia indagine odierna.
Questo volto l'ho rinvenuto davvero per caso, girovagando per il web. E' una giornalista non molto nota, ma nelle notiziole che parlano di lei, mi hanno colpito tre coincidenze: si occupa di tematiche ambientali, e più propriamente di moda “eco-friendly”, viene definita “cacciatrice di tendenze”, ma soprattutto si chiama Diana. Il nome intero è Diana de Marsanich e tra le altre cose collabora con la rubrica RAI “Detto fatto”.
Anche per questa settimana è tutto, amici. L'appuntamento è alla prossima puntata, ma nel frattempo vi rimando al blog di Kika, dove possiamo scoprire insieme con quali magie kikeske è stata abbigliata ex-novo l'antica Diana romana.
2 commenti:
Molto azzeccato il paragone tra periodo ellenistico e periodo del manierismo! Queste epoche di transizione mi hanno sempre affascinato molto, forse perché sui libri di scuola sono epoche trascurate... Viene voglia di scoprirle, di sapere com'era la vita della gente in tutti quegli anni dimenticati...
Tornando al dipinto, è bello vedere che entrambi abbiamo sottolineato il movimento come caratteristica principale (la mia era una semplice intuizione, ma sono contenta che sia stata suffragata dal tuo intervento ben documentato :)
E per i volti... ma che incredibile coincidenza che la donna si chiami proprio Diana (e pure le altre sue caratteristiche)! Vero è che il volto dipinto è molto più mascolino (e bene hai fatto a seguire il tuo istinto cercando sosia maschili) ma qualcosa nell'espressione - un non so che - si rispecchia davvero nella Diana giornalista.
Ps: sarà che parlavo di "gambe da terzino" dunque ero mentalmente predisposta al mondo del calcio, ma sai che... quando mi hai detto che volevi cercare volti maschili... a me è saltato in mente costui?
http://www.grottaglieinrete.it/it/wp-content/uploads/2014/08/del-piero.jpg
:))
@->Kika: molto bella questa puntata, Kika :-) la triade "arcaico-classico-manieristico" è secondo me un concetto fondamentale per capire le età del mondo in parallelo alle età dell'uomo :-)
L'umanità attraversa di continuo queste fasi, e anche noi, personalmente, nella nostra vicenda individuale, passiamo in modo ciclico attraverso questi momenti...per fare un esempio: l'Italia del dopoguerra era in fase arcaica, poi col boom c'è stato un periodo classico, e adesso siamo manieristi :-) ovvio, semplifico un po', ma c'è molto di vero in questo...
Lo stesso: da bambini siamo arcaici, nella giovinezza classici e crescendo ancora manieristi :-)...ma può capitare anche nel corso delle singole esperienze circoscritte: in fase di innamoramento, sia o arcaici; nel pieno dell'amore, classici; nella fase matura, manieristi :-)
E' piaciuta molto anche a me la nostra sintonia nel sottolineare il dinamismo della figura :-) non credere, anche io sono andato un po' a naso :-) ma se l'abbiamo notato in due, qualcosa di vero ci sarà :-)
E' vero, Del Piero poteva stare benissimo fra i sosia della Diana :-)
La giornalista l'ho trovata proprio per caso...alla fine, sì, non somigliantissima a livello quantitativo, ma a livello qualitativo sì :-)
Bacini pizzicagnoli :-)
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