Già il mondo dei "normo-parlanti" versava in gravi ambasce nel condurre l'impari lotta contro il pernicioso morbo del "piuttosto che...", quando ecco profilarsi all'orizzonte un parassita del linguaggio forse ancor più molesto.
Di certo più subdolo.
Il terribile e pestilenziale "quello che è...".
La mortifera "perifrasella" (= "perifrasi sfaziusella") era stata proditoriamente introdotta nell'aere discorsivo dal solito politicante o amministratore locale aduso alla fisiologica gonfiatura delle parole. L'arte dell'oratoria ad alta pressione è ben nota ai più spericolati retori del nulla: se il discorso che ti accingi a fare è di per sè già flaccido di contenuti e d'interesse, come la vecchia camera d'aria della carriola del trisavolo del parlante, la strada maestra del bravo "parolese flatulante" è stata da sempre una ed una sola: gonfia le frasi come zampogne, rimpinzale di aria da soffiare con ventosa petulanza nelle orecchie del miserando uditorio (per non parlare delle sue povere narici...), ed è garantito il dialettico figurone (...di quale materiale, meglio non indagare).
La misura era stata colmata abbondantemente da sindaci, assessori, consiglieri ed ordinari "ciàpa ciàpa" amministrativi, con ridondanti proclami inneggianti senza pudore a "...quello che è il nostro bilancio previsonale...", trombonanti senza ritegno circa "...quello che è il piano triennale delle opere pubbliche...", verbo-sbavanti con infamia e senza lode su "...quelle che sono le normali sinergie da attivare per fare sistema ed adire a quello che è un doveroso miglioramento della qualità della vita, favorendo esclusivamente quelli che sono gli interessi del cittadino...".
Il "normo-ascoltante", basito, e senza ribattere motto alcuno, ascoltava.
Però in cuor suo il dubbio albergava, e fra sè e sè finiva per meditare: «Ma se mi stai parlando di una cosa, che minchia di bisogno c'è di continuare a ripetermi che è "quella che è"!!!».
Finché giunse il giorno in cui ci si rese tristemente conto che la diffusione del contagio aveva oltrepassato la misura di non ritorno. E anche più in là.
Tutto pareva ormai irrecuperabile, perchè il morbo aveva fatto preda sua anche l'imbelle cittadino, in altre epoche parlante com'era aduso mangiare. Imbeccato per strada dal faceto cronista di un'emittente locale, per discettar del fondamentale tema di un sottoambito ancor più locale e plurimarginale della viabilità urbana (ma cosa dico urbana: di quartiere), l'infelice intervistato, col suo orrido dire tutto purulento della flagellante piaga verbale novella, l'infausta sentenza pronunciò: "...quello che è il divieto di transito in questa via...(*)".
"...Ahi duro asfalto drenante, dall'esosa riga blu istoriato: perchè non ti apristi!?!?!..."
(*) = Giuro che l'ho sentito con le mie orecchie!!!
Di certo più subdolo.
Il terribile e pestilenziale "quello che è...".
La mortifera "perifrasella" (= "perifrasi sfaziusella") era stata proditoriamente introdotta nell'aere discorsivo dal solito politicante o amministratore locale aduso alla fisiologica gonfiatura delle parole. L'arte dell'oratoria ad alta pressione è ben nota ai più spericolati retori del nulla: se il discorso che ti accingi a fare è di per sè già flaccido di contenuti e d'interesse, come la vecchia camera d'aria della carriola del trisavolo del parlante, la strada maestra del bravo "parolese flatulante" è stata da sempre una ed una sola: gonfia le frasi come zampogne, rimpinzale di aria da soffiare con ventosa petulanza nelle orecchie del miserando uditorio (per non parlare delle sue povere narici...), ed è garantito il dialettico figurone (...di quale materiale, meglio non indagare).
La misura era stata colmata abbondantemente da sindaci, assessori, consiglieri ed ordinari "ciàpa ciàpa" amministrativi, con ridondanti proclami inneggianti senza pudore a "...quello che è il nostro bilancio previsonale...", trombonanti senza ritegno circa "...quello che è il piano triennale delle opere pubbliche...", verbo-sbavanti con infamia e senza lode su "...quelle che sono le normali sinergie da attivare per fare sistema ed adire a quello che è un doveroso miglioramento della qualità della vita, favorendo esclusivamente quelli che sono gli interessi del cittadino...".
Il "normo-ascoltante", basito, e senza ribattere motto alcuno, ascoltava.
Però in cuor suo il dubbio albergava, e fra sè e sè finiva per meditare: «Ma se mi stai parlando di una cosa, che minchia di bisogno c'è di continuare a ripetermi che è "quella che è"!!!».
Finché giunse il giorno in cui ci si rese tristemente conto che la diffusione del contagio aveva oltrepassato la misura di non ritorno. E anche più in là.
Tutto pareva ormai irrecuperabile, perchè il morbo aveva fatto preda sua anche l'imbelle cittadino, in altre epoche parlante com'era aduso mangiare. Imbeccato per strada dal faceto cronista di un'emittente locale, per discettar del fondamentale tema di un sottoambito ancor più locale e plurimarginale della viabilità urbana (ma cosa dico urbana: di quartiere), l'infelice intervistato, col suo orrido dire tutto purulento della flagellante piaga verbale novella, l'infausta sentenza pronunciò: "...quello che è il divieto di transito in questa via...(*)".
"...Ahi duro asfalto drenante, dall'esosa riga blu istoriato: perchè non ti apristi!?!?!..."
*******
(*) = Giuro che l'ho sentito con le mie orecchie!!!
12 commenti:
Permettimi di dubitare del tuo appellarti a "normo ascoltatore". Tanto normo non credo tu fosti, bensì costei quale "normo lettore" qui presente faticò alquanto nella comprensione della suddetta esposizione, però in compenso si profuse in sghignazzate lacrimevoli nonchè soddisfacenti.
p.s.
sei una forza della natura, una chiacchierata con te mi rimetterebbe a posto per un decennio..... ;o)
@->Marisa: ehehehhehe :-) lusingato, Mari, assai lusingato son delle tue parole :-) Grazie, grazie, mi profondo, mi diffondo, mi confondo di gratitudine :-)
Lo so, certe volte mi vien da scrivere intorcinato, ma mi fa molto piacere se ciò nonostante anche stavolta sono stato spiegato :-)...e c'è pur da precisare che forse, riguardo la loquela parlata, non sono altrettanto efficace, anche se va aggiunto che, di buon Chianti rabboccato, in altra occasion diedi già somma dimostrazione di arte oratoriale non solo fuor del comune, ma anche di provincia e di regione :-)
Ehehehehehehe :-) grazie ancora tanto, e bacini medievali :-)
@->Marisa: ma come, Mari? Hai privatizzato il tuo blog? :-)
Mi convien allor tosto invitarti
e un buon Chianti ognor procurarti.
Il Morello però assai più conviene per trattar il palato bene.
Orsù Gilli non farti pregare
perchè bramanti siam noi del tuo orare.
grande crisi esistenziale
in parte mistica cerebrale,
sono in fase confusionale,
ahimè fatico anche a pensare.
@->Marisa:
Calma, calma, solare Mari,
si sa, la crisi non conosce orari,
Ma quando solgono accadere
Siffatte perdite d'umore,
L'un passo cerebrale
convien far seguire belli quieti
alla successiva orma concettuale...
E dell'invito sarem ben lieti :-)
Qual conforto, qual delizia,
un incontro? lei mi vizia.
Il banchetto con lauto pasto,
si prospetta pien di fasto.
Or convien un passa parola
per riunir la combriccòla.
Ci pensiamo ad un raduno
che sarebbe più opportuno
Se l'idea ti pare strana,
allor proponi, io son una frana.
Dai, vediam che si può fare,
ci si può certo accordare...
Ci facciamo un pensierino,
per tempo di stagion più clementino :-)
Mi congedo dicendo al volo,
che la rimata tua "combriccòla",
mi fè ridacchiar a piena gola :-)
E per seguir d'altri detti il fil,
c'è la mail, nel mio profil :-D
OKKAI
gillipixel, gilliiiiii... oho ohoooo, ma che je fai tu alle donne via web? :-D :-D :-D
In rima dovrei entrare in cotanto vostro scambiare.
ma il nord del mondo rifiuta deciso, alla farlocca il poetar preciso.
solo vaghe rimembranze di scolare assonanze,
porge nel gelo con fare indeciso....
@->Farly: ragion da vendere tu hai, chimerica mia frazione principal :-)
Che è codesto incanto,
che alle donne qui pare che io canto?
Com'era che nel reale
si finiva sempre con soli amici maschi e nel banale? :-D
Bacini con weltanschaung :-D
"...La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso...".
Francesco De Gregori
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