domenica 20 febbraio 2011

Piet Mondrian, ma ce sei o ce fai? (prima puntata)


“...Prima o poi qualcuno
doveva trovare la forza
morale per dirlo:
Elisabetta Canalis è brutta!!!...”

Gillipixel - 2011

*******

Ci sono certi esponenti del movimento artistico moderno di fronte ai quali viene quasi inevitabile domandarsi se siano dei geni supremi oppure dei sopraffini paraculi che l’hanno indovinata giusta per intortare milioni di persone con le loro opere (e scusate per il “sopraffini”…).

Oggi, per “s”parlare ancora una volta d’arte, mi andava di esordire così, con un po’ di sana brutalità ultra-qualunquistica, perché alla fine è inutile girarci troppo intorno: anche questo è un aspetto fondamentale da tenere in considerazione quando si affronta il tema artistico, e in particolare quando ci si addentra nei meandri creativi della modernità.

Mi riferisco in altre parole all’impressione spesso derivata dall’osservazione di un’opera d’arte moderna, dinnanzi alla quale ci sentiamo spesso come trascinati dentro un “meccanismo espressivo” incapace di parlarci con proprie forze autonome, bensì sempre bisognoso di un supporto critico che si sobbarchi l’onere di “tradurcelo” in termini a noi più accessibili e comprensibili.

Per dirla ancor più terra terra, mi riferisco a quella sensazione diffusa a partire dalla quale l'arte moderna suona spesso e volentieri come una bella presa per il culo, via.

Questa premessa mi sembrava pressoché doverosa, perché l’artista che mi va di affrontare questa volta è forse uno dei più intensi “suscitatori” delle suddette perplessità: Piet Mondrian (Amersfoort, Olanda, 7 marzo 1872 – New York, 1 febbraio 1944).
Mondrian, sì, proprio quello tutto righe nere e quadratini colorati.


Proprio in virtù di quanto detto finora, prima di addentrarmi nel racconto di tutto ciò che di “libresco” posso dirvi su Mondrian, vorrei fare alcune considerazioni, quasi come se non avessi mai letto nulla riguardo a questo artista.

Mi pongo innanzitutto la domanda più banale: cosa mi può ispirare un’opera di Mondrian? Se dovessi dirlo così di primo acchito, direi che mi trasmette un senso di ordine e di conseguenza anche di riflessività, di calma.
Mi sembra una sensazione che si possa dedurre abbastanza obiettivamente dalle modalità piane e lineari con cui Mondrian predispone le proprie composizioni pittoriche, e per quanto mi riguarda, partiamo già col piede giusto: essere invitati ad una meditazione ordinata ed equilibrata non è una faccenda da dare così tanto per scontato, sia nel mondo dell’arte, ma anche in generale.

Appurato dunque che in Mondrian, anche da un punto di vista per così dire “profano”, ci può essere qualcosa di buono da indagare, proviamo ad appianare un secondo motivo di possibile diffidenza.

Le opere per le quali Mondrian è diventato celebre sono in pratica tutte “quasi uguali”. Sono una continua variazione sul tema dettato da alcuni semplici elementi figurativi: linee nere, rigorosamente orizzontali e verticali, che individuano un numero di volta in volta diverso di piccoli rettangoli o quadrati, a loro volta immancabilmente campiti con soli quattro colori, i tre primari, (rosso, giallo, blu), più il bianco. Una sbirciatina ai libri adesso la possiamo dare e così scopriamo che Mondrian è andato avanti con questa “tiritera” per ben una ventina d’anni, dal 1920 al 1940.

Come dicevo, a questo punto, in una mente avvezza a considerare di preferenza le cose secondo il “senso comune”, potrebbe anche nascere un “leggerissimo” sospetto, simile a quello che colse Fantozzi quando scoprì gli armadi, le credenze, i comodini ed il mobilio tutto di casa, pieno zeppo di pane, “sagacemente” occultato da una Pina invaghita dell'abatantuoneggiante garzone del fornaio.

Detto in parole povere, è un attimo lasciarsi cogliere dalla malignità ed ipotizzare che Mondrian fosse completamente sbiellato, in preda ad una fissazione monomaniaca bella e buona. Invece niente di tutto ciò, anzi, è vero proprio il contrario.

A pensarci bene, questo è un fenomeno che ha coinvolto diversi artisti e anche molto importanti: Monet con le sue ninfee, Morandi con i suoi boccettini, Pollock con le sue “drippingate”, in certa misura anche Van Gogh con i suoi girasoli, Andy Warhol coi suoi ritratti plurimi a varianti cromatiche...e questi sono solo i pochi che ricordo io.
Ad un certo momento della loro ricerca artistica, si sono concentrati su di un soggetto (o su di una modalità espressiva), dedicandosi ad esso quasi ossessivamente, e lo hanno sviscerato in una serie di varianti ostinatamente calamitate dal “canovaccio” tematico primario.

Tornando a far parlare l'uomo della strada, mi domando ancora insieme a lui: è questo forse un comportamento più consono ad un folle o ad una persona assennata? Personalmente, attenendomi alla miglior tradizione dei fedeli di “Quélo”, opterei per la seconda che ho detto.

Questa ricerca di un “uguale nelle diversità” non è forse il senso di tanti comportamenti umani? Il tentativo di depurare le nostre conoscenze da tutto ciò che è accidentale, marginale, trascurabile, per ricavarne una “quintessenza sapienziale” stabile (e scusate se calco un po' il piede sull'acceleratore intellettualoide...), non è forse uno degli aneliti più profondi ed intensi che abbiamo sentito crescere nel nostro animo praticamente fin da quando abbiamo cominciato a ragionare un minimo sulle cose della vita?

E tutto questo, non tanto per raccontarci fra quattro amici al bar quanto siamo bravi a fare i filosofi della domenica, ma piuttosto per la necessità esistenziale di contrastare l'angoscia suscitata in noi dalla consapevolezza del divenire insito in tutte le cose che concernono la nostra esperienza umana, che a volerlo chiamare proprio col suo brutto nome, ce lo possiamo anche dire chiaramente: la prospettiva della morte.

Fissare una regola essenziale, immutabile, un punto fisso del nostro sapere, un'ancora di salvezza e di saggezza che ci sottragga all'angoscia del nostro essere entità finite: è questa la propensione più nobile ed elevata che possa albergare nell'animo dell'uomo.

Il caos, la mancanza di punti di riferimento, l'infinita mutevolezza del tutto, sono fonte di disperazione e di disorientamento per l'uomo, mentre l'ordine e dei precisi criteri d'interpretazione ci rassicurano, incorniciando le nostre vite in un quadro di significati che funziona come un sistema di coordinate esistenziali.

Insomma, anche l'opera di Mondrian, pur non parlando specificatamente di tutto ciò, si inserisce immancabilmente in questo discorso. Altro che maniaci o sbiellati, allora, questi artisti che si sono votati con ogni loro energia a sviscerare tutti i risvolti possibili di un medesimo tema: la cosa che in realtà essi ricercano con tale fervore e per la quale hanno speso i migliori anni delle proprie vite, è una bazzecola altrimenti nota anche col nome di “universale”.

Come potete dunque vedere, cari amici viandanti per pensieri, anche a parlare di un artista pur senza aver ancora aperto un libro che ne tratti, un paio di vaccate niente male si riesce già a tirarle fuori.

Ma siccome mi sono già dilungato troppo e non voglio abusare oltre della vostra pazienza, mi riservo di proseguire il mio racconto dedicato a Mondrian in una seconda puntata che, prometto, sarà un po' più specifica e attinente al tema.



11 commenti:

Marisa ha detto...

"Mi pongo innanzitutto la domanda più banale: cosa mi può ispirare un’opera di Mondrian?"
Te lo dico io, le mattonelle della cucina o quelle del bagno... ahahhahhaa
Perdona la mia dissacrazione sotto il tuo bellissimo post elegante e filosoficamente analitico e mi permetto di aggiungere che anch'io penso che la Canalis sia brutta e lo dico con uno spirito critico oggettivo e totalmente disinteressato... sono mglio io ;o)
Bacini arrosto!

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: ahahahhaha :-) come darti torto, Mari :-) in fondo era un po' anche questo spirito che volevo evocare con tutti i dubbi che ho elencato riguardo l'arte moderna, ossia che rimane sempre lecito dire che non ci dice nulla :-)

Va beh, provo a vedere se con la seconda puntata riesco a convicerti un po' di più :-)

Riguardo al confronto con la Canalis, non avevo il minimo dubbio che tu fossi meglio :-) Altrimenti, come si spiegherebbe che alla fine il buon George ha scelto te? :-)

Bacini fritti :-)

Myollnir ha detto...

In realtà, Mondrian non è solo qello della lacca per i capelli. Lo pensavo anch'io, prima di vedere questo al nuovo Museo del 900 di Milano (andate a vederlo se già non l'avete fatto, ne vale la pena):

http://tinyurl.com/6bdjjvy

Così ci sono anche questi:
http://tinyurl.com/6ejn58p

http://tinyurl.com/635ccbj

http://tinyurl.com/6es8r5c

E' probabile, non ne sono certo, che la scelta di ripetere all'infinito lo stesso quadro abbia a che fare col mercato, più che con l'ispirazione dell'artista; ad un certo punto, tutti vogliono i tagli di Fontana, e allora Fontana che fa? Prende le tele a rasoiate. All'infinito. Mi pare che l'esempio perfetto siano i dipinti metafisici di De Chirico: sono i più famosi, quelli che valgono di più, dipinti negli anni '10-'20 del novecento; ma negli anni '50-'60 De Chirico ha smesso di farli da un pezzo. Ecco che si mette a rifarli, li retrodata di 40 anni, e li autentica (autofalsi?). Tu cosa faresti, se ti strapagassero questo post? Non avresti la tentazione di rifarne uno uguale tutte le settimane, se ti promettessero di pagartelo altrettanto?

Myollnir ha detto...

PS: Brutta la Canalis?
Avercene!

(per la serie: "ho trombato molto peggio")

:-)

Paolo ha detto...

Gillipixel
Forte! l'interpretazione che ne dai, chiave di lettura in genere delle rassicuranti "abitudini" giornaliere e delle cose poste lì dove devono essere e non altrove ... che fanno sentire meno l'angoscia del tempo finito.
Interessanti anche i commenti ... come non vedere in quei tratti un estro decorativo per oggetti di uso comune siano piastrelle, contenitori per merci, copertine di libri (possibilmente di matematica) etc...
e che dire dell'interpretazione venale e quindi pratica, dove l'opera è riprodotta per ragioni molto pratiche e terrene, quali appunto sono le "palanche"... restituendoci un Mondrian in una dimensione terricola che ce lo rende pietosamente simpatico e finisce per piacere di più ...

e dato che Gill quando scrivi nulla fai per caso, lo stesso dicasi di Elisabetta Canalis, "bella senz'anima", spigolosa per le insicurezze che dimostra di non aver completamente superato, che vorrebbe possedere qualcosa di più oltre al bel corpo ... ma proprio per questo finisce per intenerire e per piacere ugualmente se non
di più:-)

Chiedo scusa buon Gill se mi sono dilungato

mi congedo
un saluto a tutti.

Gillipixel ha detto...

@->Myollnir: ciao Myoll, benritrovato :-) ti dirò, la tua considerazione è senza dubbio interessante...non si può escludere nulla, può essere benissimo che lo abbiano fatto anche per puro calcolo lucroso :-)...

Credo che nessuno possa sostentere con certezza assoluta l'una tesi o l'altra...però, siccome l'articolo l'ho scritto io, mi sento di fare un po' la parte della difesa :-)

Una cosa che mi sento di dire è che se quelle opere reiterate hanno avuto anche un riconoscimento economico, forse questo non è stato altro che un sintomo del fatto che azzeccavano "tematiche effettive"...
Erano riuscite in qualche modo a raccontare cose che toccavano qualche corda dell'animo umano...

Va beh che i meccanismi della "moda" e delle dinamiche di massa sono spesso delle variabili impazzite ed imprevedibili, per cui il mio discorso crollerebbe già sul nascere :-)

Ma allora aggiungo un altro elemento: non tutti gli artisti che si sono incaponiti a ripetere una tematica o una certa tecnica, hanno fatto i soldi...io ci voglio credere che abbiano dedicato la propria vita all'arte perchè sentivano che era giusto farlo, perchè hanno trovato nella strada creativa una gratificazione che non avrebbero trovato nemmeno disponendo di tutti i soldi del mondo...sarò un ingenuo, ma che me frega: non spendo niente a crederci, tanto non mi compro nemmeno un quadro :-)

Un'altro tassello della mia tesi difensiva :-) è che non tutti gli artisti che hanno avuto successo con una tematica o una tecnica, guadagnandoci, hanno poi insisito su quella...Picasso non si è fermato al cubismo, perchè sentiva che la sua ricerca doveva andare oltre...dunque, non è detto che insistere faccia fare soldi e variare no...dipenderà un po' anche dal culo? :-) Boh...

Tra l'altro non so nemmeno se Mondrian ci abbia fatto così tanti soldi con i suoi rettangolini colorati...se li ha fatti, di certo questo è accaduto dopo tanti anni di ricerca...
Monet si è invece immerso nelle sue ninfee quando era ormai parecchio vecchio...non credo che gliene fregasse ormai più di tanto del denaro...

Ti racconto poi un aneddoto buffo ma sintomatico: il movimento creato da Mondrian ed altri artisti olandesi si chiamò Neoplasticismo..."...Quando il suo amico Van Doesburg introdusse delle linee oblique nel sistema, egli ruppe ogni rapporto con lui, precisando: «Dopo la tua arbitraria correzione del Neoplasticismo, ogni qualsivoglia collaborazione con te mi risulta impossibile»..." (tratto da Dennys Riout, "L'arte del ventesimo secolo")...

Insomma, non è che volevo contraddire la tua ipotesi, che rimane più che plausibile, ma ho agevolato solo alcuni spunti di riflessione in merito :-)

La questione della Canalis è complessa è troppo lunga da trattare...diciamo che non la apprezzo come "donna di cartone" :-) magari, se la conoscessi dal vivo (cosa, più che remota, impossibile :-) mi piacerebbe un sacco...ma vista così, attraverso il filtro mediatico, mi sembra insignificante :-)

Grazie per le dritte artistiche, spero di andare presto al nuovo museo milanese...

Ciao :-)

Gillipixel ha detto...

@->Paolo: ma figurati, Paolo, qui puoi dilungarti quanto ti pare :-)

E' vero, in un'opera d'arte si possono trovare tante chiavi d'interpretazione, però credo che anche nell'arte sussista una sorta di oggettività labile :-)

Non è un'oggettività dai confini precisi, come può essere nel caso della scienza, della matematica, della fisica, o simili...
Ma anche l'arte non è pura soggettività...se così fosse, sarebbe il caos intepretativo, l'anarchia del "non è bello ciò ch'è bello, ma è bello c'ho che piace"...

Invece, con tutti i limiti del caso, molto spesso è proprio bello ciò che è bello :-)

Il discorso è un po' spinoso, e forse lo affronterò in un articolo vero e proprio, e così, per il momento ti ringrazio della visita sempre gradita, a ti saluto :-)

Ah...anche il discorso della Canalis, come dicevo a Myoll, è lungo e intricato...diciamo, per aggiungere un altro tassello, che non è solo spigolosa nei modi di fare, ma ultimamente anche nel fisico...sembrava una gruccia per l'armadio, così mascolinizzata :-)

Va beh, niente, meglio che cambio argomento, tanto nessuno mi crederà :-)

Ciao Paolo :-)

farlocca farlocchissima ha detto...

a parte che mondrian me lo hanno messo pure sui piatti che prendi con i punti del supermercato, a me piace molto proprio per quella ricerca d'ordine, quel voler bilanciare il vuoto di un reticolo con il bilanciamento dei colori fondamentali. Mi piace mondrian perché mi fa fare pace con il mondo, non mi importa se lo fa a posta o per denaro, tranquillizza. anticipa il mondo a pixel in cui viviamo, fa dei pixeloni per gente cecata. Trasforma il mondo cubista e tridimensionale in uno schermo tv lcd scassato, dove solo alcuni pixel, ingranditi a dismisura ancora resistono. Anticipa packman (guarda qui e dimmi se non è vero: http://en.wikipedia.org/wiki/Broadway_Boogie-Woogie), insomma fonda un pezzo enorme dell'estica moderna...
Va be' la smetto, sulla canalis vorrei solo dire che l'unica cose che le invidio un po' è George Clooney...

Gran bel post mezza chimera mia, davvero.
Bacini a scacchi

Myollnir ha detto...

Grazie per la cortesia della risposta, anzitutto. Non vorrei essere sembrato categorico: io penso che le ragioni per cui un artista si ripete possano essere parecchie, i casi sono molto diversi. 1) Ricerca; un pittore - in questo caso - cerca di ripetere più volte lo stesso soggetto, sinché arriva a quella che ritiene essere la perfezione, in caso contrario brucia tutto. E' il caso più improbabile, perché difficilmente lascerebbe in giro tanti pezzi che ritiene imperfetti ( a parte, diciamo, l'incentivo economico); 2) cerca di cogliere tutti gli aspetti del pittorico, come la facciata della cattedrale di Rouen, o appunto il giardino delle ninfee, ripresi in tutte le possibili condizioni di luce; 3) un quadro gli piace talmente, che lo ripete (La Vergine delle rocce di Leonardo?) 4)Ha avuto una bella trovata, ma essendo tecnicamente una schiappa, non è in grado di fare altro (i pupazzetti di Keith Haring?), e allora continua a fare quello che gli riesce, e gli ha dato fama. Ti insinuo il dubbio sui multipli di Andy Warhol, perché lui stesso non pensava di essere un vero artista. 5) La molla mercantile, di cui ho già detto 6) Non trascurerei la possibilità di una caterva di falsi sul mercato. Hai visto "F for fake", di Orson Welles?.
Il problema della pittura non lo possiamo certo sviscerare in poche parole, ma credo che i guai siano arrivati quando alla committenza, che ha retto l'arte per millenni, si è sostituito il mercante (e il suo compare, il critico), a partire forse dalla fine dell' '800, ma soprattutto a partire dal secondo dopoguerra. Mi piacerebbe parlarne, ma francamente non vorrei abusare della tua pazienza ed ospitalità. Cari saluti, vado a nanna.

Gillipixel ha detto...

@->Farlocca: ehehhehe, gran bel commento il tuo, cara Farly :-) la faccenda dei pixeloni mi è piacuta un sacco, e pure la similitudine col packman è illuminante :-)

Quando un fenomeno estetico s'impone a livello di massa in modo diffuso, quando fa presa sulla gente anche se non ci sappiamo spiegare fino in fondo il perchè, credo che si debba ad ogni modo cercare di capire, portargli in qualche modo una forma di rispetto...

Anche se a volte non è facile...Per passare ora dal sacro al profano, prendi Lady Gaga, per esempio :-) Così d'istinto, la vedrei volentieri a sobbarcarsi la quinta fatica di Eracle (spalare via il letame dalle stalle di Augia...:-)

Ma la reazione viscerale può non essere sempre la risposta giusta...un fenomeno estetico che s'impone così diffusamente deve possedere in sè quella forza speciale capace di andare a toccare dei meccanismi molto profondi della sensibilità umana...
Spesso si tratta solo di artifici messi in moto da gente scaltra (elenco di altri personaggi che potrebbero andare a dar man forte a Lady Gaga nell'atto spalatorio: concorrenti del grande fratello, isola dei famosi, ecc. :-)

Ma insomma, alla fine lo credo anche io, Farly: Mondrian l'ha azzeccata proprio...quale che fosse la sua posizione teorica (e cercherò di dirlo nella seconda puntata...), che sia andato tutto nel modo da lui preventivato, oppure che gli sia andata di culo, che siano scattati i meccanismi da lui previsti oppure altri che nemmeno immaginava, sta di fatto che ha una sua nobiltà estetica, la quale è degna di una risposta altrettanto nobile da parte dell'osservatore...

Bacini sgnègu sgnègu uaaaoooo :-)
(...è il rumorino del packman quando si afflosciava :-)

Gillipixel ha detto...

@->Myollnir: grazie a te, Myoll :-)
molto interessante la lista di motivazioni che hai portato, ogni voce o ipotesi da te ricordata è senz'altro degna di nota, e alla fine, credo che le cose uscite dalle nostre chiacchierate, un po' tutte insieme, formino la causa complessa del fenomeno...

La questione del passaggio all'era del "mercante + critico" è particolarmente importante, lo credo pure io…anche se non saprei dire tantissimo sul tema, sento tuttavia che, come giustamente sottolinei tu, essa marca nettamente un momento di transizione fondamentale per l'arte...

Però a questo punto, per simili temi ci vorrebbe un seminario a livello universitario e magari lo spazio qui non è così vasto :-)

Volevo aggiungere però ancora solo alcune piccole considerazioni a partire da spunti personali magari un po’ insignificanti, ma che possono lasciar intravedere altre ipotesi…uno dei fattori che non abbiamo elencato è quello che riassumerei un po’ trombonescamente (ossia assumendo per un attimo l’aria del tronfio critico d’arte intellettualoide :-) con la definizione di “trance creativa” :-)

E mi spiego cosa intendo: ad esempio, a me capita a volte quando scrivo un articoletto per il blog, oppure anche un testo per qualsiasi altra finalità, o quando ero più giovane e mi cimentavo un po’ col disegno, pur essendo fondamentalmente piuttosto balordo graficamente parlando…insomma in tutte le occasioni in cui provavo o provo a fare qualcosa di creativo, mi capitava, e mi capita, di partecipare ad una sorta di soddisfazione interiore che poche altre cose al mondo sanno dare (e qui non sto ad elencare le altre due o tre cose, perché essendo tu uomo di mondo, le intuirai al volo senza che vengano esplicitate :-)

Voglio dire, riuscire a “dare vita a qualcosa nell’ambito di ciò che è bello” è forse una delle esperienze più intense che possa capitare di vivere ad un essere umano…nel Convito di Platone, Socrate afferma proprio una cosa simile…
Ora, se anche io nel mio piccolo, con le mie modeste pratiche creative, posso intuire la grandezza di questo fenomeno, posso intuire cosa succede rapportando il tutto ai livelli della creatività suprema dei grandi dell’arte…

Alla fine, a mio parere, è questa, fra tutte le motivazioni che abbiamo detto, quella più potente e capace di spingere maggiormente l’operato dell’artista, sia a ripetere in una instancabile ricerca “quasi ripetitiva”, sia a cercare sempre strade espressive nuove…
Detta in termini tecnici, lo fa perché “gode come un riccio” a farlo :-) Perché non c’è al mondo droga più potente di quella febbre creativa…

Aggiungo anche e poi chiudo che spesso la ricerca nella ripetizione si maschera dietro un’apparente mutevolezza…in quei casi l’artista insiste su uno “stile” suo pur cambiando il soggetto, prendi ad esempio le donne grasse di Botero…addirittura, sotto questo punto di vista, forzando un po’ la mano interpretativa, anche a Michelangelo può essere attribuita una ripetitività, forse non come Mondrian, ma a modo suo: nella capella Sistina la sua “firma” ricorrente sono quei “corpaccioni” viriloidi (anche nel caso di soggetti femminili”…) che sembrano sculture pur essendo dipinti…

Quindi, alla fine del discorso, questo meccanismo del ripetere, è quasi sempre presente in tutti gli artisti…se non lo fanno in modo esplicito, succede che lo facciano a livello di atmosfera espressiva adottata, che poi è quello che chiamiamo il loro stile…

Ecco, insomma, ho fatto su un bel casino e adesso ti saluto :-) (…ah, no, non l’ho visto quel film del vecchio Orson…se mi capita, non me lo lascio sfuggire…)

Ciao :-)