sabato 27 agosto 2011

Menti calcificate


«…Gesù piccino picciò Gesù Bambino
Fa che venga lo sciopero prima che si può
Fa che il calciatore prenda in mano la vanga piccina picciò
Fa che entri in campo solo per zappare
E fa che non veda più una velina o una discoteca
Fa che duri una vita e che sia come un vero lavoro…»

*******

Lo sciopero dei calciatori.
Era l’ultima che ci mancava alla collezione. Adesso possiamo dire di averle viste e sentite proprio tutte. O quasi (la potenza immaginifica della realtà non ha limiti e chissà quali altre fantasmagoriche sorprese ci riserva per il futuro…).

No, dico, a questo punto uno cosa dovrebbe pensare?
D’istinto, senza approfondire tanto la notizia, la prima reazione spontanea che tende a prorompere dall’animo di ciascuno è composta di puro “materiale cerebrale da bar”.
«…E’ uno schifo! Ma non si vergognano? Già sono dei super-privilegiati e adesso pretendono ancora di più…Che arroganza, è uno schiaffo in faccia alla dignità di chi lavora duramente per mille euro facendo fatica ad arrivare alla fine del mese! In miniera, se ne devono andare, nelle stalle, a spalare letame col cucchiaino…» e avanti così, qualunqisticheggiando in allegria.

Il qualunquismo però, si sa, produce sempre effetti assai modesti rispetto allo “sforzo ideale” messo in gioco. Col qualunquismo, si rischia sempre di finire a rivestire i panni di una sorta di redivivo malato immaginario in salsa Alberto Sordiana, rinverdendo i fasti di quella scena nella quale il buon Argante, interpellato dai medicastri riguardo agli esiti del suo certame interiore teso all’emancipazione intestinale, rispondeva: «…tanta flatulenza e poca consistenza…».

I vari telegiornali si sono sbizzarriti ad interpellare il mitico “uomo della strada”. Lui, coi suoi piedi bene posati sul caro asfalto al quale è tanto affezionato, ci ha messo meno di un secondo a strapparsi le vesti come da copione appreso impratichendosi fin da bambino nel gioco del “piccolo indignato”.

Nel polverone tanto caro alle speranze giornalistiche, non ci si accorge tuttavia come le cose in fin dei conti stiano messe in modo infinitamente più semplice. A cosa serve infatti “flatulare” senza costrutto, con la bile traboccante dalle palle degli occhi? A cosa serve invocare la disistima più acre ed assolutizzante? A cosa serve mostrare e rimostrare spregio teorico, incanalato dentro il microfono dell’inviato di turno?

La cosa da fare sarebbe molto più banale: non spendere più una lira per il calcio. Perlomeno, non in modo diretto, ossia andando allo stadio o sborsando soldi per le partite televisive a pagamento. Forse non ci sarà modo di sottrarsi agli esborsi indiretti carpiti pubblicitariamente, ma almeno si potrà evitare di infilare di propria spontanea volontà i “maroni” sotto la pressa, andando a foraggiare quella grande presa per i fondelli in cui si è metamorficamente ridotto ormai il calcio.

Sono tuttavia consapevole anche del fatto che un simile invito cadrebbe regolarmente nel vuoto. Ancora una volta la calcificazione mentale prevarrà. Non sono stati sufficienti il doping, calciopoli, Moggi, le scommesse, i morti ammazzati, squadre ridotte ormai ad ammassi informi di mercenari internazionali. Allo stesso modo, anche lo scioperò scivolerà via sull’istinto pavloviano pallonaro con l’ininfluenza di una spruzzata di acqua di rose.

«…Bello sforzo fare i profeti in patria in questo modo…» si obietterà, «…ti piace vincere facile, eh?…».

Ebbene sì, bonsi-bonsi-bobo-bò!

Anche questa volta non cambierà nulla. L’uomo della strada tornerà ad abbronzarsi fedelmente i neuroni alla luce verdognola emanata dallo schermo televisivo ed i versi della canzone non potranno essere parafrasati a modo mio, bensì si confermeranno nel loro finale più classico ed originale:

«… Gesù piccino picciò Gesù Bambino alla deriva
se questa guerra deve proprio farsi fa che non sia cattiva
tu che le hai viste tutte
e sai che tutto non è ancora niente
se questa guerra deve proprio farsi
fa che non la faccia la gente
e poi perdona tutti quanti, tutti quanti tranne qualcuno
e quando poi sarà finita
fa che non la ricordi nessuno
e quando poi sarà finita
fa che non la ricordi nessuno…».

Gesù bambino
Francesco De Gregori - 1979

4 commenti:

Marisa ha detto...

Io spero che comincino a buttare giù bombe, negli stadi, al parlamento e nelle banche svuotate dei nostri risparmi!
Voglio andare via dall'Italia, qui mi fa tutto troppo schifo!

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: uhm...non saprei dirti, Mari...emotivamente sono cose che anche a me viene spontaneo dire...ma poi, nella sostanza, non ho mai creduto nelle rivoluzioni, nelle soluzioni drastiche e tanto meno nella violenza...
Lo so, sono il solito utopista, ingenuo e boccalone, ma io continuo a credere che il cambiamento dovrà passare attraverso un riscatto degli individui...il modo non lo saprei indicare, purtroppo...forse si può partire dai piccole esempi quotidiani che posssiamo dare agli altri, seminando qua e là piccoli semi di correttezza, di rispetto...
Non lo so...

Detto questo però, sono solidale al 100% con tuo sfogo...

Bacini un po' sconsolati ma a fiorellini :-)

Marisa ha detto...

Caro Gilli, la storia si è costruita sui cambiamenti cruenti anche Gandhi, filosofo della non violenza, ha dovuto sacrificare la vita di molti suoi connazionali e anche la sua per ottenere dei diritti.
Purtroppo solo col sangue ci posso essere cambiamenti perchè l'uomo è malvagio e non sa cosa farsene dell'amore.
Bacini disperati!

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: cara Mari, condivido il tuo sconforto, ma insisto: meglio scommettere sull'amore, anche quando si sa che è una carta perdente :-)
Poi, il diritto d'incazzarsi rimane in pieno, ci mancherebbe :-)

Bacini coi fiori nei vostri cannoni :-)