domenica 9 dicembre 2012

Ermirio mille nostalgie


Nella sua mansuetudine sconfinata, Ermirio il libraio provava nostalgia per ogni cosa. E non così, per modo di dire. Ermirio rimpiangeva letteralmente ogni attimo vissuto, affondasse esso le radici nei lontani territori dell’infanzia, oppure fosse trascorsa solo mezza giornata dall’accadimento in questione. Ogni altra persona di sensibilità media, sarebbe uscita distrutta, nella mente e forse anche nel fisico, da una simile prova. Struggersi con immancabile regolarità per il gusto di un gelato assaggiato nel pomeriggio; sdilinquirsi per la tormentosa inafferrabilità di uno stormire di rami in fiore, ammirato soltanto due ore prima; sentire già la mancanza di una chiacchierata con un amico, nell’attimo stesso del dirsi ciao. Una sensibilità di ordine superiore ricalca il precorso di un treno superveloce, lanciato nel suo folle abbrivio contro il muro buio della notte. E’ lo schianto rovinoso, ad attenderla, nel peggiore dei casi. Oppure il riscatto insperato, nella scoperta di un equilibrio dell’animo inventato da zero.

Grazie alla saldezza instabile edificata sulle fondamenta della pazienza emotiva, Ermirio aveva saputo poetizzare in forma di privilegio il suo modo di riandare con malinconia ad ogni frammento passato, approdando ad un libero equilibrio spirituale. I libri gli erano stati di grande aiuto, in questo. Ermirio non poteva che finire per trovare nei libri la propria dimensione. Nei libri, la nostalgia si nutre di una ciclicità tutta propria. Il verificarsi di un fatto narrato è al contempo presente al lettore e già trascorso nella fantasia di chi ha scritto. Il lento dipanarsi delle parole sulla pagina, spariglia la logica del rimpianto. In quello spazio-tempo inchiostrato, i conti dell’inventario fra gli istanti vissuti e quelli da vivere, felicemente e finalmente non tornano. Nella lettura, l’impotente e trasognata ammirazione per tutto quanto è già accaduto per sempre, traspira dalle righe definitivamente compiuta, non necessita di rielaborazioni faticose, come nella vita vissuta. Ciò che esce dalle pagine di un libro è nostalgia pronta all’uso. L’ideale per far sentire ad Ermirio il soffuso sapore dell’esclusività pregiata, nell’altrimenti inquietante sua disposizione a percepire gli eventi.

Sdrucilla era invece aiuto-libraia di Ermirio ed aveva un segreto. Terribile ai suoi occhi, ma, come tanti misteri angosciosi che attanagliano l’animo umano, praticamente innocuo per il resto dell’universo. Questo segreto accompagnava i suoi giorni, creando barriere invisibili fra lei e gli altri. Sdrucilla teneva nascosto il proprio segreto con estrema cautela, e tuttavia le manifestazioni di esso potevano irrompere a sorpresa nella sua vita, accecate d’involontaria indifferenza per l’umano modo di appiccicare significati a persone, cose ed eventi. I libri si erano inevitabilmente incontrati anche con Sdrucilla, recandole tutto il loro carico di infinito. Nei libri, non c’è ostacolo alla fantasia, ogni significato è percorribile con dignità. Fra le righe di un libro, l’eccezione più insignificante e bizzarra può anche ergersi a legge rispetto a tutto il resto. La singolarità, l’essenza del diverso, il diritto all’unicità: sono valori puri ed inestimabili, nel momento in cui passano a nutrirsi dell’etereo ed incontenibile humus della parola stampata.

La libreria di Ermirio era un luogo per anime appartate. Non aveva un gran giro di clienti, però tutti lettori presi dalla passione di lasciarsi attraversare nell’intimo dalle parole. Il negozio si presentava con una vetrina discreta, un invito riguardoso ad entrare. Ermirio e Sdrucilla, pur conoscendosi da poco tempo, formavano una coppia di lavoro affiatata ed armonica. L’uno timoroso di non dare troppo a vedere la sua propensione di nostalgico ad oltranza, l’altra arroccata fra le mura del proprio segreto, non si erano finora esposti più di tanto vicendevolmente. Tacitamente si ammiravano, frenati però dal non voler pesare sull’altro con la propria interiorità labirintica.

Un giorno in libreria, verso l’ora di chiusura, non c’erano clienti e Sdrucilla approfittava per sistemare dei volumi. Ermirio la stava ad osservare alle spalle, ammirando quelle movenze aggraziate che gli erano divenute ormai familiari. Sdrucilla indossava un paio di jeans che foderavano alla perfezione la grazia generosa delle sue rotondità. Chinandosi per sollevare da terra due tomi ponderosi, nello sforzo accadde ciò che lei non avrebbe mai voluto. Dal centro preciso di quei due mappamondi fasciati in tessuto blu, Ermirio, quasi più che sentirla, vide letteralmente uscire un’entità acustica. La vide udendola. E non sapeva se credere meno ai suoi occhi oppure ai suoi orecchi: era una delle sonerie di telefono cellulare più diffuse e martellanti che ammorbavano ogni angolo della città. Il mistero di Sdrucilla si era sonoramente auto-svelato nel momento più improvvido e nella maniera meno opportuna. La sviluppo stravagante della sua fisiologia si era evoluto in modo che i normali rumori emessi da tutte le altre persone come fastidioso sfogo aereo del corpo, in lei si trasformassero nei suoni più diversi della modernità. E siccome la sorte è veramente capace di produrre squisita ironia, quando ci si mette d’impegno, la singolarità di Sdrucilla si era anche raffinata in maniera tale da far sì che, laddove molesti olezzi ristagnavano come esiti di quelle esternazioni gassose negli individui comuni, per lei questi si rivelassero invece come delicati profumi ed effluvi di essenze gentili.

Si può ben comprendere come la vita affettiva di Sdrucilla fosse stata crudelmente tarpata da quel non meglio classificabile difetto. A volte lei stessa non sapeva bene se valesse più la pena riderne o disperarsi. Oltre a qualche fidanzatino del periodo adolescenziale, soltanto una volta Sdrucilla si era abbandonata a vivere una storia di sentimento e passione completa. In quell’occasione si era affidata alla forza dell’incoscienza, pensando che le cose si sarebbero sistemate da sole, col tempo. Giunse persino a trascorrere una notte con il suo uomo dell’epoca, che sembrava in tutto e per tutto il più adatto per lei. La tradì il dormiveglia mattutino, nel corso del quale le era scappato un jingle pubblicitario inequivocabilmente squillante sotto le coltri. Lui le aveva sghignazzato in faccia con crudezza, e Sdrucilla non volle nemmeno approfondire se lo fece più per reazione isterica, o per cattiveria. Non poteva essere il suo uomo, se non era in grado di condividere la ridicola disperazione di lei, e non ne aveva più voluto sapere.

Di tono ben diverso era stata la reazione di Ermirio. Il viso trasfigurato, mentre lei ancora accovacciata si schermiva sprofondando il viso in un misto vertiginoso di vergogna, rossori ed occhi lucidi, Ermirio non aveva smesso di contemplarla ancora a lungo. Avevano speso attimi su attimi, interminabili e senza fondo, rimanendo nelle rispettive posizioni occupate sul punto del compiersi del fatto. Poi un’energia nostalgica di potenza inaudita si era impadronita di Ermirio: provava un irresistibile richiamo retrospettivo per l’insignificanza di quell’inconcepibile incidente, ad un grado di rimpianto mai assaporato così diffusamente dentro se stesso. Quella forza incontrollabile lo indusse a correre verso Sdrucilla, a farla alzare con gentilezza per abbracciarla tutta a sé, in una nuvoletta di essenza al mughetto ad avvolgerli nel loro tenero avvinghiarsi.

E Sdrucilla, toccata densamente nell’intimo, si sfogò raccontando tutto ad Ermirio, ed Ermirio si commosse con lei, rivelando a sua volta le proprie fragilità di campione della nostalgia. Ridevano di struggimento vicendevole, schioccandosi piccoli baci sui rispettivi sorrisi insaporiti di lacrime. Sino a non trovare più la forza di staccarsi l’uno dall’altra. Trascorsero la sera insieme, raccontandosi ancora mille fondamentali piccolezze, insaziabili di conoscersi, fino a notte fonda, e giusto un attimo prima di cedere alle lusinghe del sonno, Sdrucilla, quale inequivocabile testimonianza di una sensazione di fiducia sconfinata ormai acquisita, si sentì finalmente libera di lasciarsi sfuggire le prime note della sigla di Superquark. Finché il sopore non li colse insieme, cullandoli nella teporosa stretta di un refolo alla fragranza di lavanda, risalito ribaldo dall’oscurità per arrampicarsi sino alla sincerità dei loro nasi, ormai pronti ad odorare ogni segreto della vita.

6 commenti:

Marisa ha detto...

Gilli, a come ti vengono in mente certi spunti?
All'inizio ti stavo prendendo sul serio e pensavo che vivere di nostalgia è davvero molto triste perché significa che non si è vissuto a fondo.
Poi, a proposito del segreto di Sdrucilla, mi è venuta in mente una triste notizia, che ho letto qualche giorno fa, di una donna che si è suicidata perché soffriva di orgasmi incessanti e invalidanti ma alla fine del racconto non ho potuto fare altro che ridere di gusto.
Sei tremendissimamente adorabile!!!

bacini all'olezzo di verbena!

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: ehehehehhe :-) grazie, Mari, per questo tuo commento così carino :-)...in effetti, a scrivere certe cose, quando ci penso, dopo, mi preoccupo un po' :-)

L'idea mi è venuta vedendo uno spot in tv...non ricordo bene cosa pubblicizzi, ma c'era questa ragazza che sceglieva i suoi partner con una specie di test per l'affinità di coppia, da farsi tramite cellulare: inviava i dati e le arrivava immancabile il trillo di un messaggio che le diceva che il tizio in questione non andava bene...non so come mai, l'associazione tra quel suono e quella situazione, mi ha fatto scattare la stranissima trasposizione del suono medesimo ad altre espressività corporali :-)
Poi la cosa mi si è rielaborata e complicata in mente, mi è venuto da pensare al personaggio di Ermirio e scrivendo sono arrivai gli altri dettagli...

Uno dei temi principali è un po' parte del mio repertorio classico: la fragilità che diventa occasione di riscatto verso la bellezza :-)

E poi mi piaceva che questa simbiosi fra personaggi fragili si giocasse all'insegna del mistero dei libri...

Ecco...ed è bello che tu abbia riso...devi sapere che, la sera che mi è venuta l'idea, poi sono andato a letto e prima di riaddormentarmi ci ripensavo e mi scappava da ridere da solo come un semo totale :-D

Però spero di essere riuscito a trasmettere anche l'aspetto della tenerezza e dell'umiltà nell'osservazione dei fatti della vita...

La notizia a cui fai cenno tu è la conferma che la vita è molto più bizzarra di quanto ci possiamo immaginare noi con un raccontino semi-poetico surreale :-)

Bacini a sigla di Superquark :-)

Marisa ha detto...

Certo Gilli, hai saputo tratteggiare con la delicatezza che ti contraddistingue tutta la fragilità dei due timidi protagonisti, è una storia molto tenera ma altrettanto buffa.
E'sempre bello leggerti.

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: grazie ancora, Mari :-) ed il bello dello scrivere sta anche nel sapere che c'è qualcuno per cui è sempre bello esser letto :-) in questo scrittino c'era poi anche una piccola sfida nella sfida: la situazione di per sé era buffa e tenera, ma potenzialmente volgare o irrispettosa...se sono riuscito a far pesare di più i due aspetti poetici, sono contento :-)

Bacini sempre grati :-)

MR ha detto...

Grandissimo! Mi hai fatto tornare in mente un articolo letto di recente dove si parlava delle donne che non vogliono fare sesso perché soffrono di flatulenza... Terribile! Nel tuo delizioso racconto, ammorbidito dalla particolarità dell'olezzo delle sonorità superquarkiane, viene fuori il rimedio: l'amore. Che bellezza! Grazie, Gilli!

Gillipixel ha detto...

@->Maria Rosaria: ma quale scrittore (...o scribacchino) al mondo, mi chiedo io cara EmRose, ha il privilegio di poter avere lettrici così speciali? :-)

Grazie a te, grazie, grazie e graziissime :-) Hai colto il centro del nucleo di quello che volevo dire, che è un po' anche un tema ricorrente nella mia "para-poetica" da scribacchino :-) Se l'uomo (inteso come specie) non impara che il suo futuro passa soprattutto attraverso l'accoglienza delle fragilità altrui (comprese le fragilità del mondo, e intendo la natura, gli animali, le cose...), beh, se non impara questo, non si preparano tempi molto belli, ahimè...

Bacini forti di fragilità :-)