venerdì 17 gennaio 2014

Le muse di Kika van per pensieri: Amedeo Modigliani (1884-1920)


Molto interessante la scelta di Kika per questo appuntamento settimanale con la sua rubrica di arte e moda su «Le muse di Kika». Il dipinto proposto per l’occasione è il ritratto di «Jeanne Hébutherne in maglione giallo», di Amedeo Modigliani. Già solo il nome di questo autore evoca, anche in chi conosce vagamente la storia dell'arte, tutto un universo emozionale ed immaginifico, legato agli ambienti bohemiene parigini tra fine Ottocento ed inizi Novecento. Con una definizione un po' stiracchiata ed “artigianale”, potremmo parlare di Modigliani come di una delle prime “rockstar” della storia dell'arte. Visse un'intensissima ma assai breve esistenza, traboccante di eccessi e sregolatezze (muore a Parigi nel 1920, a soli 36 anni), e fece della sua vita, al pari delle sue sculture e pitture, un'opera d'arte di per se stessa.

Modigliani era nato a Livorno nel 1884 e si era formato artisticamente nella cerchia dei principali esponenti del movimento dei “macchiaioli”, frequentando lo studio di Guglielmo Micheli e avendo significativi contatti anche con Giovanni Fattori. Sempre in età giovanile, durante gli studi compiuti in seguito alla scuola di belle arti di Venezia, subì l'influenza anche dello Jugendstil e della cultura figurativa della secessione viennese, con particolare riferimento alla poetica di Gustav Klimt.

L'anno decisivo nella biografia di Modigliani è il 1906, quando l'artista livornese decide di trasferirsi a Parigi. Qui conosce il lavoro dei Fauves, il Cubismo, e soprattutto l'opera di Paul Cézanne, il pittore al quale più di ogni altro deve la formazione della propria concezione artistica. Cézanne sta alla storia dell'arte come Cartesio sta a quella della filosofia. E' a partire da questi due nomi che si può iniziare a parlare di “modernità” in questi due fondamentali ambiti della conoscenza umana. Così come accadde con Cartesio nelle discipline filosofiche, anche con Cézanne, nell'arte, il “fuoco dell'attenzione” si ribalta dalla “realtà” alla “coscienza”.

Con la sua consueta, adamantina limpidezza concettuale, dice in proposito Giulio Carlo Argan: «...Cézanne [è] rivolto a formare una nuova, concreta immagine del mondo...[...] questa, però, non doveva più essere cercata nella realtà esterna, ma nella coscienza...[...]...Non si può pensare una realtà se non in quanto è recepita da una coscienza, non si può pensare la coscienza se non in quanto è riempita dalla realtà; e non si può concepire una struttura, un ordine costitutivo della realtà e del suo divenire che non sia la struttura o l'ordine della coscienza nel suo formarsi...[...]...L'opera pittorica non riproduce, produce la sensazione: non come dato per una successiva riflessione, ma come pensiero, coscienza in atto...» (“L'arte moderna 1770-1970” - Giulio Carlo Argan1982).

Non si può allora capire Modigliani (ma nemmeno il Cubismo e tutta l'arte moderna), se non si tiene conto della lezione di Cézanne. Anche per Modigliani dunque l'atto di dipingere si genera a partire dall'incontro fatale tra realtà e coscienza, concretato sulla tela. Questo comporta innanzitutto lo scardinamento della prospettiva, che per secoli aveva rappresentato un caposaldo a garanzia della sussistenza di una realtà esterna presa come dato di fatto (la kantiana «cosa in sé») indipendente dalla coscienza, e la riscoperta di linee e colori come componenti grezzi a partire dai quali si poteva rifondare una nuova consapevolezza dell'atto percettivo e quindi della presa di coscienza della realtà.

In questa “logica” si inserisce tutta la ricerca di Modigliani, che ovviamente la declina secondo un proprio percorso ed una sensibilità autonoma. In particolare, molto importanti si dimostrarono per l'artista livornese le influenze apportate al suo cammino artistico, dalla conoscenza dello scultore rumeno Constantin Brâncuși (1876-1957), col quale condivise una comune passione per l'intensità figurativa della scultura primitiva africana, che portò entrambi a concentrare la propria ricerca intorno alla forza espressiva e ritmica della linea.

Il dipinto di Modigliani scelto da Kika ritrae la donna che fu musa ispiratrice del pittore per diverse tele, nonché sua compagna di vita: Jeanne Hébutherne. Leggendo gli aneddoti legati alla relazione fra i due, sembra proprio di sentir parlare di una coppia “Kurt Cobain – Courtney Love” ante litteram. Tanto per rendere l'idea, riporto da wikipedia: «...Le litigate pubbliche con Jeanne Hébuterne divennero proverbiali tra gli habitué dei locali di Montparnasse, tanto che parecchi si rifiutavano di farli entrare...».

L'opera «Jeanne Hébuterne in maglione giallo», olio su tela datato intorno al 1919, attualmente è conservata al «Solomon R. Guggenheim Museum» di New York.

Mi piace anche rammentare che il nome di Modigliani è legato ad una delle più clamorose “beffe artistiche” della storia. Secondo voci leggendarie, prima di abbandonare la propria città alla volta della Francia, Modigliani, in preda alla disillusione creativa, avrebbe scagliato alcune sue sculture nel canale che attraversa Livorno. Sulla base di queste notizie, nell'estate del 1984 si diede inizio ad estese operazioni di dragaggio delle acque del canale, alla ricerca delle fantomatiche opere. Un gruppetto di tre amici buontemponi pensò di architettare una burla dal tipico sapore toscaneggiante: realizzarono alla bene meglio una pseudo-composizione plastica alla maniera di Modigliani, ricavandola da un rozzo pietrone, e la gettarono nel canale. Ad essi si aggiunse l'iniziativa beffarda di un altro giovane, un pittore e sperimentatore artistico livornese, che ebbe la stessa pensata. Il resto è storia nota: praticamente l'intero mondo della critica d'arte (compreso il mio beneamato Argan, ahimè!), al momento del rinvenimento della bufala scultorea, abboccò in pieno stile, scambiando quelle pietre sgangherate, per veri Modigliani. Nella sua bizzarria, questo episodio a mio parere segna una “tappa collaterale” di fondamentale importanza per la storia dell'arte, soprattutto di quella moderna. Da una parte, la beffa di Livorno ha ribadito la fragilità del “concetto di arte”, così legato a fattori emotivi e soggettivi, ma nel contempo ha confermato la potenza della sua essenza poetica, del suo essere espressione dell'interiorità umana più profonda, ingovernabile ed indimostrabile sul piano della razionalità.

Come già illustrato la settimana scorsa, la presente rubrichetta, accodata a quella su moda ed arte realizzata sul suo blog da Kika (che da parte sua indaga le affinità dal punto di vista dell'abbigliamento), si propone di ricercare una somiglianza tra il personaggio del dipinto in questione, e qualche viso noto, nostro (più o meno) contemporaneo. La sfida presentata dal quadro di Modigliani era di tutto riguardo. In particolare, la deformazione dei tratti somatici tipicamente «modiglianesca», l'allungamento del viso e soprattutto del collo, che sono un po' la firma dell'artista, hanno reso la mia indagine ancor più affascinante, ma impegnativa. Le somiglianze che sono riuscito ad escogitare questa volta sono ben due. Non perché sia stato più bravo della volta scorsa, ma forse proprio per il motivo opposto. Come al solito, le somiglianze scovate sono parziali. Più che somigliare nel vero senso della parola, suggeriscono, “riecheggiano l'idea”. Insomma, per fare una somiglianza forse passabile, ce ne son volute due.
 

Per il primo personaggio celebre, ho dovuto andare a rovistare abbastanza nel passato. Si tratta di un'attrice la cui immagine mi è sempre stata cara, perché suscita ricordi d'infanzia, anche se molto vaghi e confusi, di tv in bianco e nero, di antichi caroselli e di lontani sceneggiati televisivi. Per meglio avvicinarmi alla similitudine col dipinto di Modì, ho trovato una delle sue poche immagini giovanili disponibili sul web. Dubito che qualcuno la riconosca.
 

E' Lina Volonghi (Genova, 4 settembre 1914 – Milano, 24 febbraio 1991), gloriosa interprete radiofonica, televisiva, teatrale e cinematografica.

L'altro viso dai notevoli richiami «modiglianei», l'ho rinvenuto invece per caso, proprio nel cercare immagini di Lina Volonghi. Non conoscevo questo personaggio. E così questa volta, il gioco di ricercare famosi sosia di soggetti ritratti in dipinti illustri, oltre al divertimento, mi ha regalato anche il piacere di conoscere qualcosa di nuovo. Ecco la mia seconda ipotesi fisiognomica.
 

Da una gloriosa artista del passato, ad una nuova leva del teatro di altissima qualità: Elisabetta Valgoi, bravissima attrice romana, insignita nel 2012 del prestigioso premio UBU, una delle maggiori onorificenze italiane riservate ai protagonisti del palcoscenico di casa nostra.

In conclusione, come ho già accennato, non so se le somiglianze proposte stavolta risultano davvero efficaci. Per chi legge, resta sempre valido il diritto fondamentale di parafrasare la celebre sentenza di Johnny Stecchino: «...Non le rassomiglia pe' nnniente!...».

Ma in questo caso mi consola il fatto che il medesimo soggetto del quadro, ossia la stessa Jeanne Hébuterne in persona (della quale ho trovato una foto), non è che somigliasse poi così tanto a come la vedeva Amedeo Modigliani. O sbaglio?...
 

E con questo, arrivederci alla prossima puntata della rubrichetta «Le muse di Kika van per pensieri».
 


2 commenti:

Kika ha detto...

Avevo trovato anch'io la foto di Jeanne (ma non l'ho pubblicata, sentivo che l'avresti fatto tu :) e vedendola ho pensato anch'io la celebre frase di Benigni ;) Aveva dei tratti molto intensi e belli, che poco si rispecchiano in quel volto dipinto, così etereo. Le tue "sosia pittoriche" stavolta hanno affinità più sottili, ma interessanti: come se il gioco si fosse fatto più " da intenditori". Tra l'altro sono figure poco note perciò ci hai dato dei begli spunti. Bello anche l'approfondimento, mi hai ricordato che ls mia prof di arte ci faceva confrontare ogni pittore con Cezanne proprio per il motivo che dici tu. Sapevo della beffa di Livorno, ma non nei dettagli; davvero significativa la figuraccia di Argan! A pensarci bene... ciò che è successo potrebbe essere considerato una performance artistica ante litteram, un esperimento di meta-arte... basta che dietro ci sia un pensiero mirato ed anche uno scherzo può essere qualcosa di serio ;)

Gillipixel ha detto...

@->Kika: ehehehhehehe, sei stata troppo gentile e magnanina, Kika :-)...grazie per non esserti avvalsa fino in fondo della facoltà di Johnnystecchinare :-)

La vera Jeanne era puro fascino, concordo...quella fra lei e Modigliani dev'essere stata una storia incredibile, due puledri selvatici che portavano scompiglio per le strade di Montparnasse :-) e saranno stati anche due rompiballe stratosferici :-)

Mi è piaciuto come si sono incastonati bene gli elementi che hai portato tu, riguardo alla loro storia, e le cose che ho detto io...

Cezanne è un po' il faro della svolta moderna dell'arte, ho fatto una digressione su di lui perché mi sembrava doverosa :-)

Sulla beffa di Livorno, è stato fatto di recente un interessante e divertente film documentario. Si intitola "Le vere false teste di Modigliani" (è citato anche nella voce di wiki alla quale ho messo il link). L'ho visto già passare alcune volte su Raistoria, se ti capita di beccarlo, dai un'occhiata perché merita...fu un episodio del quale forse non si è ancora del tutto colta l'importanza (e forse, da parte di molti, lo si è voluto dimenticare più alla svelta possibile...). Nel film, i tre ragazzi buontemponi si ritrovano a distanza di anni e si vede che sono proprio i personaggi perfetti che ti aspetteresti per una storia del genere :-) C'era poi un altro protagonista, che purtroppo oggi è morto, Angelo Froglia: era un artista giovane all'epoca, dalla biografia un po' travagliata, in qualche modo molto modiglianesco...la sua fu proprio un'operazione artistica fatta consapevolmente, a differenza di quanto fecero gli altri tre ragazzi, che miravano solo allo scherzo...

Froglia voleva invece gettare scompiglio nel mondo dell'arte, insinuare il dubbio, infilare una barretta di ferro negli ingranaggi :-) e ci riuscì perfettamente...a mio parere fece un'operazione artistica di grande modernità ed importanza, ma fu sminuita e tacitata...andrebbe invece ristudiata, sviscerandone le conseguenze di significati ed implicazioni per tutto il concetto di arte nel suo complesso...

Grazie per il bel commento, Kika, a presto con altre avventure artistiche gemellate :-)

Bacini cezanniani :-)