sabato 7 febbraio 2015

A caper in the trees


Un attimo. Un momento. Un istante. Un baleno. Un lampo. Un batter di ciglia. 

Un niente.

Ecco cosa sono tutte queste cose. Non sono nulla, fuorché mattoncini impastati nel materiale del ricordo. Provate ad afferrare un momento: ciò che vi rimane in mano sono soltanto immagini più o meno vivide nella memoria. Il grande mistero della vita si riassume in una serie di goffi tentativi di afferrare una sequela di nulla. Cosa rimane di noi, al fondo di questo paradossale “acchiappa-acchiappa”? 

E’ nulla il tuffo al cuore che ci dona un meraviglioso passaggio letto sulla pagina d’un libro. E’ nulla il culmine spasmodico del gesto amoroso. E’ nulla quel particolare, provvisorio sorriso della persona a cui vogliamo bene. E’ nulla la grande giocata del campione prediletto. E’ nulla ogni alba, così com’è nullo ciascun tramonto.

Ma si tratta di tipi di nulla ai quali nessuno vorrebbe rinunciare, perché sono tutto ciò che abbiamo. 

C’è una poesia di Emily Dickinson che mi è sempre stata molto cara (ne parlai già in alte occasioni). Nei suoi pochi versi, sono riassunte come meglio non si potrebbe tutte queste impressioni stuporose, che di continuo spendiamo di fronte alla pesante spensieratezza della nullità universale in cui siamo immersi. Ve la riporto, seguita da una mia liberissima traduzione:

A sepal, petal, and a thorn
Upon a common summer’s morn –
A flask of dew –
A bee or two –
A breeze – a caper in the trees –
And I’m a rose!

Un sepalo, petalo, e una spina
D’estate, una comune mattina –
Un fiasco di rugiada –
Un'ape o un’accoppiata – 
Una brezza – fra gli alberi un frullo –
E della rosa vesto il mantello.

Tutte queste riflessioni con ciliegina poetica, mi sono state suggerite da un paio di scatti che sono riuscito a cogliere dalla finestra, appena dopo la grassa nevicata. L’eccesso di biancore piovuto giù, deve aver sfrattato gli uccellini dalle loro usuali dimore. In giardino, mi sono così ritrovato un “precipitio” svolazzante di pallette piumose un po’ allarmate e un po’ festose. Sono giunti anche esemplari mai visti. La distanza non mi ha concesso di fare foto migliori, ma tra di loro, ho adocchiato un piccoletto “balzelloso”. 

Ho puntato l’obiettivo e ho fatto più scatti possibili: non dava tanto l’impressione di volersi fermare a lungo, e tanto meno di mettersi in posa. Dapprima ha gironzolato curiosando accanto al piede della magnolia:

Ha sbirciato l’orizzonte più in là:

Ha fatto dietro front come un soldatino impettito:

Ancora pochi secondi, un bel “caper in the trees”, e (a parte che qui siamo in inverno) era già scappato via:



3 commenti:

Cristina Berardi ha detto...

che bello Gillli! mi piace tanto questo post (Oreste è addirittura in visibilio)
La traduzione della poesia è tua?
Sei una persona dalle mille sorprese.

Cristina Berardi ha detto...

....e che se leggevo non così di corsa c'era anche scritto :=)
che frulla,
anzi
che grulla :=)

Gillipixel ha detto...

@->Cristina: sì, Cri, è una sorta di traduzione :-) non rispetta tanto l'originale, ma secondo me in questo caso erano molto importanti le assonanze e le allitterazioni, così me la sono fatta uno su misura, seguendo l'originale del libro da cui l'ho tratta :-)

Quello ritratto dev'essere un parente padano di Oreste :-) Grazie, mi fa tanto piacere che abbiate apprezzato tutti e due :-)

Bacini frulli :-)