mercoledì 27 giugno 2018

Ciccia mente


Ginofino De Rifrondis si trovò un bel giorno con la mente zeppa di pensieri obesi. Com'è noto, i pensieri escono dalla mente transitando per un’apposita canaletta smista-pensieri.

Quando provavano ad affacciarsi sul mondo, i pensieri di Ginofino si accicciavano tutti sull’imbocco della canaletta, rimanendo prigionieri del loro flusso.

Gli consigliarono di usare “Lisciovìl”, il classico lubrificante concettuale che favorisce lo scorrimento delle idee. Ma anche così non funzionava. Un pensiero magari bello inviscidito dal prodotto ce la faceva ad incunearsi nel dotto espressivo.

Però poi per la compressione patita fra le pareti della conduttura, si caricava di energia cinetica esprimente in eccesso, e sguazzava fuori con la virulenza incomunicante di un wurstel cicciarduto spruzzato a mano da uno strizza-anguille professionale.

Loretta Remordicinis aveva il problema opposto. I suoi pensieri erano smilzi, smilzissimi. Talmente smilzi che s’immettevano nella canaletta comunicativa con una scioltezza smodata, fuoriuscendo in fiotti caotici e affastellati a fusillo di cartoncino top-secret passato nel trita-documenti spaghettatore.

In poche parole: Loretta si spiegava (si fa per dire) solo a pastasciutte discorsive.
Anche a lei fu consigliato un rimedio, lo “Stringatón”, un preparato d’erbe motivazionali atto ad aggregare le fibre ragionative in nuclei dialettici dalla corpulenza potenziata. Però anche questo non funzionava per niente.

Il nuovo esito consisteva solo in mappazzoni di risacca mentale rifrangentisi a ritmo sincopato come ondate sguaiate sul pastasciuga della litoranea che porta a Nonsensopoli.

Al mondo non c'è giustizia, ma nelle favole sì. E fu giusto appunto per giustificare la giustezza di tal giusta giurisprudenza, che Ginofino e Loretta si incontrarono un martedì mattina sul far del mezzogiorno in una piccola trattoria fuori mano di pochi piedi.

Dato l’esubero di avventori, per lo più camionisti obiettori di partenza e chimici nostalgici accorsi in città per la fiera campionaria dell’alchimia, il cameriere si vide costretto a far sedere Loretta e Ginofino nello stesso piccolo tavolo appartato.

Lei teneva lo sguardo fisso sul suo piatto di spaghetti, mentre Ginofino non mollava lo sguardo dai turgidi wurstel fumanti che predivorava già con gli occhi.

Eppure, per un attimo che i visi si alzarono, un’attrazione di sesto grado su una scala di due li colse all’unisono come ad essere in tre. Non potevano resistere, per niente al mondo e sulla luna, a posare l’una la fronte su quella dell'altro.

Il desideroso approssimarsi delle teste, come una dolce collisione fra pianeti, si sviluppò con gravitazionale lentezza fino al morbido atterraggio d’una pelle sull’altra. Pattuito il contatto, una corrente non detta di energie pensanti iniziò il suo andirivieni amoroso da una mente all'altra, con gran godimento concettuale di Loretta e Ginofino.

Pensieri obesi e smilzi si sposavano con cerimonie intellettive di ogni tipo, chiamando la semplicità a testimoniare, invitando comitive di rubizzi dizionari alle nozze: l’inspiegato si faceva lineare, l’oscuro, materia da insegnare.

Alla fine di quel pudibondo amplesso del pensiero, a Loretta e Ginofino non rimase altro che riabbassare gli sguardi imbarazzati di nuovo sui loro piatti, per scoprirli con gran stupore, adesso, ricolmi di smilzi wurstel inspaghettiti, misti a neoplastici spaghetti wurstellizzati.

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