mercoledì 20 marzo 2019

Di cosa parliamo quando chiediamo le ore


Lungo l’avvicendarsi degli istanti della giornata, ci frulla per la testa e per l’animo uno sfarfallio alternato di mille importanti pensieri, sensazioni, considerazioni magari anche profonde, complicate, contorte, molte volte irrisolvibili.

Nel frattempo però, ci si occupa anche di un sacco di azioni spicciole, inezie che si sbrigano soprappensiero, piccole stupidate attivate quasi in automatico, perché indispensabili allo scorrimento della porzione pratica e concreta di realtà che ci riguarda.

Ci sono poi dei gesti che, pur essendo di per sé banali e ripetitivi (anzi, forse proprio per questo), sembrano mettere in contatto la dimensione dei pensieri elevati con quella del vivere ordinario.

Gesti che squarciano un velo sottile.

Come ad esempio guardare che ore sono.

Mi sono accorto da tempo di un fatto, riguardante questa semplice azione.

Quando sto aspettando che venga il momento di un appuntamento, di un incontro a cui mi devo recare, di una certa scadenza da rispettare a breve, e così via, se consulto appena prima l’orologio tradizionale con le lancette, mi sembra sempre di avere ancora un margine di tempo più abbondante che non a guardare un display su cui l’ora è riportata in cifre.

Questo succede anche se guardo a distanza di pochissimi secondi l'orario “lancettato” e quello “cifrato”: il primo sembra sempre più accondiscendente, caldo, comprensivo, il secondo più inesorabile, intransigente, severo.

Credo che succeda perché evocano due sensazioni di tempo differenti.

Il tondo di un orologio su cui le lancette ruotano ben fissate al loro perno centrale, ci parla di un tempo circolare.

È un tempo che “ritorna” su se stesso e dunque non legato spasmodicamente alla costrizione dell'unicità dell’istante.

Il tempo delle lancette poi, coi numeri schierati a girotondo e presenti in simultanea, è già tutto disteso e valutabile, contiene il prima, il dopo e l’adesso insieme, per cui si mostra più sincero e rassicurante: mette in gioco tutta la giornata, ma suggerisce anche quella di domani o di ieri, prospettando una continuità nella ripetizione.

Il display dell’ora a numeretti è al contrario più ansiogeno, perché i momenti segnalati passano implacabili comunicando una continua impressione di occasione perduta e mai più recuperabile.

Con uno scarto di fantasia metaforica notevole, queste considerazioni sono trasferibili sulle persone.

Ci sono tipi di persona a lancette, e tipi di persona a display numerato.

Con tutto il rispetto e la considerazione dell'importanza di avere nella vita entrambi i tipi umani, ho sempre preferito incontrare persone con un sorriso sulle labbra a suggerire la rasserenante passeggiata in tondo delle lancette.

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