mercoledì 10 aprile 2019

La musica del mondo


Nel gran compostaggio cerebrale televisivo generalizzato, ci sono ancora alcuni gloriosi canali tv che si affannano nel ricordare agli spettatori come le idee e i neuroni non siano per forza da sbattere ogni sera nel bidone dell’umido esistenziale, insieme alle bucce di patate, alle bustine “ciucciate” di tè e a laute manciate di rispetto per sé.

Vedevo uno di questi documentari naturalistici su quella gloriosa rete tv chiamata “Rai Scuola”, quando ho sentito raccontare una cosa che mi ha “catarifratto” di bellezza.

In Sudafrica esiste un arbusto dotato di una spettacolare particolarità.

Purtroppo non mi ricordo come di chiama, perché ormai alla tele, quando si sente dire qualcosa di intelligente, la propria energia emotiva viene tutta dominata dalla meraviglia, e non resta più nessuna forza residua per la memoria.

Ad ogni modo, questa pianticella si distende per sua consuetudine naturalistica in ampie radure, a formare belle chiazze molto colorate e rigogliose di “afro-brughiera”.

Nel suo fiore, il polline non si trova normalmente esposto all’aria, come succede praticamente per tutte le altre specie vegetali.

Con uno stratagemma evoluzionistico affinato nel tempo, viene invece incapsulato in speciali cilindretti attorcigliati, che lo custodiscono per bene, inaccessibile come in una piccola cassetta di sicurezza.

Questo, lo fa per impedire una dispersione caotica e imprecisa della sua “polverina fecondante”.

Molti insetti infatti vagano a casaccio sui più differenti tipi di pianta e “sprecano” polline, quando non fanno “scopa” tra un certa qualità di fiore e la sua corrispondente, cresciuta magari cento metri più in là.

Viene ora da chiedersi dove stia tutta questa gran furbata evolutiva, se poi la piantina il polline se lo tiene tutto per sé, come impacchettato nel cellophane.

Ed è qui che arriva il bello della storia.
In parallelo, esiste anche una simpatica ape grassottella, che si è evoluta in una sua abilità, di pari passo con il fiore geloso custode.

Questa ape, quando si trova al cospetto della tanto desiderata corolla floreale, è capace di modulare la frequenza del battito delle ali, in modo da emettere un ronzio di una particolare tonalità.

Questa vibrazione esclusiva funziona come una parola d’ordine per il fiore ritroso che, nel “sentirla”, lascia esplodere i suoi “salsicciotti” di polline, liberando una nuvoletta polverosa, nella quale poi la golosastra dell’ape si avvoltola, inzaccherandosi tutta la pelurietta e le zampine.

La magia è così fatta: la pianta in questo modo si assicura un cliente fedele per i propri fiori, e la garanzia che, preferendo sempre fornirsi da individui della sua specie, quella “cicciarda” di un’apetta porterà sempre a conclusione un lavoro di impollinazione ben fatto.

L’uomo, con non poca presunzione, si crede spesso l’essere più intelligente in circolazione.
Invece, l’osservazione di fenomeni sbalorditivi come questo dell’ape dal ronzio a codice, fa riflettere molto.

Viene da pensare come “il succedere delle cose” sia esso stesso una generale forma di intelligenza diffusa.

La realtà può essere vista allora come un’immensa musica in cui siamo immersi.

I suoi suoni ci appaiono spesso misteriosi, ma nondimeno compongono armonie grandiose, con le quali dovremmo cercare di entrare sempre più in armonia e in concorde risonanza, se vogliamo evitare di emettere tremende stonature, il cui prezzo siamo sempre noi per primi a pagare.

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