martedì 30 aprile 2019

Selenitici sfoghi


Da un sonno agitato, si possono talvolta formare, nella nostra immaginazione semi-consapevole, delle specie di “traveggole linguistiche”.

Sbocciano allora certi cortocircuiti tra il pensato e il non-detto, che sfociano in buffe espressioni mentali quasi involontarie, ma pur sempre cariche di verità, sospese a mezza strada fra il poetico e il profetico.

In un dormiveglia un po' sgangherato, stavo sognando situazioni irritanti. Ora, il contenuto, la trama del sogno, non li ricordo più bene.

Ho ancora ben presente però l’atmosfera in cui ero immerso: quel senso di opprimente ottusità che ti coglie di fronte a persone ostinate nel non capire una beata fava di niente.

Quelle situazioni in cui, nonostante titanici sforzi di argomentare, di spiegare, di addivenire a un compromesso ragionevole e ponderato su taluni argomenti, continui a vedere la controparte arroccata sulle sue monolitiche, tetragone, asfittiche “ragioni” insostenibili.

In simili casi, non resta altro che appellarsi alla nobile arte del mandare al diavolo.

Però, nell’esasperata condizione di quel mezzo incubo dell'impossibilità di capirsi, sentivo estremamente faticoso anche scovare un “posto maledetto” adeguato verso cui indirizzare l'insulso interlocutore.

Non si riusciva a trovare nemmeno la maledizione giusta, tanto era impermeabile a ogni refolo di ragionevolezza, quell’ermetica camera stagna mentale con cui mi trovavo oniricamente a confrontarmi.

Non capendo nulla, non avrebbe capito nessun luogo dove l’avrei volentieri mandato a farsi benedire.

Fino a quando, il genio del sonno che sempre veglia su di noi e infinitamente più di noi conosce il senso delle cose, mi ha suggerito la magistrale invettiva da adottare, semplice, lineare e definitiva come uno scrosciar di sciacquone.

Caro individuo dalla mente ermetica e serrata a doppia mandata e triplo catenaccio: fottiti sulla luna!

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