“…La provincia è la grande riserva intellettuale, artistica, spirituale del Paese. Questa sua meravigliosa sonnolenza, questo suo divino torpore, non servono a conciliare il sonno, ma a pensare. Ed è dal cervello, dalle idee, che nascono le uniche cose buone della vita…“
Giovannino Guareschi (1930 ca.) - Citazione da “Chi sogna nuovi gerani?”
Succede talvolta di leggere una frase, una considerazione, le riflessioni di un grande autore, e di trovarvi dentro richiamati concetti e pensieri incontrati altrove, espressi da chi in altri ambiti del sapere si è interessato di esplorare la natura dell’esistere e del confronto dell’uomo con il mondo. Da qui uno degli aspetti più affascinanti connessi alla lettura e ai libri: questo loro consistere in un territorio trasversale, fatto di idee e dei loro echi, di rimandi e di improvvisi riferimenti, e così via senza limite, in una ragnatela conoscitiva rinnovata in continuazione nei suoi mille e uno punti di contatto disseminati lungo la propria trama.
E non sempre si tratta di idee sovrapponibili alla perfezione, ma talvolta sono pensieri “imparentati” che si contaminano e si arricchiscono nell’accostamento e nel vicendevole scambio di suggestione concettuale che ne può derivare. Giovannino Guareschi con ogni probabilità non avrà conosciuto l’opera del filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel (Berlino, 1858 – Strasburgo, 1918), mentre è impossibile che quest’ultimo, per ragioni anagrafiche, si sia potuto dilettare con la lettura dei racconti o degli articoli del cantore del Mondo piccolo. Ma il magico universo delle parole scritte è capace di fare incontrare anche due personalità così distanti, nell’eredità culturale e nell’interpretazione della vita che con il loro lavoro ci hanno lasciato.
Un saggio di Simmel del 1903, intitolato “La metropoli e la vita spirituale”, è incentrato sull’analisi delle caratteristiche che distinguono quelli che lui definisce come “tipo metropolitano” e “tipo di provincia”. L’uomo è un essere differenziale, afferma Simmel. In altre parole, secondo il filosofo, il dato esistenziale più immediato e pregnante nel determinare comportamento e modalità di vita delle persone, deriva dal continuo confronto fra stimoli diversi che le coinvolgono durante la loro esperienza quotidiana. L’assorbimento e la rielaborazione degli impulsi derivanti da tale stimolazione necessita l’utilizzo più o meno intensivo di dosi di energia psichica. Per energia psichica Simmel intende la somma dei vari “quanti” di coscienza che ciascuno è in grado di dedicare ad ogni stimolo che investe la sua sfera percettiva e la sua consapevolezza.
L’energia psichica, le “quote” di coscienza disponibili, sono tuttavia limitate per ciascun individuo. E per di più tale limite si presenta sia in termini di estensione in superficie, sia in termini di profondità. I limiti in estensione dell’energia psichica hanno a che fare con la quantità delle esperienze sopportabili, mentre i limiti in profondità appartengono più alla dimensione qualitativa degli stimoli esistenziali recepiti. Una stimolazione della coscienza da parte di fonti di tipo prevalentemente sensoriale (ad esempio: la congestione del traffico, i rumori della città, una chiacchiera fatta di sfuggita con un semi-sconosciuto a proposito del tempo o del prezzo del petrolio, o ancora il moderno bombardamento di immagini e di suoni, l’ansia determinata dal continuo stillicidio di orari ed appuntamenti da rispettare, ecc.) coinvolge maggiormente le riserve superficiali dell’energia psichica. D’altro canto invece, un confronto in termini più “affettivi” con taluni stimoli provenienti dall’esterno (ad esempio: parlare con una persona sforzandosi di ascoltare e capire i suoi problemi, fermarsi ad osservare con attenzione l’ambiente circostante e il comportamento altrui, vagliare la prospettiva di scelte e decisioni difficili da prendere, ecc.), implica il ricorso molto più intenso agli strati più profondi della coscienza.
Secondo Simmel dunque, in questa ottica, la sovrabbondanza di stimolazioni a cui vengono sottoposti gli abitanti della grande città determina appunto la formazione dello stile di vita di un tipo umano peculiare, che egli definisce “tipo metropolitano”, ben distinto sotto questo aspetto esistenziale dal “tipo di provincia”, che trascorre invece parte significativa del suo tempo in ambienti più tranquilli e monotoni. E dal momento che il ricorso alle energie psichiche più profonde implica l’utilizzo di una maggior quantità di riserve di coscienza, per non rischiare di “esaurire” queste ultime, il “tipo metropolitano” sarà tendenzialmente obbligato dalle circostanza ambientali a mantenere in superficie il livello dei propri rapporti col mondo: per difendersi dalla pletora di stimoli, potrà concedere ad essi di volta in volta solo pochi “quanti” di limitata qualità psichica.
Diverso carattere, sempre tendenzialmente parlando, avrà invece l’approccio con la realtà che potrà concedersi di tenere il “tipo di provincia”: la sequenza di eventi e sollecitazioni a cui viene giornalmente sottoposto è meno intensa e frequente, ed egli si potrà permettere di affrontarli con maggiore profondità, riservando a ciascuno dosi qualitative di coscienza più vaste, elaborando maggiormente la riflessione, l’introspezione e favorendo l’accumulo interiore di un’esperienza che si deposita negli strati della conoscenza più prossimi alla sfera di influenza dell’anima.
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