mercoledì 21 ottobre 2009

Triplo concentrato di genius loci


«…My feet is my only carriage…»
No woman, no cry
Bob Marley - 1974

C’è qualcosa di innaturale nel percorrere ad una certa velocità lunghi tratti di strada, guidando.
Anzi, qualcosa di insano. Come i metodi del colonnello Walter E. Kurz abbarbicato nel suo feudo di apocalittica meta-temporalità cambogiana (…va beh, questo c’entra poco, l’ho detto più per amor di evocazione FrancisFordCoppoliana…).

In questi giorni, per motivi personali che esulano dal presente discorso, sono stato costretto a percorrere tanti chilometri in auto. Intendo: macinato di asfalto ulteriore, rispetto a quello ordinario che mi tocca trangugiare nei periodi normali. Molto più macinato.
Forse quello che sto per dire è assolutamente infondato ed il tutto si spiega molto più semplicemente con la mia storica idiosincrasia per l’automobile, fondamentale ed irrinunciabile strumento della modernità, ma al tempo stesso supremo amplificatore della stupidità umana.
Fatto sta che mi trovavo brut brutto a sfrecciare fra gli Appennini con la mia 313 GT (…è la targa di noi di Gattopoli, per chi non lo sapesse), zigzagando fra calanchi foscoliani e fendendo torrentizi valloni boschivi da far invidia alla mucca Milka, quando mi sono reso conto di provare un non meglio definito disagio.
Era come una sensazione di bellezza sciupata.

Gli antichi non avevano ancora la scienza moderna (…altrimenti, che razza di antichi sarebbero stati?). Quindi, quando sostenevano un’idea, molto spesso non te ne sapevano dimostrare la relativa rava col contorno dell’opportuna fava. Insomma, della riproducibilità sperimentale loro non si preoccupavano più di tanto. Ma nondimeno e non poche volte, ci azzeccavano.
Come per la faccenda del genius loci.
Non è vero che gli spazi si possono misurare in chilometri, metri, centimetri. Cioè, è vero anche quello, ma solo a costo di astrarre ed idealizzare a tutto spiano. Nella concretezza della zollosità terragna, non esiste su tutta la superficie del mondo un centimetro di suolo che misuri uguale a qualsiasi degli altri miliardi di centimetri a disposizione.
Ogni centimetro misura diverso da ogni altro centimetro, proprio perchè ogni luogo ha il proprio genietto. O per dirla diversamente, perché sopra i luoghi è posato uno strato di anima a spessore variabile, che sfuma con gradazioni ben distinte, quando ti sposti anche solo di pochi passi.
Ed è stato a quel punto che, mentre guidavo senza tuttavia mai riuscire a raggiungere il corso dei miei pensieri (anche perché di preferenza, invece di un Tigre, solitamente io nel mio motore ci metto spesso e volentieri un Topo Gigio…), mi è parso di capire l’origine della mia stonatura viaggiante.

Abito, abitudine, abitare: sono tre concetti differenti, ma le corrispettive parole non a caso suonano parenti.
Ogni luogo pretende tempo e ripetizione, chiede di essere “onorato” dalla nostra familiarità, esige che ci vestiamo di esso. Solo allora quel luogo saprà ridarci in cambio la propria energia, la “genialità locale” racchiusa nel suo intimo. E solo attraverso questa ci rendiamo conto che certi pensieri possono essere pensati solo in certi posti e che certi sentimenti sono “sentibili” solo e sempre lì.
Fino a quando, un bel momento, senza neanche saper bene come, ci accorgiamo che il nume tutelare di quel luogo è filtrato in noi aiutandoci nella formazione della nostra identità.
Per questo, il mio pur blando ma spedito viaggiare attraverso una successione rapida di luoghi relativamente nuovi, suonava fesso.
Mi sono sentito come una dama viziata messa dinnanzi al guardaroba più ricco immaginabile, colmo a bizzeffe di mille indumenti dalle infinite fogge differenti. Mi cambiavo, mi agghindavo, uscivo e mi rituffavo di costume in costume, senza sosta, senza posa, senza nemmeno un attimo per darmi un’occhiata nello specchio, snobisticamente annoiata (…ehm, siamo sempre nella metafora della dama, precisiamo…) dall’iperattività del mio stesso mutare d’aspetto.

Avvoltolato intorno alle spire di quattro lontani tornanti, un piccolo paese mi sfiorava appena la coda dell’occhio, perché la pancia del mio sguardo era troppo presa a far in modo, se appena era possibile, di non andarsi a meritare le leggiadre carezze di un Tir che mi stava facendo la barba al cofano.
Chissà, in quel paese avrei forse potuto essere il farmacista locale ed innamorarmi della Dirce, la più bella di tutte le contrade. Lei avrebbe di certo preferito Romildo, un rozzo e prestante boscaiolo, ma poi avrei saputo che la timida Palmira da sempre aveva un debole per me, scoprendo così che l’amore e la modestia della ragazza della porta accanto valgono milioni di volte l’indifferenza della gran gnocca imperiale.
Ma non c’è tempo, non c’è tempo. Nuovi abiti si devono vestire, nuove inquadrature di panorami scorrono nella cornice del parabrezza.
Lungo quel crinale sarei stato l’impavido contrabbandiere galantuomo…ma non c’è tempo, scorre la strada, corre l’asfalto.
In quella casetta sperduta al limitare del bosco, avrei scritto nel più completo eremitaggio i miei bellissimi romanzi, amati dai lettori di tutto il mondo…ma ancora non c’è tempo, ci sono solo chilometri da masticare in tutta fretta, sputando il nocciolo di mille identità mancate.

E alla fine di ogni viaggio, certo, ero ben contento di essere arrivato abbastanza presto a destinazione, sulle pur placide ruote della mia 313 GT. Ma il gusto in bocca era lo stesso di uno stupendo libro purtroppo non letto, di un bacio tanto desiderato e sfortunatamente dalla bocca mai sbocciato.

12 commenti:

Rosa ha detto...

Eppure, per colmo di paradosso, tutti quei luoghi non abitati e quelle bocche non baciate ti hanno fatto scrivere un bellissimo post! Secondo me la tua malattia si cura con un po' di film on the road...
Oppure con un viaggio a Los Angeles: lì nel genius loci entri solo ed esclusivamente con la macchina. Appena sei a piedi tutto l'universo si appiattisce in uno spaventoso mondo ad una dimensione e il ralenti...

Gillipixel ha detto...

@->Rose: grazie, lusingato dei complimenti :-) va beh, mi noleggerò "Convoy", "Duel" e "The hitcher"...o forse sto sbagliando titoli? :-D
Sarà meglio "La camionista" con Srena Grandi? :-)

La cura losangelina me la farei però, anche se credo che un campagnolo come me avrebbe parecchie difficoltà a districarsi sulle nodose highway :-)

Grazie, simpatica Rosellina di lucsemburgo :-)

farlocca farlocchissima ha detto...

sono d'accordo con rosa, il post è bello davvero ma questo senso "della mancata occasione" te lo appoggio solo in senso poetico. a piedi le cose a volte le vedi ancora meno perché la fatica fisica ti chiude la voglia di guardare e poi contrabbandiere etc è bellissimo, ma benediciamo le 313GT che ci fa andare da qui a lì in poco tempo... fatte l'appennino a dorso di mulo e poi ne parliamo :-D (oh, dice palise qua l'oracolo, che sia un po' scontato il mio commentare?)

Gillipixel ha detto...

@->Farly: eh va beh...ma allora non c'è più spazio nemmeno per un grammo di poesia in questo freddo mondo tecnologizzato? :-D ahahahaha...
Sono d'accordo, Farly, tutto vero quel che dici...corro subito a fare atto di contrizione al museo di Sevres, dove conservano i campioni di tutte le unità di misura :-D

farlocca farlocchissima ha detto...

ecco ti confesso che l'immagine di te brigante-contrabbandiere che eprcorri l'appennino a dorso di mulo ... be' è meravigliosa :-) salutami le unità di misura

Gillipixel ha detto...

@->Farly: grazie, Farly...però a pensarci bene, forse non avrebbe funzionato tanto: avrei incontrato una guardia doganale in difficoltà economiche, impietosito, gli avrei ceduto parte del contrabbando e i miei traffici sarebbero riusciti a metà :-) contrabbandiere sì, ma gentiluomo :-) ehehehe

maria rosaria ha detto...

guidare mi piaceva tanto, ma poi il troppo guidare mi è diventato indigesto ed ora solo scooter; dove pensi a guardare bene a destra e a sinistra, a tagliare la strada in tempo agli automobilisti immersi nel vagare dei loro pensieri, e intenti a cambiar abito, a fare attenzione a non lasciare qualche ammennicolo sull'asfalto causa striscata... c'è una bella vena romantica che percorre tutto il tuo post, ergo guidare la macchina forse restituisce calore... decisamente lo scooter no.
bacio

Gillipixel ha detto...

@->Maria Rosaria: alla fine son costretto a capitolare, EmRose :-) Anche Rosalucs e Farly in sostanza mi hanno fatto notare che se queste cose le ho scritte dopo una guidata, guidare non deve essere poi così male :-)
Decisamente mi sono contraddetto dunque, ma piacevolmente e sempre poeticamente :-)
Grazie, ricambio il bacio :-)

Lara ha detto...

Se davvero ti sei contraddetto, evviva le contraddizioni!
Il tuo è davvero un bel post, ma secondo hai anche perfettamente ragione ^_^
Ciao,
Lara

Gillipixel ha detto...

@->Lara: ehehheeh :-) grazie Lara...non avevo dubbi che nella tua saggezza campagnola mi avresti capito...
ciao e una carezza alla piccola Frida :-) io sono in prevalenza felinofilo, ma anche i cagnetti mi son simpatici :-)

dipòk ha detto...

Smirkino felinofilo, ma dove mi sei sparito? :))
(non ti sarai mica offeso pei miei rudi comportamenti asburgici vero?)
dipòk

Gillipixel ha detto...

@->Dipòk: ehehehehe...ma no, ma no, Dipòk :-) nessuna offesa, ci mancherebbe :-) è solo un periodo un po' incasinato per me, sono distratto da altre cose ed ho poco tempo per leggere e commentare in genere...non temere, sono sempre un tuo fan fedele :-) appena passa un po' questo momento di emergenza, ritorno alla mia assiduità consueta :-)
Grazie del tuo affettuoso richiamo, l'ho apprezzato davvero tanto, sei stata proprio carina :-)