lunedì 10 maggio 2010

Quattro passi nel nulla


Cos’hanno in comune la nuova sfavillante viabilità diffusa negli ultimi decenni sui nostri territori, il tempo libero opposto alla frenesia lavorativa, e la passione per le tecnologie all’ultimo grido sempre più sfavillanti?
Certo che come incipit, questo mio bizzarro quesito non promette granché. Non so come mai, ma mi ricorda un po’ troppo da vicino quelle mitiche barzellette anni ’70 che immancabilmente iniziavano con «…ci sono un italiano, un inglese e un tedesco…».
Ma bandendo le ciance, veniamo al nocciolo dello sproloquio odierno. Credo che viabilità, gestione del tempo e mirabilia del bit, abbiano in comune la potenziale devianza verso il nulla.

Per quanto riguarda strade e strutture affini, al servizio degli spostamenti veicolari, mi riferisco ovviamente a quelle zone dello Stivale nelle quali negli ultimi tempi le amministrazioni ai vari livelli, più hanno investito in termini di energie e denaro, rimpinzando le prime periferie e le campagne suburbane di tangenziali, rotonde, bretelle, svincoli, sovra e sottopassi, et similia. Sarà una mia impressione, sicuramente deformata della lente del ricordo infantile, che spesso indora più del dovuto le proporzioni delle realtà percepite, ma mi sembra di poter dire che prima, con quelle quattro stradacce che ci ritrovavamo, le mete avevano un proprio valore qualitativo più marcato e dotato di un’identità propria netta e ben spiccata. Adesso invece, pur super-instradati come siamo, si ha sempre la velata impressione di fondo che non ci sia più una beata minchia di posto decente dove andare a parare.
La cosa si spiega a mio avviso su diversi livelli. Da una parte, non solo gli obiettivi degli spostamenti si sono parecchio banalizzati, ma hanno subito anche quella febbrile tendenza all’addensamento, che ha portato ad impiantare certe cattedrali nel deserto come multisale pluri-accessoriate, iper-ultra-super-extra centri commerciali o mastodontici divertimentifici tripli concentrati, vere e proprie idrovore risucchianti significati urbanistici, a spese di tutto il circondario impoverito nelle sue funzioni ed identità territoriali.
Inoltre, alla banalizzazione delle mete contribuisce forse anche la loro eccessiva ridondanza: troppe cose, troppe funzioni, troppa offerta diversificata e moltiplicata in troppi pochi metri quadrati, tanto da trasformare gli avventori in una schiera di novelli “Tantali”, vessati dall’affanno di riuscire ad afferrare tutto l’appetibile a disposizione, ma scornati dal ritrovarsi con in mano il pugno di mosche di un inevitabile rintronamento ipersensoriale.

Lo stesso spirito metaforicamente tendente ad incensare le strade, per poi, con rispetto parlando, “immerdare” senza ritegno le loro mete di pertinenza, cominciai a subodorarlo già dagli anni ’80, proprio riguardo al secondo tema cui facevo cenno sopra: la passione tecnologica.
All’epoca, raggiunse il suo pieno fulgore la moda dello stereo. Ricordo certi miei amici “Altamente Fedeli” che erano capaci di farti una capa tanta con amplificatori, equalizzatori, woofer, subwooofer, tweeter, midrange e compagnia stereofonica bella. Gente che mangiava Technics, respirava Marantz, beveva Bose, digeriva JBL, sognava Revox e seguiva solo il vangelo secondo Bang & Olufsen.
Ma poi, una volta che ti invitavano a casa loro per stupirti con la meraviglia delle fantasmagorie sonore in grado di scaturire dalle loro casse, ti propinavano le musiche più “escrementizie” immaginabili.
Quella stereofonicità esasperata si poneva insomma come precursore degli odierni serpentoni tangenziali e rotondeggianti: la strada da percorrere aveva più dignità della meta da raggiungere. Con una nuova e perversa riedizione di lusinghe volpinesche e machiavellicheggianti, era il mezzo a giustificare se stesso, dato che il fine non era più in grado di farlo.
Nella stessa maniera, quanta gente conosco oggi che possiede telefoni cellulari o pc coi quali potrebbe benissimo coordinare un lancio dello Shuttle Columbia, e invece al massimo esagera a scrivere una stiracchiata paginetta di word ogni tanto, oppure si guarda un video su Youtube mentre passeggia per strada, invece di prestare la dovuta attenzione alla gnocca transeunte.

Il discorso potrebbe finire qui, cari amici viandanti per pensieri, e ce ne sarebbe d’avanzo. Se non fosse che mi par quasi d’udire in sottofondo le vostre proteste garbate: «…Ma come: ci avevi promesso tre articoli e adesso pretendi di cavartela con due? Che fine ha fatto il capitolo “tempo libero opposto alla frenesia lavorativa”? Noi si è pagato il biglietto e non ci garba tanto fare il prendi due e sborsi per tre…».

D’accordo, d’accordo, ma anche questa pratica è presto sbrigata: alzi la mano chi non si è mai ritrovato a fare un lavoro di merda, trascorrendoci sopra settimane sostanziate della stessa medesima materia, solo per accorgersi nel week-end che non vedeva l’ora tornasse il lunedì, perché se fogna doveva essere, che lo fosse almeno in modo onesto e limpido…
E allora, che cosa ve lo dico a fare?

Così, alla fine, vi avevo avvertito o no? Tutto si conclude nella migliore delle tradizioni: l’inglese, avesse preso la parola su questi problemi, sarebbe stato snob e presuntuoso; il tedesco avrebbe sfoggiato il suo smalto migliore da saputello dalla mente ordinata und disciplinaten; mentre voi vi siete dovuti accontentare dell’italiano, che come previsto si è distinto da buon brontolone, nostalgico, obnubilato dall'Età dell'Oro ed un tantinello scoreggione.



2 commenti:

farlocca farlocchissima ha detto...

"oppure si guarda un video su Youtube mentre passeggia per strada, invece di prestare la dovuta attenzione alla gnocca transeunte." l'altro giorno quasi metto sotto un cretino che invece di dare dovuta attenzione al passaggio auto guardava qualcosa sul suo prezioso iphone... mica solo alla gnocca non fanno attenzione!! comunque mi trovo come al solito in sintonia, che cosa cacchio dovessero farci con quegli stereo mega-supe-ultra gli amichetti dell'epoca me lo chiedevo sempre, visto che poi ci ascoltavano sopra fetidi lp magari di disco music... bacio sintonizzato

ps. ovviamente paludo alla scelta musicale :-)

Gillipixel ha detto...

@->Farly: eheheheh :-) vien quasi da dire che ogni epoca ha i suoi non-sensi, Farly, ma alla fine, a ben guardare, non c’è mai nulla di nuovo sotto il sole: ieri era l’armatura dei Samurai a svuotarsi di significato, trasformandosi da fiero strumento di difesa dell’onore a vacuo ornamento delle vanità, oggi è la stereofonia…sempre roba giapponese è, ma il concetto non cambia :-)
bacini in dolby surround :-)