Vi siete mai abbandonati al piacere della «deriva cazzatoria»? Ecco, magari se ci spieghi di cosa diavolo si tratta, c’è il caso che riusciamo anche a rispondere, direte voi.
Non è niente di complicato, credetemi. Tutto quel che serve è un gruppo di amici e una serata con del tempo da perdere. Con gli amici ci deve essere un’intesa piuttosto buona. La dimestichezza a chiacchierare con loro deve godere di un lungo periodo di sedimentazione costruito negli anni. La «deriva cazzatoria» riesce molto meglio se l’abitudine a discutere insieme di tutto e di nulla, senza una meta argomentativi precisa, sia stata esercitata in decine e decine di incontri privi di scopo pratico alcuno. L’effetto viene amplificato se parallelamente si è sedimentato un ampio e comune “vocabolario di stupidate” accumulate in quella lunga pratica del chiacchiericcio gratuito e surrealistico. Quando sussiste questa sintonia nel patrimonio “semantico idiotistico collettivo”, gli spunti per ridere e stare bene insieme si amplificano, perché si possono posare i piedi del ragionamento su un retroterra condiviso di significati faceti, frizzi e lazzi consolidati.
Altro fattore fondamentale: la «deriva cazzatoria» non è assolutamente programmabile. Non si sa mai il momento in cui può capitare, s’insinua fra le pieghe dei discorsi quando meno te l’aspetti, s’innesca impalpabile con passi leggeri, proprio mentre qualcuno se ne viene fuori con l’affermazione più improbabile ed inconsistente. Tanto che, nell’attimo in cui ti rendi conto di essere stato preso dentro i flutti turbinosi più cazzateschi e “non-sensuali”, è ormai già troppo tardi. L’unica cosa da fare a quel punto è godersi la corrente demenziale, prestare ad essa il fianco e rinfocolare il falò delle boiate con generosi ceppi di lignea scemenza.
Come l’altra sera.
Dovevo incontrarmi con due miei amici storici, in piazza a Gillipixiland. Dovete sapere che l’aere gillipixilandese, data la vicinanza di numerosi allevamenti, s’intride soventemente di afrori bovini, talvolta in misura blanda, tal’altra assumendo sfumature decisamente totalizzanti. Tanto che, fra le frasi di circostanza più in voga, «…Non ci sono più le mezze stagioni…» se la gioca ormai ad armi pari con «…Però, bella puzza di “me…da” stasera!…» (chiedo scusa, ma la “erre” se l’è mangiata la censura…).
E’ stato proprio con quella frase di rito, che me ne sono venuto fuori io dopo un po’, dando sfoggio della mia eccelsa sottigliezza di uomo che sa stare in società. Rincarando la dose poi subito appresso: «…Ci credo che è così potente…dev’essere quella stalla di circa 600 vacche…». Al che uno dei miei amici ha ribattuto: «…Eh sì, 600 Wacc sono tanti…».
Avevamo definito, senza quasi rendercene conto, la nuova unità di misura internazionale per la puzza di stalla. Da lì ad andare a valanga con le boiate, è stato un attimo. Chi “dementizzava”: «…Pensa se fossero mille Wacc…allora sì che ci sarebbe da stare barricati in casa, con un KiloWacc di potenza disperso per le strade…», e chi rinforzava d’idiozia molesta: «…Sì, è poi l’azienda dovrebbe dotarsi di un operaio super specializzato, il KiloWaccaro…».
La «deriva cazzatoria» era innescata e ormai nulla la poteva contenere. Una cosa che però mi sono dimenticato di aggiungere è che, forse, per difendersi dagli effetti molesti della puzza di stalla vagante per le strade al tuo fianco come un ingombrante compagno di viaggio, l’unica via di scampo sta nell’utilizzo di qualche prodotto repellente apposito.
La marca? Ma Johnson Wacc, ovviamente.
Non è niente di complicato, credetemi. Tutto quel che serve è un gruppo di amici e una serata con del tempo da perdere. Con gli amici ci deve essere un’intesa piuttosto buona. La dimestichezza a chiacchierare con loro deve godere di un lungo periodo di sedimentazione costruito negli anni. La «deriva cazzatoria» riesce molto meglio se l’abitudine a discutere insieme di tutto e di nulla, senza una meta argomentativi precisa, sia stata esercitata in decine e decine di incontri privi di scopo pratico alcuno. L’effetto viene amplificato se parallelamente si è sedimentato un ampio e comune “vocabolario di stupidate” accumulate in quella lunga pratica del chiacchiericcio gratuito e surrealistico. Quando sussiste questa sintonia nel patrimonio “semantico idiotistico collettivo”, gli spunti per ridere e stare bene insieme si amplificano, perché si possono posare i piedi del ragionamento su un retroterra condiviso di significati faceti, frizzi e lazzi consolidati.
Altro fattore fondamentale: la «deriva cazzatoria» non è assolutamente programmabile. Non si sa mai il momento in cui può capitare, s’insinua fra le pieghe dei discorsi quando meno te l’aspetti, s’innesca impalpabile con passi leggeri, proprio mentre qualcuno se ne viene fuori con l’affermazione più improbabile ed inconsistente. Tanto che, nell’attimo in cui ti rendi conto di essere stato preso dentro i flutti turbinosi più cazzateschi e “non-sensuali”, è ormai già troppo tardi. L’unica cosa da fare a quel punto è godersi la corrente demenziale, prestare ad essa il fianco e rinfocolare il falò delle boiate con generosi ceppi di lignea scemenza.
Come l’altra sera.
Dovevo incontrarmi con due miei amici storici, in piazza a Gillipixiland. Dovete sapere che l’aere gillipixilandese, data la vicinanza di numerosi allevamenti, s’intride soventemente di afrori bovini, talvolta in misura blanda, tal’altra assumendo sfumature decisamente totalizzanti. Tanto che, fra le frasi di circostanza più in voga, «…Non ci sono più le mezze stagioni…» se la gioca ormai ad armi pari con «…Però, bella puzza di “me…da” stasera!…» (chiedo scusa, ma la “erre” se l’è mangiata la censura…).
E’ stato proprio con quella frase di rito, che me ne sono venuto fuori io dopo un po’, dando sfoggio della mia eccelsa sottigliezza di uomo che sa stare in società. Rincarando la dose poi subito appresso: «…Ci credo che è così potente…dev’essere quella stalla di circa 600 vacche…». Al che uno dei miei amici ha ribattuto: «…Eh sì, 600 Wacc sono tanti…».
Avevamo definito, senza quasi rendercene conto, la nuova unità di misura internazionale per la puzza di stalla. Da lì ad andare a valanga con le boiate, è stato un attimo. Chi “dementizzava”: «…Pensa se fossero mille Wacc…allora sì che ci sarebbe da stare barricati in casa, con un KiloWacc di potenza disperso per le strade…», e chi rinforzava d’idiozia molesta: «…Sì, è poi l’azienda dovrebbe dotarsi di un operaio super specializzato, il KiloWaccaro…».
La «deriva cazzatoria» era innescata e ormai nulla la poteva contenere. Una cosa che però mi sono dimenticato di aggiungere è che, forse, per difendersi dagli effetti molesti della puzza di stalla vagante per le strade al tuo fianco come un ingombrante compagno di viaggio, l’unica via di scampo sta nell’utilizzo di qualche prodotto repellente apposito.
La marca? Ma Johnson Wacc, ovviamente.