A parte il carezzatore e grattinista professionale di gatti, oppure l’attore porno-platonico (e dopo vi spiego cos’è), fra i mestieri che più mi piacerebbe fare da grande c’è anche l’«osservatore itinerante di case». Sempre per via del discorso che non ritengo per nulla di essere diventato ancora grande.
Gustarsi la vista di case ed edifici di vario genere mentre ci si muove in mezzo ad una città o si “serpentineggia” lungo i flussi ambientali di un paesaggio, è attività molto gratificante in ordine alla sua proprietà evocativa.
Sono convinto che nei primi anni della propria vita, ciascun essere umano riceva una sorta di “imprinting” architettonico dalle case nelle quali si ritrova a vivere il suo tempo. Ci sono dei dettagli, delle particolarità, talune componenti specifiche degli ambienti in cui si dipanano le fasi cruciali della nostra formazione personale, che si fondono così indissolubilmente a certe sensazioni e percezioni profondamente assorbite da fonti di altra natura, tanto da formare un substrato inconscio che ci accompagna poi per tutti gli anni a venire (uhm…forse il discorso non suona proprio così nuovo. Marcel Proust: chi era costui?).
Una componente fondamentale del mestiere di «osservatore itinerante di case» (se regolarmente iscritto all’albo dei professionisti del “divertirsi con poco”), è la velocità con la quale ci si muove entro il panorama del proprio osservatorio. In questo senso, si determinano tre tipologie di «osservatori itineranti di case»: l’appiedato, il “biciclettato” e il motorizzato (quest’ultimo anche nella fondamentale variante del “trenizzato”).
L’osservazione di case praticata muovendosi a piedi è paragonabile alla lettura di un lungo romanzo, magari di quelli ottocenteschi, belli “tomeschi” e ricchi di personaggi a fiume. Lo scenario ideale in questo caso è l’ambiente urbano. Il profilo di un balcone si staglia in fondo all’imbuto visivo di un borghetto; una certa decorazione incornicia una sequenza di finestre; attraverso un portone semichiuso, la penombra misteriosa lascia intravedere l’antro di un giardinetto tutto verzure, sprizzante cure amorevoli da ogni ordinata fogliolina.
I dettagli si sommano fra di loro, mescolandosi a suggestioni interiori, delle quali nemmeno sapremmo rendere conto in termini espliciti e diretti, vaghe impressioni rimaste chissà come appiccicate a quelle fattezze edili, magari già viste in forme analoghe, chissà quando e chissà dove, in chissà quali altre occasioni, fino a quando nei nostro pensieri prende vita un racconto non lineare, ampio, nel quale è bello lasciarsi trascinare, quasi smarrendosi in esso.
Osservare le case muovendosi in bicicletta è invece una prerogativa più strettamente “campagnolesca”. Non solo per il fatto che in città, distraendoti quel filo più del dovuto, corri il non trascurabile rischio di venir arrotato senza tanti complimenti. Ma soprattutto per le fondamentali implicazioni legate alla velocità. Pur essendo ridotta nel caso della bici, questa è già sufficiente per far esigere spazi più ampi alla “degustazione architettonica” e per trasformare l’osservazione di case in una sorta di ben più snella lettura di racconto. C’è meno tempo per attardarsi sui dettagli, bisogna essere più selettivi nel coglierli, il motivo conduttore della storia deve imporsi con più celerità ed evidenza, ed inevitabilmente il senso del nostro “assorbire forme” passa proprio dai modi ampi e dilatati del romanzo, a quelli nervosi, scattanti, del racconto.
C’è poi l’osservatore di case motorizzato. Qui l’assorbimento di fogge architettoniche ha la proprietà di evocare effetti mnemonici e suggestivi a raffica. L’osservazione di case praticata su mezzi ad alta velocità può veramente concretizzarsi in una scorpacciata di emozioni non comune. La cosa assume poi tratti ancor più peculiari nel caso del treno, per via della linearità del moto e della possibilità di inquadrare lo scenario degustato entro la cornice stabile di un finestrino ampio. In treno, osservazione e pensiero scorrono dapprima su due flussi paralleli indisturbati e, lasciandosi gradatamente andare, ci si accorge che dopo un po’ quei flussi si sono fusi, sempre a patto di non farci caso più di tanto, per non far svanire l’incanto. Quasi inutile precisare che se a piedi era un romanzo e in bici un racconto, con questa ultima modalità di movimento elevato, l’osservazione di case si trasforma nella visione di un film.
I dettagli architettonici che sanno suscitare in me ricordi profondissimi e remoti sono una miriade. In modo particolare, sono sensibile alle case diroccate, ma non saprei dirvi bene perché. Le case mezze crollate, quelle dove rimane in piedi qualche mozzicone di muro, oppure con le pareti ancora piuttosto integre, ma con grandi sbrecciature. Forse il fascino che, promanando da esse, finisce per catturarmi sta nel loro essere situate ormai in una dimensione che va “oltre il dolore e l’affanno umano”. Immagino le generazioni che vi hanno abitato, le mille gioie e preoccupazioni che hanno albergato fra quelle mura, e che un tempo furono sentimenti immensi, talvolta anche sconvolgenti, all’apparenza insormontabili persino. E comparo tutto questo alla quiete odierna di quei mattoni ormai saggi, ormai familiari ad ogni evento, ormai scafati dal tempo, per averne viste di tutti i colori, sotto ogni clima.
Non deve stupire il fatto che dei muri cadenti possano fornire materiale utile per l’osservatore di case. Egli sa che non deve aspettarsi solamente sensazioni edulcorate o rassicuranti. Deve farsi trovare pronto a leggere negli oggetti della propria contemplazione, non solo gli aspetti piacevoli, ma anche la “durezza del vivere”. In ogni caso, il suo occhio deve rivolgersi sempre con estrema sincerità d’animo a muri, tetti, strade e compagnia architettonica bella, che di volta in volta si appresta a rimirare. Questa è l’unica e primaria regola deontologica alla quale lo scrupoloso osservatore di case deve attenersi.
Un altro dettaglio architettonico per me molto fascinoso, ma della cui origine suggestiva vi so rendere conto ancor di meno, sono quegli altissimi monocoli di finestra oblunghi e verticali, che da un certo periodo in poi (diciamo metà ‘900, anche se non sono di certo un’invenzione, né una novità di quel secolo) si è cominciato a posizionare sulla parete che fiancheggia esternamente il vano delle scale di casette, condomini, o ville. Queste finestrature allungate in elevazione mi hanno sempre trasmesso un’idea di possibilità, l’eventualità di poter avere “accesso spirituale” alla casa che su cui sono appiccicate. Sono come degli spaccati ideali, anche se poi di fatto non lasciano intravedere nulla dell’interno. La forza evocativa di queste alte finestre dev’essere anche legata al loro parallelismo con la scala, che a sua volta rappresenta una sorta di sonda d’esplorazione verticale di tutto l’«umore» dell’edificio.
Ma troppo ci sarebbe da dire, cari amici viandanti per pensieri, sulle sfumature edili dalle quali un appassionato osservatore di case può lasciarsi trasportare con sommo diletto. Tante e tali, che faremmo notte. Non mi rimane dunque che chiudere qui il discorso ed augurare per adesso buonanotte ai suonatori.
Ah, no, scusate…quasi dimenticavo. Vi avevo promesso d’illustrarvi in cosa consiste la professione dell’attore porno-platonico. Il genere cinematografico in questione non è ancora noto, attualmente. Entrerà in voga grosso modo verso la metà del presente secolo. Questi film, a dispetto della loro definizione, fanno dell’assenza totale del sesso esplicito, la propria forza narrativa. Nei film porno-platonici il sesso è assolutamente implicito. I protagonisti sono persone pressoché normali, coi loro sani appetiti ed istinti. Per la loro inveterata ed inguaribile ritrosia e timidezza, tuttavia, non riescono mai a battere chiodo. I protagonisti si rincorrono, si cercano, si desiderano anche parecchio, ma per un motivo o per l’altro il loro desiderio rimane sempre potenziale ed inespresso. Le storie sono così continuamente attraversate da una tensione erotica fortissima, che mai si concretizza, mai è portata a compimento.
Ma perché definirli anche con la parola “porno”? Perché come nei film pornografici tradizionali, anche in quelli platonici sono raffigurati accadimenti del tutto irreali o perlomeno altamente improbabili in un’ambientazione che ambisca ad avere una minima parvenza di verosimiglianza.
O no?
Gustarsi la vista di case ed edifici di vario genere mentre ci si muove in mezzo ad una città o si “serpentineggia” lungo i flussi ambientali di un paesaggio, è attività molto gratificante in ordine alla sua proprietà evocativa.
Sono convinto che nei primi anni della propria vita, ciascun essere umano riceva una sorta di “imprinting” architettonico dalle case nelle quali si ritrova a vivere il suo tempo. Ci sono dei dettagli, delle particolarità, talune componenti specifiche degli ambienti in cui si dipanano le fasi cruciali della nostra formazione personale, che si fondono così indissolubilmente a certe sensazioni e percezioni profondamente assorbite da fonti di altra natura, tanto da formare un substrato inconscio che ci accompagna poi per tutti gli anni a venire (uhm…forse il discorso non suona proprio così nuovo. Marcel Proust: chi era costui?).
Una componente fondamentale del mestiere di «osservatore itinerante di case» (se regolarmente iscritto all’albo dei professionisti del “divertirsi con poco”), è la velocità con la quale ci si muove entro il panorama del proprio osservatorio. In questo senso, si determinano tre tipologie di «osservatori itineranti di case»: l’appiedato, il “biciclettato” e il motorizzato (quest’ultimo anche nella fondamentale variante del “trenizzato”).
L’osservazione di case praticata muovendosi a piedi è paragonabile alla lettura di un lungo romanzo, magari di quelli ottocenteschi, belli “tomeschi” e ricchi di personaggi a fiume. Lo scenario ideale in questo caso è l’ambiente urbano. Il profilo di un balcone si staglia in fondo all’imbuto visivo di un borghetto; una certa decorazione incornicia una sequenza di finestre; attraverso un portone semichiuso, la penombra misteriosa lascia intravedere l’antro di un giardinetto tutto verzure, sprizzante cure amorevoli da ogni ordinata fogliolina.
I dettagli si sommano fra di loro, mescolandosi a suggestioni interiori, delle quali nemmeno sapremmo rendere conto in termini espliciti e diretti, vaghe impressioni rimaste chissà come appiccicate a quelle fattezze edili, magari già viste in forme analoghe, chissà quando e chissà dove, in chissà quali altre occasioni, fino a quando nei nostro pensieri prende vita un racconto non lineare, ampio, nel quale è bello lasciarsi trascinare, quasi smarrendosi in esso.
Osservare le case muovendosi in bicicletta è invece una prerogativa più strettamente “campagnolesca”. Non solo per il fatto che in città, distraendoti quel filo più del dovuto, corri il non trascurabile rischio di venir arrotato senza tanti complimenti. Ma soprattutto per le fondamentali implicazioni legate alla velocità. Pur essendo ridotta nel caso della bici, questa è già sufficiente per far esigere spazi più ampi alla “degustazione architettonica” e per trasformare l’osservazione di case in una sorta di ben più snella lettura di racconto. C’è meno tempo per attardarsi sui dettagli, bisogna essere più selettivi nel coglierli, il motivo conduttore della storia deve imporsi con più celerità ed evidenza, ed inevitabilmente il senso del nostro “assorbire forme” passa proprio dai modi ampi e dilatati del romanzo, a quelli nervosi, scattanti, del racconto.
C’è poi l’osservatore di case motorizzato. Qui l’assorbimento di fogge architettoniche ha la proprietà di evocare effetti mnemonici e suggestivi a raffica. L’osservazione di case praticata su mezzi ad alta velocità può veramente concretizzarsi in una scorpacciata di emozioni non comune. La cosa assume poi tratti ancor più peculiari nel caso del treno, per via della linearità del moto e della possibilità di inquadrare lo scenario degustato entro la cornice stabile di un finestrino ampio. In treno, osservazione e pensiero scorrono dapprima su due flussi paralleli indisturbati e, lasciandosi gradatamente andare, ci si accorge che dopo un po’ quei flussi si sono fusi, sempre a patto di non farci caso più di tanto, per non far svanire l’incanto. Quasi inutile precisare che se a piedi era un romanzo e in bici un racconto, con questa ultima modalità di movimento elevato, l’osservazione di case si trasforma nella visione di un film.
I dettagli architettonici che sanno suscitare in me ricordi profondissimi e remoti sono una miriade. In modo particolare, sono sensibile alle case diroccate, ma non saprei dirvi bene perché. Le case mezze crollate, quelle dove rimane in piedi qualche mozzicone di muro, oppure con le pareti ancora piuttosto integre, ma con grandi sbrecciature. Forse il fascino che, promanando da esse, finisce per catturarmi sta nel loro essere situate ormai in una dimensione che va “oltre il dolore e l’affanno umano”. Immagino le generazioni che vi hanno abitato, le mille gioie e preoccupazioni che hanno albergato fra quelle mura, e che un tempo furono sentimenti immensi, talvolta anche sconvolgenti, all’apparenza insormontabili persino. E comparo tutto questo alla quiete odierna di quei mattoni ormai saggi, ormai familiari ad ogni evento, ormai scafati dal tempo, per averne viste di tutti i colori, sotto ogni clima.
Non deve stupire il fatto che dei muri cadenti possano fornire materiale utile per l’osservatore di case. Egli sa che non deve aspettarsi solamente sensazioni edulcorate o rassicuranti. Deve farsi trovare pronto a leggere negli oggetti della propria contemplazione, non solo gli aspetti piacevoli, ma anche la “durezza del vivere”. In ogni caso, il suo occhio deve rivolgersi sempre con estrema sincerità d’animo a muri, tetti, strade e compagnia architettonica bella, che di volta in volta si appresta a rimirare. Questa è l’unica e primaria regola deontologica alla quale lo scrupoloso osservatore di case deve attenersi.
Un altro dettaglio architettonico per me molto fascinoso, ma della cui origine suggestiva vi so rendere conto ancor di meno, sono quegli altissimi monocoli di finestra oblunghi e verticali, che da un certo periodo in poi (diciamo metà ‘900, anche se non sono di certo un’invenzione, né una novità di quel secolo) si è cominciato a posizionare sulla parete che fiancheggia esternamente il vano delle scale di casette, condomini, o ville. Queste finestrature allungate in elevazione mi hanno sempre trasmesso un’idea di possibilità, l’eventualità di poter avere “accesso spirituale” alla casa che su cui sono appiccicate. Sono come degli spaccati ideali, anche se poi di fatto non lasciano intravedere nulla dell’interno. La forza evocativa di queste alte finestre dev’essere anche legata al loro parallelismo con la scala, che a sua volta rappresenta una sorta di sonda d’esplorazione verticale di tutto l’«umore» dell’edificio.
Ma troppo ci sarebbe da dire, cari amici viandanti per pensieri, sulle sfumature edili dalle quali un appassionato osservatore di case può lasciarsi trasportare con sommo diletto. Tante e tali, che faremmo notte. Non mi rimane dunque che chiudere qui il discorso ed augurare per adesso buonanotte ai suonatori.
Ah, no, scusate…quasi dimenticavo. Vi avevo promesso d’illustrarvi in cosa consiste la professione dell’attore porno-platonico. Il genere cinematografico in questione non è ancora noto, attualmente. Entrerà in voga grosso modo verso la metà del presente secolo. Questi film, a dispetto della loro definizione, fanno dell’assenza totale del sesso esplicito, la propria forza narrativa. Nei film porno-platonici il sesso è assolutamente implicito. I protagonisti sono persone pressoché normali, coi loro sani appetiti ed istinti. Per la loro inveterata ed inguaribile ritrosia e timidezza, tuttavia, non riescono mai a battere chiodo. I protagonisti si rincorrono, si cercano, si desiderano anche parecchio, ma per un motivo o per l’altro il loro desiderio rimane sempre potenziale ed inespresso. Le storie sono così continuamente attraversate da una tensione erotica fortissima, che mai si concretizza, mai è portata a compimento.
Ma perché definirli anche con la parola “porno”? Perché come nei film pornografici tradizionali, anche in quelli platonici sono raffigurati accadimenti del tutto irreali o perlomeno altamente improbabili in un’ambientazione che ambisca ad avere una minima parvenza di verosimiglianza.
O no?
16 commenti:
Porno-platonici...definizione perfetta e assoluta!:)))))))))
Sarebbero anche film notevoli sul piano narrativo e della messa in scena...molto meglio la tensione per quello che può succedere ma anche no che la solita scena dell'idraulico baffuto e già mezzo nudo, in salopette, che ti suona alla porta, e la tipa sdilinquente e con l'occhio stracco.
Alle donne piacerebbero un sacco, te lo garantisco.:)))))))))
Concordo assolutamente sul fascino esercitato dalle vecchie dimore diroccate...penso a tutte le vite che le hanno animate, a quello che potrebbero diventare con un buon restauro, alla posizione, ai giardini meravigliosi che si potrebbero costruire intorno...
Sono proprio fascinose, sono vecchie signore.
Che bel post, Gilli!:)))))))
@->Vale: grazie, Vale :-) è sempre una soddisfazione quando qualcuna delle mie sgangherate invenzioni surreali coglie nel segno della fantasia altrui, soprattutto se è una fantasia speciale come la tua :-)
Giuro che non so come mi vengono in mente queste vaccate :-D
Di fondo, direi che c'è sempre un'avversione molto intensa verso il senso comune :-) se una cosa è apprezzata da più di 10 persone, è tutta precisina e ragionevole, ecco che per me comincia già a puzzare di stantio :-)
E poi, fin che lo si fa a livello di immaginazioni narrative, è un'operazione che regala un grande senso di libertà, di "sconfinatezza" :-)
Bacini di luglio e di mici gommossi :-)
Hai una fantasmagorica visione "a parte" dell'esistenza, Gilli...è per questo che sei speciale, e raro.:)))
Scommetto che sei un Acquario...eheh:)))))))))))
Miao!
Eeheheh :-) grazie, Vale, sei troppo carina, ma non so se sono poi così speciale :-) già sono contento le volte che mi riesce di essere normale, e ti garantisco che per me è sempre un'impresa :-)
Non vorrei darti una delusione, e intato ti dico pure che di queste cose non me ne intendo affatto, ma in realtà sono del segno del Cancro :-) dici che è grave? :-)
Bacini astrologici astrusi :-)
"Astrologici astrusi" è fantastico...l'astrologia mi piace come un sacco di altre cose per tutta una serie di intrecci simbolici, letterari, mitologici..insomma tutta la farcitura al completo che popola il mio cervellino...:)))))))comunque il tuo segno definisce perfettamente il tuo andarperpensieri un po' sognante e vagheggiante, sei poetico, lunare e legato alle cose di una volta. Un segno d'Acqua, e in genere sono persone sensibili e dolci...è il ritratto di Gilli!:))))))))))
I mici hanno un sacco di caldo, poveri.
Ieri sera la Zoe, l'altra gatta della Mama si è stesa sul tavolo del salotto, in mezzo alla corrente del vento...lei sì che se la godeva!:))))))
@->Vale, l'astrologia è una materia molto antica, che affonda le sue radici in tradizioni remotissime e fortemente imparentate con le faccende dell'anima :-) sotto questo profilo la rispetto parecchio...anche nelle teorie di Jung trova un posto autorevole, ed è uno dei tanti temi che mi riprometto di approfondire prima o poi :-)
Quella invece sminuzzata in paccottoglia da rotocalco mi lasci alquanto indifferente, nella migliore delle ipotesi :-)
Fortissima la Zoe :-) questi pelliccevoli piccoli amici sanno sempre stupirci con le loro pose buffe ed elegantissime al tempo stesso :-) non ne sono sicuro, ma credo che la loro pelliccia d'estate faccia un po' anche da rivestimento termico...certo, non sarà mica come l'aria condizionata, ma secondo me un po' di protezione ce l'hanno...la natura sa sempre il fatto suo :-)
Chiudo dicendo che se continui a farmi tutti questi complimenti bellissimi, potrò mettermi agli incroci delle strade a fermare le auto, dal tanto che mi fai diventare rosso :-) ehehehhe
Ecco, diciamo che al mio blog almeno il profilo del Cancro si attaglia abbastanza bene...per quanto riguarda me in persona, non saprei :-)
Smissiotti di bacini :-)
:)))))))allora ti farò guadagnare un sacco di soldi come neo-semaforo!
Nemmeno io sono una patita degli oroscopi da rivista...sono baggianatine che sparano nel mucchio e qualche volta ci prendono, chiaro.
L'astrologia è interessante perché ha in sé un mucchio di rimandi e di collegamenti, appunto per le sue valenze simboliche e archetipiche.
E' evidente che ognuno ci vede dentro quello che preferisce.:))))))
La Zoe, comunque, ha il suo bel caratterino...quando ha caldo non c'è verso, puoi avere voglia di coccolarla finché vuoi ma ti lascia sempre lì piantata e sola come una scema...anche questo è il bello dei felini...
Fusa a profusione!:))))))
addomestica i tuoi vizi
"La casa è il vostro corpo più vasto. Essa si espande nel sole e dorme nella quiete della notte e non è senza sogni...Non sogna forse la vostra casa? E sognando, non abbandona la città per il bosco o la sommità della collina?"
...mi hai fatto venire in mente questa frase di Kahil Gibran...uno dei miei preferiti..
scusa la digressione...:=))
ciao!
@->Vale: proprio così, Vale, i miciotti sono un vero e proprio enigma comportamentale :-) inutile capirci qualcosa, ci si deve solo adeguare come di fronte ad sommo mistero :-)
A proposito: le tue "fusa a profusione" mi hanno fatto venire in mente una buffa invenzione poetica parallela :-) giocando sulla tua frase e mutandola in "fusa a trasfusione" :-) ho pensato che oltre all'AVIS dovrebbe esistere anche l'AVIF, Associazione Italiana Volontari Fusa :-) Ognuno potrebbe portare il suo micio negli appositi centri, dove ogni felinotto verrebbe coccolato a dovere e le sue fusa sarebbero registrate dentro ad apposite sacche, pronte poi per essere trasfuse a chi ne avesse bisogno :-)
Quello sì che si potrebbe dire un vero centro "tras-fusionale" :-)
Ehehehehe...è dopo questa, vado a letto e mi copro su bene, pur essendo le 17 e 40 :-D
Bacini fusoderivati :-)
@->Ballo dei flamenchi: molto bello il tuo commento, Cristina, nella sua enigmaticità...non ci crederai, ma proprio su quel tema avevo intenzione di scrivere un articoletto...prossimamente lo cucino :-)
Grazie della visita, molto gradita :-)
Bacini domestici :-)
@->Cristina Berardi: grazie mille per questa citazione perfetta, Cristina :-) se l'avessi conosciuta, l'avrei messa io direttamente nel mio scritto, calza al mille per cento con quanto volevo dire...
L'altra sera ho sentito alla tele la lettura di un passo di Curzio Malaparte, in cui lo scrittore si paragonava ad una città...in realtà credo che questo atteggiamento "metaforico" sia un sintomo di grande civiltà: se le persone sentissero case e paesaggio come prolungamenti dei propri corpi, vivremmo in un mondo migliore, sicuramente :-)
Ancora grazie e bacini ammirati per la tua puntualità citatoria :-)
Avif è un'idea fantastica, Gilli!:))))bisognerebbe concretizzarla subito per portare pace e serenità nella vita di tanti, soprattutto di quelli che diffidano del potere "curativo" dei mici.
I tuoi giochi di parole sono sempre così fantastici...
e spotty dice nonlies, è chiaro, è la pura verità!;))))))))
@->Vale: ahahahah :-) nonlies è perfetto, Vale :-)
Allora iscriviamoci tutti all'AVIF e diventiamo donatori di fusa :-)
Grazie, grazie e grazie ancora per la tua gentilezza :-) e intanto qui il semaforo continua a frenare le auto :-)
Bacini donati :-)
ecco qua risbuco da una finestra immaginata, dopo un'assenza reale da super-lavoro, sin troppo veritiero. passo, un po' in punta di piedi, per lasciare un saluto da un balcone osservato dal basso, mentre un geco, che guarda dall'alto, sbadiglia prima di andare a dormire.
bacini architettati architettonicamente
@->Farly: ehehehehehe :-) ben riemersa dagli abissi professionali, cara Farly :-) Molto gradito questo tuo commento lieve in stile geco :-) la leggerezza del nostro passare nel mondo dovrebbe essere un valore da rivalutare, anche sempre nell'ottica del rispetto di paesaggio ed ambiente costruito :-)
Bacini a zampa lieve :-)
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