lunedì 1 ottobre 2012

Quel gran pezzo della perispomena…


La mia sanità mentale non è mai stata messa in discussione, anche perché, nel caso, si tratterebbe di prodursi in un’argomentazione destinata a fallire sul nascere. Non stupirà dunque il fatto che nelle ultime settimane io mi sia avvicinato lemme lemme allo studio del greco antico. Oddio, “studio” è una parola grossa. Diciamo che mi sono procurato un buon manuale da liceo classico e me lo sto leggiucchiando, però almeno con l’impegno di capirci qualcosa e di serbarne nozioni.

Consiglio vivamente questa attività nei casi di depressione: o vi dà la botta finale da non ritrovare mai più la strada di casa, oppure risulterà essere un toccasana culturale di notevole portata. A me sta facendo un po' questo secondo effetto: assaporare il puro piacere di imparare una materia-tassello e fondamento della nostra identità culturale, senza l’assillo di rendere conto a nessun professore di sorta, e sentire nel contempo la propria conoscenza che risponde gratificata, sgranchendosi le ossa concettuali, come un atleta un po’ attempato dopo una faticosa ma salubre ripresa dell’allenamento fisico.

Per quanto sta nelle mie possibilità, dunque, affronto questa nuova mini-avventura culturale con serietà e soddisfazione. Però sapete com’è. Quando c’è di mezzo un Gillipixel, il pericolo del vagabondaggio per pensieri è sempre lì dietro l’angolo. Infatti, una delle mie più assurde deragliate immaginifiche si è puntualmente concretizzata esattamente nell’affrontare i primi rudimenti di greco antico.

Dovete sapere che questa nobile e vetusta lingua assegna un ruolo molto importante agli accenti. Senza stare qui a farvela “e la rava e la fav-escamente” troppo lunga, vi racconterò solo il minimo necessario per introdurmi nel cuore del mio delirio odierno. Il punto di riferimento generale riguardo alla gestione degli accenti in greco antico è la cosiddetta regola del “trisillabismo”. Secondo questa regoletta, l’accento di tutte le parole greche non può mai risalire oltre la terzultima sillaba. Ossia: le parole greche possono essere accentate solo sull’ultima, sulla penultima, o sulla terzultima sillaba. Prima di esse, no. Inoltre i tipi di accenti più usati sono di due tipi: quello acuto, usato ad esempio nella parola italiana “perché” (diverso dall’accento “grave”, usato nella parola “è”) e quello circonflesso (graficamente reso con un simboletto simile alla tilde spagnola: “ ~ “). Risparmiandovi altri particolari grammaticali, la faccio breve: l’accento acuto può cadere di volta in volta, nei casi opportuni, su una delle tre ultime sillabe, mentre l’accento circonflesso può cadere solo su una delle ultime due.

La parola con accento acuto sull’ultima sillaba è denominata “ossitona”.
La parola con accento acuto sulla penultima sillaba è denominata “parossitona”.
La parola con accento acuto sulla terzultima sillaba è denominata “proparossitona”.

La parola con accento circonflesso sull’ultima sillaba è denominata “perispomena”.
La parola con accento circonflesso sulla penultima sillaba è denominata “properispomena”.

Ed ecco qui finalmente scattare la follia gillipixiana.

Possiamo considerare la lingua greca come la culla del sapere occidentale. Nel suo omerico impasto furono forgiati i metalli preziosi della nostra armatura culturale moderna. Sarà forse stato nell’esaltazione di stare manipolando siffatta nobile materia che, alla luce della mia insania, mi è venuto da trasfigurare la suddetta regola grammaticale, metaforizzandola in una possibile suggestione riguardante una buffa classificazione estetica dell’altra metà del cielo. Detto in parole povere: c’è una regola del trisillabismo anche per valutare la bellezza delle donne.

L’accento è fra le prime caratteristiche di una parola a saltare all’occhio. Anzi, all’orecchio. Ancor prima di conoscere il suo significato, ancor prima di sapere a quale lingua quella parola appartenga, l’accento lo notiamo comunque, nella sua qualità di suono puro. Un fenomeno simile si verifica osservando una donna nella sua interezza fisica pura. I tre accenti fondamentali della donna, così come accade nel greco antico, cadono sulle tre sillabe finali: seno, fianchi e sedere.

Apro una doverosa parentesi, per evitare equivocate parvenze irrispettose: non sto dicendo che gli uomini, delle donne, guardino solo quello. Il mio discorso va invece inquadrato nella prospettiva goliardicamente più complessa della metafora fonetica accennata sopra. Così come per una parola di cui s’ignora non solo il senso, ma la provenienza linguistica stessa, allo stesso modo, di una donna vista per la prima volta e della quale s’ignori ancora momentaneamente il “significato” (ossia la personalità, il carattere, i modi di fare), s’impongono di primo impatto gli accenti fisici più manifesti, individuabili, in un'analisi anatomo-fonetica, nella preminenza più o meno marcata di una delle tre sillabe suddette: seno, fianchi e sedere.

Ecco allora che ne derivano vari tipi estetici di donna, a seconda di dove cada su di loro l'accento.

Ci sono donne dall’accento acuto e donne dall’accento circonflesso. L’accento acuto (lo denota anche la grafia con cui viene reso) si abbina a silhouette tendenzialmente snelle.

Nel dettaglio, la signora o signorina di complessione magra con accento acuto che cada sull’ultima sillaba, ossia il sedere, potrà definirsi ossitona.
Quando l’accento acuto si deposita su un ventre levigato con particolare grazia, penultima sillaba della “parola corporale femminea”, si è in presenza di creatura muliebre parossitona.
Se l’accento acuto poggia sul seno di signora o signorina slanciata, allora trattasi di esemplare femminile proparossitono.

Le donne più formose presentano invece accento circonflesso (la sinuosità tutta curve della “pseudo-tilde” è lì a confermarlo) sull'ultima sillaba (il sedere) o sulla penultima (qui condensata in fianchi e seno). Una rubensiana donzella dal sedere rigoglioso va così classificata fra le perispomene, accentate per l'appunto sulla sillaba finale. Mentre, quando la tilde di “circonflessione” poggia su fianchi e seno, ci troviamo in presenza dell'esuberanza di una properispomena.

Per fortuna, a differenza di ciò che accade nelle regole del greco antico, con le donne si possono avere anche accentazioni multiple. Concludo allora dicendo, ma non ci sarebbe nemmeno bisogno, che le mie preferenze cadono in modo particolare sulle figure femminili perispomene, e se son pure properispomene, tanto meglio.


4 commenti:

MR ha detto...

:(( allora io che ho accenti multipli ma mignon non rientro nella categorie delle tue preferite... però una perispomenina può andar bene lo stesso?;) gilli, sei un mito!

Gillipixel ha detto...

@->Maria Rosaria: eheheheheh :-) Cara EmRose, non dimenticare che un conto sono le classificazioni teoriche, altra cosa sono invece le verifiche oggettive caso per caso :-) nel tuo caso, dalle foto che vidi anche sul tuo album di flickr, devo dire che sei accentata in modo delizioso e la tua perispomenità è eccellente :-)

Grazie, sei sempre molto simpatica e sorbirti i miei deliri narrativi :-)

Bacini circonflessi :-)

Marisa ha detto...

Gilli, o Gilli che dire di questo tuo minuzioso elucubrare, impegnativo ma delicato e gentile come sei sempre tu.
Io avrei semplificato la classifica come l'acciuga, la balena e in mezzo la bona!
ahahahhahhahahha

Bacini elaborati... :o)

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: ehehehe :-) non mi aizzare, Mari, che se mi lascio andare un attimo, ci metto poco a tracimare in metafore ben più pecorecce :-)

Grazie, i tuoi commenti sono sempre molto graditi :-)

Bacini a montagne russe :-)