Nell’ambito del nostro corso di fisica maccheronica, passiamo oggi a illustrare la terza lezione del ciclo. Il tema oggi trattato si pone in qualche modo in forma di corollario rispetto alla dissertazione riguardante le “particelle ombrello”, considerate la scorsa volta nell’ambito del fenomeno della “salamanza corpuscolare”.
Le “particelle ombrello” hanno posto dei fortissimi dubbi riguardo all’esistenza del movimento (dobbiamo tenere sempre presente uno degli assiomi della fisica maccheronica, che così recita: “…la fisica maccheronica non ha certezze, ma solo dubbi…”). La teoria che esponiamo oggi, detta del “no-vimento”, affronta la medesima questione del moto dei corpi, ponendola in dubbio tuttavia da un altro punto di vista.
Sappiamo che per concepire il movimento, in genere è necessario contemplare un oggetto in mutamento di posizione, rispetto a punti di riferimento supposti come fermi. Gli elettroni ruotano intorno a nucleo dell’atomo. Un insieme di nuclei atomici più le loro orbite forma un oggetto, che si muove rispetto allo scenario fermo costituito da altri atomi tutti intorno (ad esempio: i nuclei degli atomi del mio mignolo coi loro elettroni si muovono, quando me lo infilo su per il naso, mentre la narice è pensata come ferma). Un satellite ruota intorno al suo pianeta, che in quella porzione di spazio considerata, è ritenuto fermo. Ma basta ampliare lo sfondo di riferimento, ed ecco che anche il pianeta si muove rispetto ad una stella presa come elemento fisso. Questa a sua volta diventa mobile se si rapporta al centro fisso della sua galassia. E ancora, anche la galassia non è ferma, nel contesto generale dell’universo.
Dinnanzi a tutta questa sarabanda di moti e punti fermi, allo scrupoloso fisico maccheronico viene da domandarsi: alla fine cosa si muove e cosa sta fermo? Sia procedendo verso l’infinitamente piccolo, sia avventurandosi sul versante opposto di pertinenza degli ambiti dell’infinitamente grande, la dinamica si gioca in una corsa ad inseguire lo scenario fisso di riferimento minuscolo, (oppure macroscopico), per poter giustificare il movimento degli elementi posti su un gradino dimensionale più in alto (o più basso). Senza riferirlo al suo nucleo, è difficile dire che l’elettrone si muova, così come senza porla nello scenario dell’universo, è difficile dire che la galassia si muova. Ma il nucleo e l’universo (intesi come scenari finali), si muovono o sono fermi?
Questo inseguimento di un punto fisso di riferimento, in direzione del microscopico così come del macroscopico, approda mai ad una “entità ferma” finale? La fisica maccheronica considera le due risposte e perviene ad un’unica conclusione.
Mettiamo che la risposa sia no. Il punto fisso supremo non è concepibile, né nell’infinitamente piccolo, né nell’infinitamente grande. A questo punto, l’opinione comune ne dedurrebbe che ogni cosa è di conseguenza in perenne movimento. La fisica maccheronica invece conclude tutto il contrario: non essendo possibile rintracciare mai un punto di riferimento di partenza nel microscopico e uno di approdo nel macroscopico, ne deriva che tutti i movimenti universali sono illusori.
Allo stesso modo, se la risposta è sì, ossia se è possibile pervenire ad un punto fisso, fermo, stabile, di riferimento nel microscopico così come nel macroscopico, non c’è ugualmente movimento, perché in questo caso l’universo (o cosa per esso), ultimo baluardo dell’infinitamente grande, starebbe fermo; parimenti il nucleo dell’atomo (o cosa per esso), ultimo baluardo dell’infinitamente piccolo, starebbe fermo. E se l’universo è fermo, e lo sono anche gli atomi, scusate l’espressione, ma sorge spontaneo porsi un domanda che di solito, in casi simili, noi fisici maccheronici siamo soliti fare: ma allora, che minchia stiamo ancora qua a discutere?
Come si vede, entrambe le risposte corroborano la teoria dell’assenza di movimento o “no-vimento”.
Si conclude così anche questa breve lezione di fisica maccheronica, nella quale abbiamo ribadito ancora una volta la presunta inesistenza del movimento. Prima di salutarvi però, voglio rammentare ai più ferventi sostenitori di questa branca della fisica, anche un piccolo insegnamento di sociologia impropria, presentato sotto forma di interrogativo pedagogico: abbiamo “dimostrato” già in due casi che il movimento non esiste, non vi sembra di poter dire ormai che anche la dimensione della fretta è un concetto fin troppo sopravvalutato?