mercoledì 1 aprile 2015

Il pane e il companatico


A torto o a ragione, con intento fra l’affettuoso e il dispregiativo, le canzoni vengono spesso chiamate “canzonette”. Il semi-canzonatorio tono con cui la canzone è vezzeggiata fa leva senza dubbio sull’inconsistenza spesso presente nelle melodie e nei testi proposti dalla musica leggera medesima. 

Non è raro tuttavia incontrare, fra le slavate frasi che fanno da struttura portante a tutta la baracca musical-significante di una canzone, talune piccole perle di notevole saggezza. E’ il caso, a mio parere, di “Panic”, un brano della band inglese “The Smiths”, scritto nel 1986 dal leader e cantante del gruppo Stephen Morrissey e musicato dal chitarrista Johnny Marr.

A un certo punto della canzone, si dice:

“…Burn down the disco 
Hang the blessed DJ…”

Ossia:

“…Brucia la discoteca
Impicca il benedetto DJ…”

E fin qui potrebbe suonare più o meno come una giocosa invettiva iperbolica, sparata a metà fra il crudele e il faceto, contro la vacuità delle mode imperanti, contrabbandate attraverso lo spirito mercificante di certa musica. Ma la parte degna di nota arriva subito a ruota:

“…Because the music that they constantly play 
IT SAYS NOTHING TO ME ABOUT MY LIFE…” 

Cioè:

“…Perché la musica che di continuo suonano 
NON MI DICE NIENTE RIGUARDO ALLA MIA VITA…”.

Per me è una frase, nel suo piccolo, straordinaria. In essa è contenuto uno dei più efficaci ed immediati criteri estetici che si possano applicare. E’ una vera e propria mini-guida al giudizio estetico. Uno strumento critico “prêt à porter”, da utilizzare nel caso in cui ci si trovi di fronte ad opere artistiche della più svariata natura (romanzi, dipinti, sculture, film, le canzoni stesse, e così via), e si senta in qualche modo la necessità di esprimere un proprio punto di vista riguardo al valore rappresentato per noi da quell’opera presa in considerazione.

Certo, non si tratta di un criterio esaustivo. L’opera d’arte è, deve essere, per sua natura un’entità complessa e ricca di mille sfaccettature. Per cui non si può pretendere di cavarsela così in “quattro e quattr’otto” con una sintetica analisi di superficie. 

Ma già capire che un’opera “non mi dice niente della mia vita” è un primo passo fondamentale. Vuol dire che in quel “prodotto espressivo” manca del tutto quell’energia “universalizzante” che si richiederebbe ad un’opera d’arte degna di questo nome. Quella capacità di trattare storie “particolari”, ponendole sotto una luce tale da metterne in rilievo i caratteri che “sanno raccontare qualcosa di vero e vitale a tutti gli uomini”.

Non male, per una piccola frase trovata in una canzonetta.

******

“Panic” (1986)

Lyrics by Stephen Morrissey 
Music by Johnny Marr

Panic on the streets of London 
Panic on the streets of Birmingham 
I wonder to myself 
Could life ever be sane again? 
The Leeds side-streets that you slip down 
I wonder to myself 
Hopes may rise on the Grasmere 
But Honey Pie, you're not safe here 
So you run down 
To the safety of the town 
But there's Panic on the streets of Carlisle 
Dublin, Dundee, Humberside 
I wonder to myself 

Burn down the disco 
Hang the blessed DJ 
Because the music that they constantly play 
IT SAYS NOTHING TO ME ABOUT MY LIFE 
Hang the blessed DJ 
Because the music they constantly play 

On the Leeds side-streets that you slip down 
Provincial towns you jog 'round 
Hang the DJ, Hang the DJ, Hang the DJ 
Hang the DJ, Hang the DJ, Hang the DJ 
HANG THE DJ, HANG THE DJ, HANG THE DJ 
HANG THE DJ, HANG THE DJ 
HANG THE DJ, HANG THE DJ 


Nessun commento: