venerdì 29 giugno 2018

“Il Giuoco delle perle di vetro”, Hermann Hesse, 1943


Più che una recensione, alcuni pensieri sparsi (ma soprattutto: poi non dite che ve l’ho consigliato io, maledicendomi…).

Certi libri incarnano (o sarebbe più corretto dire “incartano”?) il Liceo classico della letteratura. Altri invece ne rappresentano l’ITIS.

Bando ai fraintendimenti: non sto facendo del “razzismo cultural-pedagogico” spicciolo. Si tratta soltanto di una metafora di metodo, e non di merito: esistono “capolavori-ITIS”, tanti quanti memorabili “libri-liceo”.

I libri che affrontano la narrazione da una prospettiva ITIS, si calano nei fatti vivi, fanno leva sulla bellezza architettonica della trama nei suoi incastri più fini, saggiano le dinamiche di incontro-scontro fra le personalità dei protagonisti. Il libro-ITIS si nutre insomma di fatti, guarda alla realtà immergendovisi, confondendosi con essa (un libro-ITIS capolavoro è ad esempio “Il giovane Holden” di Salinger).

I libri-Liceo invece si affidano alle grandi impalcature intellettuali, alle costruzioni mentali fascinose, alla prospettiva culturale vasta. I libri-Liceo sono insomma soffusi del sidereo impasto delle idee, trattano la realtà da alte quote.

Un bellissimo libro-Liceo è “Il giuoco delle perle di vetro” di Hermann Hesse.

È anche un grandissimo mattone, non possiamo negarcelo. Ma stupendo. Come possono concordarsi questi due termini apparentemente agli antipodi, mattone e stupendo?

“Il giuoco delle perle di vetro”, così come altri simili capolavori “di ampio respiro narrativo” (leggasi, volendo, “mattoni”), ci riconciliano con uno scorrimento più vasto del tempo.

Di rapidità, di fulmineità, di immediatezza, ne abbiamo fin che vogliamo, in questa epoca. Facebook, Twitter, il Frecciarossa, il viagra (battuta…), internet in genere, il poter balzare da un capo all'altro del mondo in poche ore…

L’ingrediente invece più scarso, in un certo senso quasi introvabile ormai, è invece una forma di temporalità distesa, allungata, comoda, a cui è concessa libertà di spaziare in lungo e in largo.

Lasciare respirare i pensieri a piena corsa, e non solo a singhiozzo. Far correre le idee fino al fondo della carica potenziale, inspirare a tutte sinapsi, allargare al massimo le maglie della riflessione per lasciar passare anche i concetti ingombranti e articolati.

Per tutto questo, un buon mattone, bello “peso”, ma di altissima qualità, è ciò che ogni tanto ci vuole.
“Il giuoco delle perle di vetro”, per esempio.

4 commenti:

CirINCIAMPAI ha detto...

È un mattone che, effettivamente, ho letto al liceo.
Ho "guerra e pace" che mi sfida dall'alto della mensola su cui l'ho con cura riposto.
Lo so che dice "o mi prendi o ti prendo io. La prima volta che passi qui sotto. Ti prendo. Dritta in fronte. Di spigolo"
Per il momento la prendo larga, ma mi distrarrò, uh se mi distrarrò, lo faccio sempre.

Gillipixel ha detto...

Guerra e pace!!! :-) bellissimo, Cincia...lasciati mattonare con fiducia :-) non te ne pentirai, anzi...
Parlando di altri macigni, io mi sono lasciato mattonare da Moby Dick, La montagna incantata, I Buddenbrook, I fratelli Karamazov, Anna Karenina, I demoni, L'idiota...ah che belle mattonate
:-)

CirINCIAMPAI ha detto...

Confiteor
A finire l'idiota non sono mai riuscita :'(
Mi spiace, e me ne vergogno anche un po', ma sarà l'anticamera, sarà 'sta storia della calligrafia, oh arrivo sempre allo stesso punto e mi arrendo.

Gillipixel ha detto...

Va beh...vi sono tanti altri tomi coi quali rifarsi :-)