Out here in the fields
I fight for my meals
I get my back into my living.
I don't need to fight
To prove I'm right
I don't need to be forgiven.
yeah,yeah,yeah,yeah,yeah
Don't cry
Don't raise your eye
It's only teenage wasteland
Sally, take my hand
We'll travel south cross land
Put out the fire
And don't look past my shoulder.
The exodus is here
The happy ones are near
Let's get together
Before we get much older.
Teenage wasteland
It's only teenage wasteland.
Teenage wasteland
Oh, yeah
Its only teenage wasteland
They're all wasted!
“Baba O’Riley”
The Who – 1971
*******
Forse il senso della vita consiste proprio in un’incessante, altalenante ed appassionante ricerca di nuovi significati cumulativi da assegnare alla vita stessa. Forse tutto il senso sta nella “ricerca per la ricerca”, in una curiosità inquieta che si autoalimenta ritrovando in se stessa quel combustibile dal quale è a sua volta ciclicamente travolta e ri-combusta.
Mettiamola così: forse la vita è tutta una stufa che si stufa.
Fra i vari ceppi, ciocchi e trucioli rinvenuti di recente dentro la stufa delle mie significazioni esistenziali, c’è andato a finire anche il seguente piccolo, minoritario, randellino di legna concettuale da ardere: vivere può anche voler dire passare il resto del tempo successivo all’adolescenza, impegnati a sciogliere tutti i nodi, i lacci ed i lacciuoli che esattamente durante il periodo della “teen-age-itudine” ci eravamo ben curati di stringere belli stretti ed intricati.
La fase “ormo-bombonale” di nostra esistenza che s’accoda alla fanciullezza (leggi sempre: adolescenza) è giusto il tempo delle sentenze definitive…indefinitamente destinate a richiudersi a riccio attorno ad una perentorietà talmente risolutrice, da sembrare quasi fatta apposta per essere radicalmente smentita nelle successive età.
Ogni giudizio riguardante se stessi e il proprio mondo, quando si è adolescenti, suona come un verdetto tremendo ed incontrovertibile, praticamente eterno.
Ti fa schifo un aspetto del tuo carattere?
A 15 anni, sarà per sempre.
Sei insoddisfatto di qualche parte del tuo corpo?
A 13 anni, sarà per sempre.
Detesti un libro, una persona, uscire di casa, stare in casa, studiare, parlare, tacere, dire, fare…baciare, lettere e testamento?
A 17 anni, 4 mesi, 22 giorni e 3 ore, tutto questo sarà per sempre.
Non è che in seguito, il modo di vedere tutte quelle cose si stravolga completamente. E’ piuttosto la propria “sapienza estetica” a raffinarsi, ad assumere “personalità”, a diventare più ricercata, ad acquisire la capacità di comprendere, accogliere e “filtrare” la complessità.
La dimensione della saggezza acquisita crescendo, si può dunque misurare con lo scioglimento di un nodo dopo l’altro, fra i tanti che avevamo allacciato durante la fase adolescenziale. L’immagine mi pare piuttosto calzante: l’idea del nodo che si scoglie dà il senso della liberazione che accompagna il graduale “snodamento”. Sono vincoli che prima si allentano e poi ci lasciano andare liberi, ci fanno respirare meglio, ci fanno sentire più completi nella nostra personalità.
Per fare un esempio, ho scoperto che il mio corpo di oggi è molto più “saggio” di quello da ragazzino. Sebbene leggermente meno prestante, com’è naturale, capisco molto meglio quando “mi parla” e nel nostro dialogo c’è più comprensione, più complicità e reciproco gradimento.
Ho altresì imparato ad assaporare meglio la mia “presenza nel tempo”, il mio modo di sentirmi nei diversi momenti della giornata o di giornate diverse; ho anche imparato a convivere persino con la noia, quando non è eccessiva, o perlomeno a minimizzarne i danni.
Mi sta capitando poi giusto giusto in questi giorni, lo scioglimento di un grande nodo adolescenziale che si viene a “slacciare” con inatteso e copioso stupore. Parlo del mio rapporto con «I promessi sposi» del Manzoni.
Si obietterà: «…ma come, a questo punto ci aspettavamo che tirassi in ballo i massimi sistemi adolescenziali, tipo l’acne giovanile o la miopia di origine onanistica, e invece ti riduci a parlare di un libro?...».
Può darsi che esageri, ma per me «I promessi sposi» valgono quanto i più importanti passaggi d’iniziazione post-puberale. Nel bene e nel male.
Se scegli di essere pischello studiante di un certo tipo, per Dante, per Virgilio, per Omero, e per Manzoni appunto, ci devi passare, e raramente son rose e fiori. Son piuttosto spesso “fioroni”. Quelli che ti fanno nelle interrogazioni.
Insomma, il Manzoni non lo puoi amare a scuola, sarebbe quasi contro natura, e anche io ovviamente lo lessi quasi sempre con la fretta nelle gambe di correre al campetto da calcio o da basket. Lo trovavo parruccone, macchinoso nella prosa, lontanissimo dalla sensibilità moderna, arzigogolato…che fesso che ero!
Come per tutti i migliori incontri, anche questa mia reunion di ravvedimento col Manzoni è avvenuta del tutto per caso. L’ho visto in edicola (pensate un po’…), in un’edizione che mi ha colpito, bella compatta, super-tascabile, del tutto in contrasto con la fossilizzata idea di “mattonità” derivata dalle esperienze adolescenziali.
Fin dalle prime righe è stata una folgorazione, un godimento lessicale e narrativo che mi ha immerso in un diffuso senso di meraviglia. Come dicevo prima, non è che il mio modo di percepire «I promessi sposi» sia stato stravolto dal tempo della scuola: non ero un minus habens allora e non sono un genio adesso.
E’ solamente la mia “sapienza estetica” ad essersi ritrovata più raffinata: è stato esattamente come riscoprire una rinnovata confidenza con una parte del mio corpo.
Perché «I promessi sposi» (come il Decameron, come la Divina Commedia), in qualità di nostra intelaiatura linguistica di fondo, sono effettivamente una parte del nostro corpo, sono dentro la nostra voce e le nostre parole, sono lì, a fare da architrave, da pilastri, da colonne a quello che diciamo, scriviamo e pensiamo.
E se proprio ci fosse bisogno di ricordare la loro modernità, assaporate questo piccolo passaggio che è un incanto di stupefazione senza tempo:
«…Il primo svegliarsi dopo una sciagura, e in un impiccio, è un momento molto amaro. La mente, appena risentita, ricorre all’idee abituali della vita tranquilla antecedente; ma il pensiero del nuovo stato di cose le si affaccia subito sgarbatamente; e il dispiacere ne è più vivo in quel paragone istantaneo...».
Mettiamola così: forse la vita è tutta una stufa che si stufa.
Fra i vari ceppi, ciocchi e trucioli rinvenuti di recente dentro la stufa delle mie significazioni esistenziali, c’è andato a finire anche il seguente piccolo, minoritario, randellino di legna concettuale da ardere: vivere può anche voler dire passare il resto del tempo successivo all’adolescenza, impegnati a sciogliere tutti i nodi, i lacci ed i lacciuoli che esattamente durante il periodo della “teen-age-itudine” ci eravamo ben curati di stringere belli stretti ed intricati.
La fase “ormo-bombonale” di nostra esistenza che s’accoda alla fanciullezza (leggi sempre: adolescenza) è giusto il tempo delle sentenze definitive…indefinitamente destinate a richiudersi a riccio attorno ad una perentorietà talmente risolutrice, da sembrare quasi fatta apposta per essere radicalmente smentita nelle successive età.
Ogni giudizio riguardante se stessi e il proprio mondo, quando si è adolescenti, suona come un verdetto tremendo ed incontrovertibile, praticamente eterno.
Ti fa schifo un aspetto del tuo carattere?
A 15 anni, sarà per sempre.
Sei insoddisfatto di qualche parte del tuo corpo?
A 13 anni, sarà per sempre.
Detesti un libro, una persona, uscire di casa, stare in casa, studiare, parlare, tacere, dire, fare…baciare, lettere e testamento?
A 17 anni, 4 mesi, 22 giorni e 3 ore, tutto questo sarà per sempre.
Non è che in seguito, il modo di vedere tutte quelle cose si stravolga completamente. E’ piuttosto la propria “sapienza estetica” a raffinarsi, ad assumere “personalità”, a diventare più ricercata, ad acquisire la capacità di comprendere, accogliere e “filtrare” la complessità.
La dimensione della saggezza acquisita crescendo, si può dunque misurare con lo scioglimento di un nodo dopo l’altro, fra i tanti che avevamo allacciato durante la fase adolescenziale. L’immagine mi pare piuttosto calzante: l’idea del nodo che si scoglie dà il senso della liberazione che accompagna il graduale “snodamento”. Sono vincoli che prima si allentano e poi ci lasciano andare liberi, ci fanno respirare meglio, ci fanno sentire più completi nella nostra personalità.
Per fare un esempio, ho scoperto che il mio corpo di oggi è molto più “saggio” di quello da ragazzino. Sebbene leggermente meno prestante, com’è naturale, capisco molto meglio quando “mi parla” e nel nostro dialogo c’è più comprensione, più complicità e reciproco gradimento.
Ho altresì imparato ad assaporare meglio la mia “presenza nel tempo”, il mio modo di sentirmi nei diversi momenti della giornata o di giornate diverse; ho anche imparato a convivere persino con la noia, quando non è eccessiva, o perlomeno a minimizzarne i danni.
Mi sta capitando poi giusto giusto in questi giorni, lo scioglimento di un grande nodo adolescenziale che si viene a “slacciare” con inatteso e copioso stupore. Parlo del mio rapporto con «I promessi sposi» del Manzoni.
Si obietterà: «…ma come, a questo punto ci aspettavamo che tirassi in ballo i massimi sistemi adolescenziali, tipo l’acne giovanile o la miopia di origine onanistica, e invece ti riduci a parlare di un libro?...».
Può darsi che esageri, ma per me «I promessi sposi» valgono quanto i più importanti passaggi d’iniziazione post-puberale. Nel bene e nel male.
Se scegli di essere pischello studiante di un certo tipo, per Dante, per Virgilio, per Omero, e per Manzoni appunto, ci devi passare, e raramente son rose e fiori. Son piuttosto spesso “fioroni”. Quelli che ti fanno nelle interrogazioni.
Insomma, il Manzoni non lo puoi amare a scuola, sarebbe quasi contro natura, e anche io ovviamente lo lessi quasi sempre con la fretta nelle gambe di correre al campetto da calcio o da basket. Lo trovavo parruccone, macchinoso nella prosa, lontanissimo dalla sensibilità moderna, arzigogolato…che fesso che ero!
Come per tutti i migliori incontri, anche questa mia reunion di ravvedimento col Manzoni è avvenuta del tutto per caso. L’ho visto in edicola (pensate un po’…), in un’edizione che mi ha colpito, bella compatta, super-tascabile, del tutto in contrasto con la fossilizzata idea di “mattonità” derivata dalle esperienze adolescenziali.
Fin dalle prime righe è stata una folgorazione, un godimento lessicale e narrativo che mi ha immerso in un diffuso senso di meraviglia. Come dicevo prima, non è che il mio modo di percepire «I promessi sposi» sia stato stravolto dal tempo della scuola: non ero un minus habens allora e non sono un genio adesso.
E’ solamente la mia “sapienza estetica” ad essersi ritrovata più raffinata: è stato esattamente come riscoprire una rinnovata confidenza con una parte del mio corpo.
Perché «I promessi sposi» (come il Decameron, come la Divina Commedia), in qualità di nostra intelaiatura linguistica di fondo, sono effettivamente una parte del nostro corpo, sono dentro la nostra voce e le nostre parole, sono lì, a fare da architrave, da pilastri, da colonne a quello che diciamo, scriviamo e pensiamo.
E se proprio ci fosse bisogno di ricordare la loro modernità, assaporate questo piccolo passaggio che è un incanto di stupefazione senza tempo:
«…Il primo svegliarsi dopo una sciagura, e in un impiccio, è un momento molto amaro. La mente, appena risentita, ricorre all’idee abituali della vita tranquilla antecedente; ma il pensiero del nuovo stato di cose le si affaccia subito sgarbatamente; e il dispiacere ne è più vivo in quel paragone istantaneo...».
10 commenti:
ecco avevo in mente un sacco di cose da dire, fraseggi vari, elucubrazioni ispirate etc etc ma la verità pura è semplice è che stavolta avrei scritto proprio le stesse cose e sopratutte:
"Forse il senso della vita consiste proprio in un’incessante, altalenante ed appassionante ricerca di nuovi significati cumulativi da assegnare alla vita stessa. Forse tutto il senso sta nella “ricerca per la ricerca”, in una curiosità inquieta che si autoalimenta ritrovando in se stessa quel combustibile dal quale è a sua volta ciclicamente travolta e ri-combusta."
baci di totale condivisione
Mettiamola così: forse la vita è tutta una stufa che si stufa.
Oppure cosi': siete stufi delle solite stufe?
:-)
Insomma, il Manzoni non lo puoi amare a scuola
Io non lo amo nemmeno oggi e nemmeno morto.
A differenza di Dante che amo alla follia.
Comunque de gustibus... :-)
Il titolo del post dice già tutto. Bellissimo. e poi questa cosa dei nodi che di anno in anno di sciolgono e fanno sì che tu possa assaporare più intensamente ciò che prima era ingrippato in te nodosamente. Insomma la vita di dilata e può fare stiracchiarsi.
@->Farly: lieto di essere stato chimericamente preveggente, Farly cara :-) è bello quando ci si sente dire di aver usato parole che sarebbero nate anche nell'animo altrui, e soprattutto nel tuo :-)
Ma siam chimera: nessuna sorpresa :-)
Bacini all'unisono :-)
@->Yossarian: lo ammetto, Yoss, quella frase era un po' vuota :-) mi sono fatto trascinare dal gioco ed è venuto meno il mordente significante :-)
Alla fine, suonava un po' come uno slogan di una ditta di stufe della Val Brembana :-)
Guarda, per la passione manzoniana, ti giuro che pochi giorni fa la pensavo esattamente come te...ma poi ho avuto questa rifolgorazione, che nemmeno io quasi mi spiego...
Preciso che probabilmente è più una passione linguistica pura...ho sentito nella prosa del Manzoni la naturale prosecuzione di quella boccacciana, altra mia grande passione, quando si parla di radici del nostro bell'italiano...
Dante non si discute, è il supremo :-)
Ciao Yoss: sempre bello averti fra i miei commenti :-)
@->Antonella: grazie, Anto...son sempre contento quando riesco a suscitare il tuo stupore :-)
L'idea dei nodi mi piaceva, sì...la cosa bella è che la capacità di accogliere complessità cresce, ma il senso di semplicità aumenta pure, insieme alla maggiore libertà acquisita...e questo è bello :-)
Bacini snodati :-)
Grande post e grande canzone! Condivido pensieri e il rinnovando Manzoni Fan Club (a quarant'anni si è adolescenti coi soldi, si può dormire in giro senza che nessuno faccia troppe domande e il turbo degli ormoni si è attenuato cosicché si tribola meno, no?)
Leggerti è sempre un piacere grande grande!
@->Vale: Vale, con la tua solita maestria, hai sintetizzato nella tua parentesi tutto quello che volevo dire io :-)
Grazie: privilegio mio avere lettori sopraffini come te :-)
...e chiedo venia per non aver ancora commentato il tuo ultimo stupendo scritto, son stato preso da pigrizia acuta ed aggravata
:-)...riparerò al più presto :-)
Bacini manzoniani (...porta pazienza, in qualità di commentatrice femminile, ti toccano i bacini, è una tradizione della casa :-)
Ben vengano le tradizioni della casa, allora!:))))))
E io sono sempre la prima a benedire gli attacchi di pigritudine...ovvio!:))))))
Tranquillo, comunque, so che sei il lettore Numero Uno del blog! (e mi par di avere scritto un milione di volte che ogni volta, ad un tuo complimento, arrossisco, arrossisco, arrossisco...)
:))))))
@->Vale: lettore numero uno io? Non sum dignus, non sum dignus... :-) Grazie, Vale :-)
Alish, dice spotty: dev'essere una sorta di nuovo hashish, ma più liscio: non si assume, e infatti non ha nemmeno effetti :-D
Posta un commento