lunedì 15 aprile 2013

Circonlocuzioni plastiche

 

Cari amici viandanti per pensieri, mi sa che stavolta ho proprio esagerato. Non pago di avervi annichilito per anni gli zebedei con i miei scritti adimensionali, per poi passare a spianarveli con la duplice para-cartesianità dei miei disegnetti, adesso, sbracando decisamente, ve li vengo a far lievitare persino nella terza dimensione.

Ebbene sì, ho fatto una scultura.

Va beh, scultura…diciamo che ho fatto una gillipixata che si espande anche nello spazio, ecco, così è più preciso. Ma andiamo per ordine, che ve la conto su un po’.

Dovete sapere che la campagna intorno a gillipixiland consiste in una terra di una piattezza unica, sia in senso morfologico-geografico, sia per quanto riguarda le sue capacità suggestivo-metaforizzanti. Ma nonostante ciò, oppure proprio in virtù di ciò, immergendosi in una simile atmosfera monocroma, si può ogni tanto incappare in una qualche piccola magia.

Come ad esempio ritrovarsi fra i piedi le gambe di Batman!
 
Gironzolavo appunto come faccio spesso lungo l’argine, quando ho notato sul ciglio della strada questo rimasuglio di un pupazzetto che fu, forse abbandonato da qualche incivile sbarbatello, il quale, essendogli venuto a noia, si era dilettato poi nel martirizzarlo al di là di ogni umana concepibile perfidia ludico-bambinesca.
 

Dalla nera evidenza mutandesca e dalle vigorose cosce calzamagliate in grigio, riconosco senza esitazione le fattezze inferiori del nobile castiga-birbaccioni di Gotham City. Raccolgo il moncone con fare misericordioso e non faccio in tempo a spendere un altro paio di passi, che rinvengo anche le relative due povere alucce blu da super-pipistrello, miseramente divelte ed abbandonate pure esse. Trattavasi di strage vera e propria: quel bambinetto doveva essere proprio un gran sadico seviziatore di super-eroi!

Fa niente, mi dico, metto in tasca i miserandi resti e proseguo la mia passeggiata, pensando che magari questo inusuale materiale plastico ritrovato, mi sarebbe potuto tornare utile per una qualche incursione a venire, fra i pensieri. Infatti, non passa molto tempo che mi sovviene di aver potato le rose alcuni giorni prima. Tra gli altri piccoli ceppi di ramo divelti, ricordo di averne tenuto da parte uno in particolare. Mi aveva solleticato l’attenzione per la sua sagoma evocativa. Una corta propaggine ad esso innestata, e già potata in passato, suggeriva l’idea di una sorta di spalla col suo braccio incompleto, come succede spesso nella antiche sculture di marmo greche, fratturate e rimaste in vari punti sospese in una vaga indefinitezza formale, che dona loro gran parte del fascino. L’idea di ricavarne una sorta di figura plastica mi aveva carezzato le meningi per un attimo, ma poi ho messo tra parentesi il discorso, in attesa di nuove evoluzione della fantasia.

Adesso però, col fortuito rinvenimento sull’argine, fare “due” più “due” non era mia stato così facile ed immediato quanto fare “ramo di rosa” più “gambe di Batman”. Nello sconfinato e folle mondo delle fortuite coincidenze dalla fantasia, questi due oggetti lontanissimi fra di loro per origine, forma e destino materiale, complice la mia bacata immaginazione, si erano finalmente trovati. Parevano fatti l’uno per l’altro, non aspettavano altro che venire fusi in un unicum strambamente significativo.

Tra gli altri motivi di micro-esaltazione derivati dall’idea di dar vita ad una simile inaspettata continuità formale, mi sovvenivano anche ricordi di cose lette, viste e sentite riguardo alla corrente artistica del Dadaismo, mista ad un pizzico di Surrelaismo: Marcel Duchamp, le realizzazioni ready made, gli object trouvè, i collage e così via. «…Più “trouvè” di un ramo e di un pezzo di pupazzetto!...» pensavo. Ma per il momento, la cosa più immediata da fare era innestare il ramo di rosa nel suo super-eroico basamento. Lavoricchiando di lima e di seghetto, ho allora accorciato il cilindretto di legno in misura acconcia e poi ho sagomato la parte inferiore in modo da ricavarne uno spinotto che andasse ad infilarsi più o meno precisamente nell’alloggiamento già presente, diciamo così, fra le mutande di Batman.
 

E’ stato bello levare gradualmente legno, fare prove di volta in volta, assestare ancora una limatina, riverificare e così via, sino al momento in cui le due parti hanno combaciato in maniera accettabile. Allora ecco che le ho collegate e…meraviglia! D’accordo, l’ho sempre ammesso, io sono uno che si diverte con molto poco, ma non mi sembrava vero che si sposassero così bene insieme. Potevo già dirmi più che soddisfatto dell’operazione. Avrebbe potuto terminare lì e sarebbe stato un buon risultato, per le mie umili aspettative artistiche.

Ma non mi sono accontentato ed ho provato ad osare oltre, vedendo cosa sarebbe derivato da un tentativo di modellazione del legno. Mi sono allora armato di sgorbia sgrossatrice e di limette più sottili e fini, ed ho iniziato a levare materiale, con molta cautela. Mentirei spudoratamente, se dicessi che ogni forma ottenuta da qui in avanti ha poi corrisposto esattamente alle idee che avevo in mente di concretizzare. Tutto quanto è uscito dalla mia azione sgrattatrice e levigante è stato frutto di un compromesso, credo alla fine dignitoso, fra soluzioni casualmente raggiunte e modestissime capacità tecniche.

La parte che mi ha regalato i maggiori quantitativi di mini-gioia mista a piccoli sprazzi di contentezza esplosiva, è stata la sagomatura di quella che nelle mie intenzioni doveva figurare come una sorta di testa del gommoso individuo ligneo in evoluzione. Mai avrei creduto prima, se non ci avessi provato, di riuscire a stondare questa sorta di forma che mi stava uscendo letteralmente dalle mani, a metà via tra un casco integrale da motociclista e le fattezze fantasmagoriche del misterioso omino di Roswell.
 
 

«…Maturità, t'avessi preso prima…» cantava qualche tempo fa Antonello Venditti.

«…Carte vetrate, vi avessi usato prima…» è venuto invece da cantare a me, addentrandomi in un passaggio successivo di affinamento della mia opera. La scoperta del “fantastico mondo della carte vetrate” si è infatti rivelato una ulteriore fonte di stupore. Fintanto che avevo sgrossato la sagoma con la lima, anche con quella più sottile a disposizione, non avevo ancora immaginato l’incanto tattile che sa invece regalare la carta vetrata di grana molto fine. La capoccetta che si allisciava piano piano sotto i polpastrelli, sfregatura dopo sfregatura, diventava sempre più delicata al tatto, del tutto priva di rugosità, quasi vellutata.
 
 

Avendo usato poi l’accortezza di conservare una porzione di corteccia sulla parte frontale, nel corso della lisciatura mi sono accorto che la differenza tra l’alone formato dalla scorza residua e la rimanente superficie levigata, andava a comporre una certo disegno che poteva essere visto come una sorta di visiera dell’ipotetico casco indossato dall’omino ligneo.
 
Durante il disvelamento di sagoma che andavo praticando, si sono presentati vari intoppi. Innanzitutto ho scoperto che forse il legno di rosa non era il più indicato per questa realizzazione. Perlomeno, non il pezzo da me scelto. Essendo infatti piuttosto vecchiotto, sono affiorati qua e là dei piccoli cunicoli di tarli e delle fessurazioni, che hanno un po’ compromesso l’integrità materiale e la compattezza del mio manufatto. In questi fallaci punti, ho deciso di lasciare in evidenza le magagne, come fossero elementi integrati nella composizione. Non avevo altra scelta: o fare così, o scavare talmente tanto il legno, da sfigurarlo e renderlo privo di senso.
 
 
Anche per questo motivo (oltre che per le mie lacune tecniche), ad un certo punto ho stabilito di non inoltrarmi ulteriormente nella modellazione. Non prima però di essermi divertito ancora un po’ a sbozzare vagamente un accenno di incavo dorsale, e segnando sulla parte anteriore una vaga sagomatura nella zona del ventre. Il senso di torsione che la figura ha assunto in questo modo, grazie ad un accenno di rotazione del busto e del capo, l’ho voluto infine completare con il montaggio conclusivo della ali. Facendo varie ipotesi, mi sono accorto che, per accentuare questo senso di spirale plastica, le ali sarebbero state bene avvitate al legno, una in posizione “canonica”, sulla schiena, e l’altra in un punto del tutto anomalo, ossia sulla propaggine dello spezzone di braccio (a rigor di “logica fumettistica”, le ali andavano montate con il lembo dentellato in basso e quello dritto in alto, ma secondo le necessità della mia composizione, stavano meglio come le ho messe).

Sono contento del risultato ottenuto, che suggerisce una struttura avvolgente della figura, una dinamica in rotazione. L’ala messa sul dorso equilibra visivamente la mancanza del braccio destro, mentre quella posta in punta dell’arto sinistro ricorda lo sventagliare di un mantello, oppure la muleta del torero, fatta roteare in aria nel certame della tauromachia.
 
 

Alla fine, avevo preso due tipologie di oggetti di essenza materiale e provenienza, le più disparate possibili. Da una parte, dei prodotti industriali fabbricati in serie, e dall’altra il risultato di un processo spontaneo della natura. Mettendoli in dialogo e facendoli comunicare attraverso un “nesso di fantasia”, avevo re-intrepretato il loro ruolo estetico, lo avevo reinventato forse, se non addirittura creato ex-novo, almeno per una parte della composizione.
 
 

E andando poi a leggere l’impareggiabile Giulio Carlo Argan Argan (“L’arte moderna – 1770/1970”, Giulio Carlo Argan, Sansoni Editore, Firenze, 1982 – pag. 436-437), ho pure scovato un passaggio riguardante il dadaismo, che andava a mettere la cigliegina sulla torta a tutto il diletto da me assaporato nel corso dell’intera “operazione Batman di legno”.

Ve lo riporto di seguito. Si fa riferimento all’epoca in cui (primi decenni del ‘900) si sviluppò il concetto moderno di disegno industriale (in una parola “design”), al quale il movimento dadaista oppose il suo dissacrante punto di vista:

«…La partecipazione degli artisti al ciclo industriale avrà come fine ultimo la qualificazione estetica dell’ambiente della vita sociale, e quindi l’integrazione totale dell’individuo nello spazio funzionale della società: gli artisti cercheranno di rendere l’ambiente propizio alla libertà individuale, ma si tratterà di un’organizzazione razionale dell’esistenza.

Per i dadaisti, invece, l’ambiente non ha in sé alcuna qualità estetica, ma ciascuno può interpretare ed esperire esteticamente le cose che lo compongono sviandole dalla finalità utilitaria che dà loro una società utilitaria. L’attività specificamente estetica non tende a modificare le condizioni oggettive dell’esistenza, ma a dare il modello di un comportamento libero da ogni condizionamento.

Se ognuno può comportarsi in modo artistico purché rompa il cerchio delle regole sociali, essere artista non significa più esercitare una professione che richieda una certa esperienza tecnica, ma essere o rendersi liberi. Essendo libertà da ogni obbligo l’arte è gioco; il gioco contraddice alla serietà dell’agire utilitario, ma poiché la libertà è il supremo dei valori, soltanto giocando si è veramente seri...».

Da queste parole ho forse capito meglio perché mi ero sentito bene, mentre realizzavo la mia pur insignificante opera: perché nel farla, avevo provato forti sensazioni di libertà.

 

10 commenti:

ross ha detto...

Gilligeppetto dadaista

Gillipixel ha detto...

@->Ross: troppo onore, troppo onore, cara Ross :-) Geppetto è troppo per me...al massimo mi sento Mastro Cigliegia...anzi, ancora meglio: Mastro Gilliegia :-D ahahahahhaha

Bacini collodiani :-)

Marisa ha detto...

ma...ma... Gilliiiii
Sei incredibile!!!

Occhi blu ha detto...

well, that is ... art!
congratulations, Jillypix!
you are really great, my dear country friend!
;-)

Gillipixel ha detto...

@->Marisa: eheheheheh :-) ma grazie, cara Mari :-)...questo è uno dei tuoi commenti più sintetici, ma allo stesso tempo anche più carico di gioiosa comunicatività :-)

...quello che non vi ho detto però, care amiche lettrici, è che, se capiterà l'occasione, ho intenzione di cimentarmi ancora in questa pseudo mia arte :-)...e non so se suona più come una minaccia, o come una promessa :-)

Grazie ancora, Mari...mi fa proprio piacere che la mia operetta ti abbia regalato un qualche piccolo stupore :-)

Bacini incredibili :-)

Gillipixel ha detto...

@->Occhi Blu: tènkiu, tènkiu...tènkiu vèri mucchio, dear Oubee :-)

Aièm onored a lot bai ioor congratulasiòn, laik a bassethaund risiving a big boun :-)

Grazie OuBee :-)

Bacini anglo-strafalciati :-)

Cristina Berardi ha detto...

Gilligeppetto!..Mastro Gilliegia!
Che ridere! Non ho parole !
Sei geniale...e i tuoi lettori sono mica male, eh?
Un caro saluto e a prestooooooooooooo
p.s. grazie della visita :-)

Gillipixel ha detto...

@->Cristina: ehehehehe, grazie Cris :-) lieto di averti fatto fare qualche sorriso :-)

Sto già pensando a future nuove mastro Gilliegiate :-) vediamo se mi riesce di farle :-)

Bacini mastri :-)

farlocca farlocchissima ha detto...

aaaah ma io lo conosco l'omino multiforme e multimateriale :-) :-) :-)

bacini compositi

Gillipixel ha detto...

@->Farlocca: eheheheheh, infatti, cara Farly, credo che sia passato per una missione dalle tue parti: il vecchio Pinguin voleva cacciare la giunta comunale locale della tua città, e allora il mio Batman ha pensato bene di dargli una mano, per una volta :-)

Bacini multimateriali :-)