Per la rubrichetta “Le muse di Kika van per pensieri”, ci occupiamo stavolta di “un’artista” che necessita dell’apostrofo dopo l’articolo “un”. Kika ha infatti scelto per l’occasione il “Ritratto di Lady Charlotte Penelope Sturt”, opera della pittrice inglese Margaret Sarah Carpenter (Salisbury, 1793 - Londra, 1872). Poche volte nello scenario della storia dell’arte capita di incontrare protagoniste femminili. Abbiamo già visto alcune felici eccezioni, e l’artista di oggi va sicuramente fatta rientrare nel medesimo novero.
Per l’occasione, mi trovo alquanto sguarnito dal punto di vista del commento critico. Di Margaret Sarah Carpenter, oltre al fatto che fu pittrice delle classi alte della società inglese dell’800, non saprei aggiungere molto di più. La sua opera si concentrò sulla ritrattistica. Le persone da lei dipinte, suppongo fossero spesso notabili dell’epoca o anche rappresentanti della famiglia stessa dell’artista.
Mi limito allora ad una osservazione molto semplice del quadro, annotando mie impressioni disperse. Ciò che mi ha colpito fin dal primo sguardo, nell’elegante figura di Lady Charlotte, è l’innaturalezza compositiva di certi dettagli. Questa cosa mi ha subito richiamato alla mente l’opera di un altro artista praticamente coevo, che ha segnato la storia dell’arte in maniera molto più profonda: il francese Jean-Auguste-Dominique Ingres (Montauban, 1873 - Parigi, 1867).
Non so se Margaret Sarah Carpenter abbia mai avuto modo di conoscere l’opera di Ingres e di trarre da essa ispirazione. Sta di fatto che nel suo quadro è presente una sorta di volontà “disarticolante” della figura ritratta, molto spesso rintracciabile anche nel fare artistico del maestro francese.
Osserviamo il dipinto: il primo componente visivo che s’impone per la sua presenza innaturale è il braccio culminante nella mano che regge il mento. Ad una prima occhiata, uno stranissimo effetto visivo mi si è immediatamente imposto: non ho potuto fare a meno di vedere quel braccio e quella mano, come se appartenessero ad un’altra persona. L’altra evidente “stranezza” anatomica è data dal lunghissimo collo della signora, che si erge sopra la collinetta delle spalle con la sinuosità e la fierezza estetica dell’appendice superiore di un cigno.
Ad un’analisi più panoramica poi, l’insieme della composizione si riassume allo sguardo in forma di un rombo: il drappo rosso in basso fa da lato opposto alla linea tracciata dal collo, mentre la guarnizione dorata del vestito (sulla destra) si contrappone il parallelo al tracciato del braccio che regge la testa. Le diagonali di questo rombo si incrociano nel diadema appuntato sul decolté della dama. Tutto l’impianto geometrico romboidale, svolge così la funzione visiva di una gentile molla di sostegno, sulla cui punta superiore è morbidamente adagiata la testa di Lady Charlotte.
Più che una figura umana, pur non perdendone la coerenza generale, questa immagine di Lady Charlotte mi ricorda una sorta di “architettura anatomica”, un edificio femminile di grande eleganza.
Che importanza ha tutto ciò?
Ripeto: non ho la più pallida idea se Margaret Sarah Carpenter conoscesse il lavoro di Ingres. E non si può nemmeno riferire più di tanto questo modo di sperimentare pittoricamente, a tutto il resto dell’opera ritrattistica della pittrice inglese, che anzi mi sembra invece molto impostato su canoni ben più tradizionali (se si eccettua forse il seguente ritratto, anch’esso dominato dal “mistero della distorsione”: basti osservare l’inusitata sottigliezza del “vitino” oltremodo “di vespa” e ancora la lunghezza vertiginosa del collo).
Portrait of Harriet Countess Howe - Margaret Sarah Carpenter
Ma sta di fatto che questo modo di “disarticolare” il soggetto, anche pur rimanendo circoscritto al ritratto di Lady Charlotte o poco più, rappresenta nell’opera di Margaret Sarah Carpenter una scelta di grande modernità. E’ una dichiarazione dello status che compete all’artista, come osservatore privilegiato della realtà. Solo all’artista è concessa la prerogativa “visionaria” di tentare di capire il messaggio estetico profondo celato nelle “forme” del reale. Il sottile gioco fra l’oggettività delle cose del mondo e la soggettività della nostra visione si gioca sempre sul fragile filo di una interpretazione che solo la sensibilità dell’artista è in grado di cogliere. In fondo è questo che ci affascina, forse più di ogni altra cosa, nell’arte: l’eterna partita giocata fra interiorità e dimensione esteriore.
Tra l’altro Ingres non fu il primo ad avvicinarsi a questi concetti sperimentali. La storia dell’arte idealmente ci appare sì come un continuo cammino verso una modernità sempre profilata all’orizzonte. Ma è fatta spesso anche di corsi e ricorsi, di anticipazioni, premonizioni, intuizioni più o meno evidenti. Anche la novità in apparenza più inedita, in qualche modo è già stata detta da qualcuno in passato. Dunque nemmeno la predilezione di Ingres per la “deformazione” fu un assoluta novità. Prima di lui l’avevano già visitata il Parmigianino (1503-1540), ad esempio, o il visionario Cosmè Tura (1433-1495), o l’evanescenza misticheggiante di El Greco (1541-1614), e chissà chi altri ancora nei tempi più remoti.
Autoritratto in uno specchio convesso (1524) - Parmigianino
Madonna dal collo lungo (1534-1540) - Parmigianino
San Giorgio e il drago - particolare (1469) - Cosmè Tura
Laocoonte (1610-1614) - El Greco
Pietà (1592) - El Greco
Si tratta di un “ragionamento” lungo quanto il corso dell’intera storia dell’arte, insomma, e che poi si compirà con la moderna “deflagrazione del soggetto” compiuta dal Cubismo, ad esempio, oppure nell’estrema geometrizzazione della realtà a cui è approdato Piet Mondrian.
Note dolenti infine, per quanto riguarda l’indagine fisiognomica di oggi. Il volto di Lady Charlotte mi ha messo parecchio in difficoltà, tanto che sono riuscito a cogliere solo una somiglianza vaghissima. Ve la mostro in ogni caso:
Si tratta di Katia Follesa, attrice comica nota agli appassionati di Zelig, sul cui palcoscenico è spesso salita al fianco della collega Valeria Graci, a formare lo scoppiettante duo Katia e Valeria.
Ma niente paura, se una somiglianza vi par troppo poco. Come avrebbe chiosato infatti Giorgio Gaber: per fortuna che c’è la Kika, che di certo da sola non gioca al biliardo, ma stavolta ha avuto molto più occhio di me, suggerendomi questa mirabile similitudine:
Ringraziando dunque di cuore la cara collega Kika per il suo prezioso contributo, vi invito senz’altro a passare sul suo blog, per scoprire le sorprese modiaole che ci ha riservato ispirandosi all’ineffabile fascino “romboidale” di lady Charlotte.
Ma niente paura, se una somiglianza vi par troppo poco. Come avrebbe chiosato infatti Giorgio Gaber: per fortuna che c’è la Kika, che di certo da sola non gioca al biliardo, ma stavolta ha avuto molto più occhio di me, suggerendomi questa mirabile similitudine:
Il parallelo si addice anche in modo particolare per la "britannicità" del personaggio: avrete infatti riconosciuto la bravissima attrice inglese Emma Thompson.
Ringraziando dunque di cuore la cara collega Kika per il suo prezioso contributo, vi invito senz’altro a passare sul suo blog, per scoprire le sorprese modiaole che ci ha riservato ispirandosi all’ineffabile fascino “romboidale” di lady Charlotte.